Libro: Il mistero della vetreria

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Il mistero della vetreria

| Paola Rocco

Pubblicato nel 1939, Il mistero della vetreria è il primo dei tre mystery firmati da Margaret Armstrong. Quando lo scrive non è più una ragazzina nemmeno lei (nasce a New York nel 1867), come Harriet Trumbull, la dinamica protagonista del romanzo. Oltre a una brillante giovinezza trascorsa coi sei fratelli nel cerchio d'una delle famiglie più in vista del tempo - il padre, diplomatico, è anche un celebre artista del vetro e la madre conta antenati illustri che hanno fatto la storia della Grande Mela - ha al suo attivo una solida fama come illustratrice di copertine in stile Art Nouveau (tra gli altri, per Charles Dickens e Frances Hodgson Burnett) e, soprattutto, il Field Book of Western Wild Flowers, la prima guida completa ai fiori selvatici dell'Ovest americano, da lei studiati in presa diretta campeggiando sulla West Coast e nei boschi del Canada: la Armstrong fu una delle prime donne ad aver raggiunto il fondo del Grand Canyon, scoprendovi specie non ancora catalogate dai botanici e poi incluse nel libro.

Una vita intensa, quindi, impreziosita da questa disinvolta incursione nella letteratura gialla di una Golden Age ormai al tramonto: tre romanzi soltanto, ma accolti con favore dai critici e dal pubblico del tempo. Tra i suoi ammirati lettori c'era anche Agatha Christie.

Questa, in sintesi, la storia: l'agiata signorina Harriet Trumbull, vivace newyorchese prossima alla cinquantina, riceve da una vecchia compagna di scuola, Charlotte Blair (soprannominata Il Fantasma), un invito a raggiungerla nella sua casa di Bassett's Bridge, nel New England. Una volta sul posto, la Trumbull viene accolta con affetto da Charlotte – pallida, tetra e solitaria come la casa stessa e come il nomignolo lasciava intuire - e dalla giovane cugina Phyllis, orfana e da qualche tempo sua ospite. Phyllis ha una relazione con Leo Ullathorne, figlio di una delle personalità più in vista del paese, il maestro vetraio Frederick, artista di fama dal carattere bisbetico.

In visita al laboratorio di Ullathorne, suo malgrado la Trumbull ha modo di osservare da vicino il distopico rapporto padre figlio e di ascoltare un riassunto bonariamente cinico dell'infanzia e poi della giovinezza di Leo che il vetraio è pronto a snocciolarle due secondi dopo averla conosciuta e che, a guardar bene, è un concentrato di sadismo (“Quel mio ragazzo non ha talento, di nessun genere... ma gli ho insegnato a essermi utile in alcuni lavori un po' meccanici... Inizialmente lo mettevo in posa per i miei cherubini e per i bambini... All'età di cinque anni, sapeva cosa doveva aspettarsi se solo sbatteva le ciglia mentre mi faceva da modello... Un bel giovane animale, il mio Leo. Ma nessun cervello”).

Turbata dal cinismo dell'uomo, Harriet sposa la causa dei due innamorati. E così, quando tra il ciarpame del laboratorio verranno fuori di punto in bianco dei frammenti d'ossa e altri resti umani carbonizzati, sarà lei a cercar di dirimere il mistero, anche e soprattutto per liberare da ogni sospetto il giovane Ullathorne, rimasto da solo ad affrontare la situazione via via più spinosa, visto che il padre, partito per affari qualche giorno prima del macabro ritrovamento, è da allora irreperibile.

Scritto con la tecnica dell'HBIK - Had But I Known, ovvero se l'avessi saputo - e narrato in prima persona dalla protagonista (che tra parentesi ricorda un po' Amelia Butterworth, altra detective per passione inventata dalla Green), Il mistero della vetreria annovera una serie di spunti magistralmente delineati anche dalla regina del giallo Agatha Christie: Charlotte che, come Miss Marple, osserva gli uccelli dalla finestra servendosi d'un binocolo; la poesiola su Meddlesome Matty che fece una brutta fine (le filastrocche per bambini, sono un altro motif frequente nella Christie); il matrimonio d'interesse con la stagionata riccona minacciato dall'incombere di un passato scomodo; il problematico rapporto padre-figlio e la famiglia tipicamente disfunzionale che ne deriva...

E ancora: il puntuale chiacchiericcio paesano e i tè delle cinque a casa di questo e di quello, con l'inevitabile corredo d'insinuazioni e maldicenze; le scarrozzate all'aperto tra i campi innevati con le scintillanti serate a teatro e all'opera, primo assaggio di quanto può esser meraviglioso vivere per l'orfana Phyllis e il bistrattato Leo, che l'assoluta mancanza d'affetto e la sotterranea gelosia del vecchio Ullathorne hanno privato d'ogni istruzione e dunque di qualsiasi possibilità di farsi una vita propria (“Non voleva mai che io avessi qualcosa di mio, mi odiava”, sono le sconsolate confidenze che riserva alla Trumbull).

Sempre christiani sono gli interni domestici così minuziosamente delineati: la casa gaia e lussuosa di Harriet a New York, con le graziose giovani domestiche e quell'acqua davvero bollente per il bagno tanto apprezzata anche dal freddoloso Poirot (“Ah, questa vostra ossessione inglese per l'aria fresca!”); e per contrasto, la cupa magione dove senza apparente motivo si è seppellita Charlotte, col gelido abbraccio di quel bosco d'abeti rossi, le volpi impagliate sul caminetto e i lavabi di marmo nero...

Tra parentesi le bestie impagliate, un tempo percorse e animate dal divino soffio della vita e ora costrette a quest'avvilente simulazione, nel Mistero spuntano fuori di continuo: oltre alla povera volpe connaturata alla mensola del camino (animale totem, forse, della stessa Charlotte, segregatasi di sua volontà nell'involucro ghiacciato della vecchia casa), c’è spazio per un armadillo incongruamente cacciato tra gli scaffali d'una libreria, per una “bellissima e strana creatura traslucida con i tentacoli penzoloni fluttuante in un contenitore di vetro” e per grandi farfalle dalle ali distese e puntute con gli spilli. E infine, per un paio di scheletri umani ordinatamente appesi negli armadi e pronti a sorridere del loro sdentato sorriso a chiunque sia così curioso, o così incauto, da disturbarne il riposo: “Uno scheletro d'un bianco abbagliante mi sorrise... il piede sottile e fragile che sfiorava il fondo dell'armadio”.

Del resto già in apertura di sipario il vecchio Ullathorne aveva parlato di “teste e mani, quelle che noi chiamiamo carne”, descrivendo il processo di lavorazione delle figure umane e assimilando quindi la carne al vetro con effetto sottilmente perturbante; fino all’apparizione di quelle ossa sbriciolate sparse tra la cenere e quell'oggetto misterioso raccolto da Leo sul pavimento (un po' come capita a Pilar Estravados ne Il Natale di Poirot) che si rivelerà anch'esso parte - un tempo – di un organismo vivente...

Tipico dei romanzi di Agatha Christie sono anche il cordiale interesse riservato alle giovani coppie dalla vivace cinquantenne e la sua benevola attenzione alle fragilità e alle contraddizioni della giovinezza; l'immancabile serpentesco cenacolo delle vecchie signore, nello specifico le Signore del Nostro Soccorso, con quella torta un po' andata dal lieve aroma di muffa e i depistanti lavori d'ago a mascherare e proteggere i più letali pettegolezzi; le rasserenanti parentesi nelle vecchie locande di campagna…

Chiuderà il cerchio il rozzo detective venuto da fuori, stonato nell'aspetto e nei modi come da copione: il quale, non è nemmeno il caso di dirlo, dietro l'aspetto ordinario e i modi un po' spacconi, cela un cervello di prim'ordine, che gli consentirà di tagliare il traguardo assieme a Harriet, salvandole la vita...

Esordio nella narrativa gialla per la Armstrong (che dopo Murder in Stained Glass scriverà The Man with No Face nel '40 e, l'anno dopo, The Blue Santo Murder Mystery), Il mistero della vetreria viene per la prima volta pubblicato in Italia nella collana Vintage delle edizioni Le Assassine. Si tratta di un recupero felice: è un giallo intrigante, che cattura l'attenzione del lettore col fascino d'altri tempi dei suoi personaggi (la frizzante newyorchese di mezz'età, i candidi innamorati, le zitellone allampanate, i maturi gentiluomini dal fascino ambiguo...) e una trama ben congegnata, a cui lo sfondo da cartolina del New England primi Novecento aggiunge un ulteriore motivo di charme. E per quanto il lettore esperto possa farsi un'idea generale della situazione in fondo abbastanza facilmente, non è forse questo un pregio ulteriore, garantendo a quest'ultimo un confortevole senso di superiorità?

 Il mistero della vetreria (Murder in Stained Glass)

di Margaret Armstrong
Edizioni Le Assassine - Collana Vintage (2019)
Trad. di Tiziana Prina

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