Chi resta si dia pace. Immagine: ©Pexels.com

Invenzioni

Chi resta si dia pace

| Giuseppe Carlo Airaghi

Proponiamo quattro poesie inedite di Giuseppe Carlo Airaghi, che ha pubblicato di recente le raccolte I quaderni dell’aspettativa (2019) e Quello che restava da dire (2020). 


L'ultimo scompartimento

“Quante stazioni dovremo passare
per ritornare di nuovo alla luce?”
chiede la signora che stringe la borsa 
e la vita al grembo serrato
mentre dispensa sorrisi senza obiettivi, 
sospesi a mezz'aria.
Viaggiamo tra palazzi periferici
che ci voltano coscienti le spalle
prima di venire inghiottiti dal buio ipogeo
tra le stazioni di Lancetti e porta Vittoria.
“La luce ci riaccoglierà 
poco prima di giungere a destinazione”
vorrei rispondere
ma taccio nella consapevolezza
della soggettività di ogni mia risposta. 

L'ultimo scompartimento del treno
è luogo riservato agli ultimi,
ai viaggiatori con biciclette moleste al seguito,
alle ombre senza biglietto da esibire,
rintanate nei cessi ad evitare il controllore
o tesi nel corpo in allerta a scrutare,
lungo il corridoio immisurabile,
l'arrivo della divisa che pretenderà 
un compenso che non possono permettersi,
in bilico tra la sopravvivenza, 
la rivolta
e la normalità anormale
di uomini dal destino segnato
e uomini senza neppure un destino
a cui affidare il peso del corpo nel viaggio. 

C'è chi, guadagnato un precario posto nel mondo,
custodisce nella tasca la legittimità
di un biglietto obliterato 
seduto sui sedili di chi non teme 
il giudizio del controllore
e chi fugge la voce che pretende un biglietto
in una lingua non conosciuta
ma riconosciuta come lingua di una legge divina. 

Io non so più quale sia
la giusta forma di comportamento,
vorrei scendere a ogni fermata non mia
(magari a Porta Garibaldi dalle tante alternative)
dimenticare il dovere della destinazione,
riscrivere una nuova storia da onorare.
Ma non lo faccio
per senso del dovere
mi limito a spiare fuori dal finestrino
le sagome e le ombre sotto i neon,
nel tempo sufficiente
a leggere un'ultima poesia
tra le stazioni di Forlanini e Segrate.

Chi resta si dia pace

Nelle viscere dell'ospedale vecchio di Garbagnate
spingiamo il letto medicale
verso il magazzino dell'economato.
Restituiamo il letto in comodato
e il dolore che vi è giaciuto 
e la morte ospitata senza invito,
subita nella resa, lucidamente attesa. 

Tornati a casa nell'espressione di rito
riapriremo le imposte alla luce 
che entrerà senza cerimonie
ne cordoglio, ne vergogna. 

Ritorneremo a un amore privo di rimorso,
a fischiettare cucinando il sugo,
ad ascoltare canzoni sceme alla radio
ad alto volume da una stanza all'altra,
malgrado la foto con lo sfondo di cielo
sistemata sulla mensola alta in soggiorno,
quotidiano arredo 
su cui poseremo e toglieremo la polvere
per il resto dei giorni a venire. 

Sei ancora sveglia? 

Sei ancora sveglia? domando.
Sono ormai le due del mattino. 

I sogni arrivano in punta di piedi,
approdano al respiro del tuo seno bianco
dopo avere percorso le strade di campagna
che ricuciono i lembi dei campi arati,
i quartieri addormentati
nelle ore sillabate, una ad una,
dalle donne che condividono l'attesa
con la ruggine fiorita 
sulla ruota abbandonata nel cortile.

Alla mia domanda rispondi
con un sorriso silenzioso
e quel silenzio mostra 
la bellezza capace 
di far vacillare il mondo,
il mio buon senso,
i fogli bianchi
che dovrei stracciare
come si stracciano i sogni interrotti.

La finestra 

Dalla parte in silenzio della strada
osservo la casa
(qualcuno direbbe la spio),
la finestra ancora illuminata,
il pudore tenue di una tenda bianca. 

Dietro il vetro
ci sono io, 
una mano a scostare la tenda.
Guardo fuori
l'uomo che dalla strada mi osserva
(qualcuno direbbe mi spia)
e forse mi somiglia. 

Trattengo a stento un cenno di saluto
per timore di essere frainteso.


Giuseppe Carlo Airaghi è nato a Legnano nel 1966 e vive attualmente a Lainate, sempre in provincia di Milano.

Come racconta lui stesso, in passato è stato geometra, animatore di villaggi turistici, venditore di prodotti siderurgici e cantante di una band rock-blues. Sognava una carriera da ballerino ma la sua completa mancanza di coordinazione si è rivelata un ostacolo insormontabile. Attualmente lavora presso un'azienda di servizi, “cassa integrazione Covid-19 permettendo.

Ha una moglie paziente e due figli recentemente usciti incolumi dall'adolescenza.

Sul comodino si ostina ad accumulare libri, che tenta di leggere contemporaneamente senza mai riuscire a terminarne uno.

Per una bibliografia dettagliata e le indicazioni per acquistare i suoi libri, consultate il profilo dell’autore. 



TEMI: Poesia
Condividi su

Articoli correlati

Contattaci

  • Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.


©2021 Massi Dicle. All rights reserved.
Privacy & Cookie policy.
Powered by microcreations.it