Un’emozione non da poco

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Un’emozione non da poco

| Elisabetta Malantrucco

“Storie di Straordinaria Fonia” raccoglie i racconti di Rodolfo “Foffo” Bianchi, produttore e ingegnere del suono tra i più accreditati in Italia, che ha reso possibile la pubblicazione di alcuni degli album più importanti e iconici della nostra discografia.

Il volume - edito da Bortoni e scritto da Francesca Gaudenzi, Duccio Pasqua e dallo stesso Bianchi - riesce a catturare molte memorie gustose, in particolare quelle legate alla mitica RCA italiana, dove Foffo ha svolto il suo lavoro, cominciando col Prog e proseguendo con Renato Zero (di cui è stato produttore sin dall’inizio della sua carriera, con “No, mamma no!” e “Invenzioni” fino a lanciarlo definitivamente) e poi ancora, tra tanti altri, con Rino Gaetano e con Claudio Baglioni, che seguirà in CBS; divenendo produttore indipendente, collaborerà poi con molti artisti (da Mango a Ron, da Luca Carboni a Umberto Tozzi) e infine passerà alle produzioni live (Gianni Morandi, Lucio Dalla, Pino Daniele, Ligabue, ecc).

Foffo al mixer con Maurizio Montanesi e Renato Zero negli studi della RCA

Foffo è tuttora l’ingegnere del suono nei concerti di Elio e le Storie Tese e in questi giorni è in procinto di partire per un nuovo tour. L’anagrafe su di lui dà informazioni sbagliate: l’età dichiarata non è affatto credibile, vista l’energia, la forza, la vitalità, l’ironia, la capacità di essere diretti e chiari. Parlare con lui è sempre una gioia e i suoi racconti sono sempre preziosi. Peccato che nel riportarli sia difficile trascriverne la toscanità, l’accento, il timbro, così come il sarcasmo e la dolcezza con cui riesce a essere crudo… e non è una contraddizione!

Foffo con Elio e le Storie tese, Rocco Siffredi e la moglie Rosa Caracciolo, in sala prove per prepararsi a Sanremo 2013

Nella musica leggera si parla spesso di produzione: produzione artistica, musicale, discografica… non sempre però risulta chiaro quale sia il ruolo di questa fantomatica figura. Chi è il produttore e cosa fa? La domanda non è solo curiosa, ma anche particolarmente interessante da sviscerare, in un’epoca in cui tutto è cambiato rispetto a quando le grandi etichette si assumevano un certo tipo di impegno nei confronti degli artisti, oggi neanche vagamente immaginabile.

Nella totale anarchia in cui viviamo - tra autoproduzioni, artisti che si occupano di altri artisti senza ricercarne lo stile, ma ricalcando il proprio e grandi star alla Dardust - l’idea è quella di approfondire il tema, studiandolo da vari lati e intervistando alcuni produttori, del presente e del passato.

Fofffo al sax soprano con Rino Gaetano, durante le registrazioni di Nuntereggae più

Foffo però merita un articolo a sé, perché nessuno come lui può inquadrare quell’epoca mitica che non potrà mai ritornare.

Durante la presentazione del libro a San Daniele del Friuli, per la manifestazione Folkest, Bianchi ha, tra l’altro, raccontato per sommi capi come fosse nata “Un’emozione da poco”, la canzone che vide il debutto a Sanremo, nel 1978, di una Anna Oxa adolescente e ammiccante all’area punk col suo abito e il suo trucco in bianco e nero.

Il brano, scritto da Ivano Fossati e Guido Guglielminetti, si classificò in seconda posizione, dietro ai Matia Bazar (vittoriosi con “E dirsi ciao”) e davanti al terzo classificato, Rino Gaetano, con “Gianna”. Rino, come già detto, è stato un altro pupillo di Rodolfo Bianchi. Lo è stato però, soprattutto, Renato Zero (che firma l’introduzione del volume) e che a Foffo – e alla sua tenacia nel credere in lui - deve moltissimo: lo riconosce serenamente. La storia di Renato Zero e degli altri è ben dettagliata nel volume, ma noi qua ci siamo fatti raccontare, a viva voce, la storia della Oxa perché è – come raramente accade – veramente esaustiva nell’esemplificare il ruolo del produttore.

La copertina originale di “Un’emozione da poco”

Prima di lasciare la parola al protagonista di questa nostra storia, ricordiamo anche, per amor di cronaca, che quel Sanremo 1978 segnò il rilancio della kermesse festivaliera e quei brani vincitori ebbero un successo di vendite strepitoso.

Ma ora è il momento di lasciare la parola solo a Foffo:

“La vicenda di Anna Oxa e di “Un’emozione da poco” è l’esemplificazione di quello che dovrebbe essere un produttore, o meglio, di cosa fosse un produttore quando questa parola andava di moda.

Io ne ho avute di avventure nell’ambito della mia carriera discografica: sono state tutte belle avventure e quella di “Un’emozione da poco” è la risposta alla tua domanda: quello del produttore è Il lavoro che accompagna l’artista alla nascita delle sue opere, che l’artista sia anche musicista o meno, perché – si diceva ai miei tempi - quattro orecchie sentono meglio di due. Jannacci avrebbe detto: “perché ci vuole orecchio, tanto, anzi parecchio”.

Ho imparato a fare il produttore discografico in quell’università meravigliosa che allora era l’RCA italiana, quella sita al km 12 di via Tiburtina, dove oggi non ci sono più neanche le vestigia di quella meravigliosa azienda, perché noi italiani siamo davvero bravi a sotterrare nell’oblio tutto quello che è la gloria della nostra cultura.

L’RCA è quella che mi ha forgiato come produttore, perché non è che uno andava lì e si trovava già seduto nel suo ufficio davanti a un artista. Prima di arrivare a quel punto era necessario imparare e conoscere tutte quelle che erano le macchine componenti l’attività di un professionista al servizio della musica. Io ho cominciato e imparato lì.

E, come ti dicevo, sono cresciuto attraverso esperienze meravigliose, tra cui anche quella che mi richiedi, cioè quella di Anna Oxa. È una delle tante.

Anna, quando l’ho conosciuta io, era una ragazzina, credo avesse compiuto da poco (o forse non li aveva ancora compiuti) 16 anni; era una bellissima ragazza che arrivava dal Sud; i genitori erano arrivati in Puglia dall’Albania. Un mio collega me l’aveva segnalata: l’aveva vista ad un concorso di canzoni; sai, allora non c’era il battage dei social che ti indicavano più o meno se c’era un talento che stava nascendo: non c’era niente. L’unico modo per farsi notare era venire a Roma o andare a Milano, facendosi ricevere dalle case discografiche: a Roma c’era l’RCA, a Milano la CGD (che ancora non si chiamava CGD ma Messaggerie Musicali) poi c’era la RIFI, l’Ariston…  c’erano insomma tante etichette più o meno grandi e un artista, quando aveva voglia di mettersi in gioco, prendeva e saliva sul treno per Milano o Roma e tentava di farsi ascoltare: non c’erano altre soluzioni. L’unica alternativa erano questi concorsi - ai miei tempi si chiamavano concorsi E.N.A.L. (o giù di lì) - che generalmente si facevano alla Casa del Popolo. Vi partecipavano, di solito, soltanto gruppi: un solista difficilmente veniva a fare un concorso, però ogni tanto capitava. E quindi venni informato di questa ragazzina che si chiamava Anna Oxa e la feci venire un bel giorno all’RCA; era con la madre. Anche qui: non è che uno potesse arrivare col provino in mano come succede adesso, non c’era la possibilità tecnica e quindi l’unico modo era cantare lì, in presenza, accompagnati da un pianoforte. Un provino in casa era fantascienza. Anna non aveva capacità di accompagnarsi al pianoforte ma lì di pianisti ce n’erano quanto le brioches la mattina a colazione, per cui non ci fu problema. E niente: si capì subito che aveva una vocalità esuberante - grezza se vuoi - però la cosa che a me colpì di più era il fatto che questa ragazzina avesse in repertorio brani che non avevano niente a che fare con il mainstream di allora: conosceva Sarah Vaughan e cantanti esimi del mondo jazzistico americano. Mi dissi: “Ma accidenti, questa sta Bari e alla sua tenera età nel suo repertorio non ha le canzoni dei Camaleonti e dei Pooh!”; Anna assecondava la sua passione per artisti che io chiaramente già adoravo, però io avevo molti anni più di lei e per me era normale, non lo era per una ragazzina di sedici anni.

Da lì, per farla breve, iniziò un rapporto che mi avrebbe portato poi a farle sottoscrivere un contratto; sia chiaro: non è che fosse facile riuscire a firmare un contratto discografico a quei tempi, perché le etichette, quando si impegnavano, si impegnavano sul serio, proponendo almeno un contratto triennale dove l’artista doveva ogni anno fornire per obbligo un LP: non un 45, proprio un LP; nel caso di Anna, non essendo cantautrice, doveva comunque prestare la voce a un formato vinilico che avrebbe compreso un minimo di 10 brani. Portarla alla firma di un primo contratto era quindi già un lavoro abbastanza intenso: bisognava vedersi spesso e assegnarle un compitino, preparare con lei dei pezzi, provinarli, e poi, una volta avuto un insieme di materiali, accompagnare il lavoro all’interno della Direzione artistica dell’RCA. Questo era il lavoro che si faceva sugli artisti sconosciuti. E mi sembra che già questo possa far comprendere cosa dovesse fare un artista ma anche ciò che doveva fare “quel signore” che poi lo avrebbe accompagnato alle soglie della sala di registrazione.

Il passo successivo, il Festival, per Anna non era previsto, perché era talmente giovane e ogni cosa doveva firmarla la madre, quindi figurati la complicazione di andare in un posto come Sanremo. Però Ennio Melis, il Direttore dell’RCA, si infervorò e si compiacque a tal punto per il lavoro fatto da questa ragazzina, che decise, insieme a tutta l’élite della casa discografica, cioè a tutta la direzione artistica – di cui anche io facevo parte – che bisognava provare la strada sanremese.

A quel punto si cominciò a pensare. E molto precipitosamente tra l’altro, perché il tempo rimasto a disposizione era poco. Bisognava preparare una facciata di un disco che poi avrebbe dovuto accompagnare Anna alla partecipazione al Festival. Così, rapidamente, arrivammo a “Un’emozione da poco”.

Trovare il pezzo non fu affatto una cosa semplice perché bisognava che fosse davvero esemplificativo delle risorse artistiche di questa ragazza; doveva bucare non tanto l’ascolto di Sanremo, quanto proprio il video; Anna si presentava per la prima volta davanti a una telecamera e quindi eravamo di fronte a un’impresa abbastanza ardita… ma sai… l’RCA era una macchina da guerra in quel periodo lì, per cui qualsiasi impresa, per quanto difficile, alla fine si risolveva in una maniera abbastanza normale.

Io trovai il buon Ivano Fossati, che in quel periodo era ospite a casa mia; si prestò subito a scrivere il pezzo dopo avergli fatto ascoltare tutti i provini che avevamo già fatto. Gli piacque la voce e poi volle conoscere l’artista personalmente. Dopodiché… niente: in termini di 24 ore lui e il suo carissimo collaboratore Guido Guglielminetti (attualmente bassista nei concerti dal vivo di Francesco De Gregori) partorirono “Un’emozione da poco”.

A me arrivò il pezzo dalla mattina alla sera… o meglio, dalla sera alla mattina, perché io mi svegliavo presto e Ivano mi fece ascoltare il pezzo appena alzati. Senza por tempo in mezzo fornì questa meraviglia che a quel punto andammo a mettere in piedi per la realizzazione.

Altro passo non semplice e molto impegnativo fu l’arrangiamento, vista l’importanza della cosa e visto anche il budget assegnato; si andava a Sanremo e si prevedeva un bel ritorno in termini commerciali. Il budget mi permise in poco, pochissimo tempo - eravamo già alle soglie di novembre – di realizzare la cosa. Mi precipitai per far fare l’arrangiamento ad un certo signore che si chiamava Ruggero Cini che, per chi non lo conosce, era all’epoca quasi alla pari di Morricone o di Bacalov, aveva già scritto “La bambola” di Patty Pravo,  aveva già realizzato dischi con Tenco: era un musicista pazzesco e io lo conoscevo bene perché proveniva dal mio paese; di lui sapevo le grandi virtù: era veramente un virtuoso, un grandissimo arrangiatore, un grandissimo musicista, una grandissima sensibilità; Ruggero decise su due piedi di assecondare l’impresa. E qui c’è il fatto bellissimo della mancanza dell’introduzione musicale nel brano, che lui realizzò nel tempo di un cornetto e cappuccino; inizialmente l’intro non era prevista, però io e il mio collega Cesare de Natale, col quale collaboravo nella produzione di Anna Oxa, decidemmo che il pezzo, così come era stato preparato, risultava mancante di qualcosa, visto lo standard con cui si presentavano allora i brani nell’agone sanremese: tutte le canzoni avevano un’introduzione, era quasi un’abitudine fare un intro; adesso ancora si fanno, ma sono standard e meno considerate. E poi “Un’emozione da poco” mi faceva venire in mente che serviva una cosa come ne “Il nostro concerto” di Umberto Bindi, tanto per fare un esempio. La mattina dell’incisione, quindi, raggiungemmo Ruggero al bar dell’RCA e gli chiedemmo l’intro; ci disse che doveva essere in studio da lì a un’ora e aveva già lì pronta con gli spartiti un’orchestra di 40, 50 persone, che erano tutta la lunghezza degli archi di Santa Cecilia di Roma: era impensabile riuscire a mettere all’ultimo momento un’aggiunta nelle partiture già scritte; io gli dissi “Ruggero, proviamoci, dai: se riesci, bene, sennò si fa con la struttura che abbiamo già deciso e che tu hai già scritto” e lui mi disse “vabbè, dai, proviamoci!” e così, davvero nel giro di un cappuccino e cornetto al bar, Ruggero riuscì a mettere insieme quella meravigliosa introduzione che oggi, tutte le volte che la riascolto, mi fa venire ancora i brividi.

Questo ti fa capire quale fosse il lavoro del produttore, ritornando al punto di partenza della tua domanda, il lavoro di quel signore o di quei signori che si chiamavano produttori a tutto diritto.

Il produttore era né più né meno quello che è il regista nel cinema; facevamo quello che fa un regista nell’ambito della pellicola. Il produttore prendeva per mano l’artista, lo rassicurava, assecondava le sue esigenze, dopo aver intuito che tipo era e quale fosse la miglior strada da percorrere.

Spero di essere riuscito a spiegarmi.”

Ti sei spiegato benissimo, Foffo!

Il volume di Bianchi, Gaudenzi e Pasqua va a ruba e le presentazioni sono un successo. Perché Foffo ogni giorno ha una storia nuova da raccontare, come quella così esemplare del suo lavoro con la giovanissima e debuttante Anna Oxa.

Volete per esempio sapere tutto su “Madame” di Renato Zero e dello studio di registrazione in cui sono riusciti a inciderla quasi di straforo? A meno che non abbiate la fortuna di conoscere Foffo e farvelo raccontare direttamente da lui, la cosa migliore da fare è leggere questo volume, che va via come un romanzo.

 

Storie di straordinaria fonia.
Dagli studi Rca alle grandi produzioni live 

di Foffo Bianchi, Francesca Gaudenzi e Duccio Pasqua
(prefazione di renato Zero e postfazione di Elio e le Storie Tese)
Bertoni - 2022

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