Tutti conoscono la scelta, fatta un giorno in via definitiva da Lucio Battisti, di comunicare col suo pubblico solo attraverso la musica. E tutti sanno che il suo rapporto con i mezzi di comunicazione di massa è stato infelice da subito, tranne qualche rara eccezione. Per questa ragione, le sue interviste e i suoi interventi in Radio e alla Tv sono stati davvero rari. E se le sue apparizioni sul piccolo schermo sono abbastanza note e ben conservate, non può dirsi la stessa cosa per quanto riguarda quelle in Radio. Approfondire l’argomento risulta però particolarmente interessante, perché le notizie e i pochi documenti sonori recuperati e conservati raccontano molto sul cantautore di Poggio Bustone, smontando in qualche caso certe vulgate toppo diffuse, spesso inesatte o addirittura false. Ad esempio dimostrano che Lucio Battisti non era affatto stonato; in realtà chi conosce la sua storia sa bene che era capacissimo di stare su un palco, checché se ne dica e se ne sia detto: prima del suo successo, sui palchi era salito, aveva suonato per anni e spesso in condizioni disagevoli, perché all’epoca allestire concerti dal vivo era complesso, da un punto di vista logistico e da un punto di vista tecnico; i Beatles, tanto per fare esempi illustri, si sono trovati in condizioni pazzesche nei loro tour, fino al punto di rinunciare. Per non parlare poi dei disagi creati da un pubblico estremamente politicizzato, tra la fine degli anni Sessanta e gli anni Settanta, che non rendeva la vita facile nemmeno ai cantautori palesemente schierati. E già nel 1969 Battisti dichiarava che la vita nei live non era tale e che una “delle cose che ti spersonalizzano al massimo sono le serate”.
Altra cosa che i documenti sonori mostrano, poi, è la vasta cultura di Battisti: era un vero appassionato e intenditore di musica, dalla napoletana alla francese, dall’inglese all’americana. Infine, all’ascolto, Lucio appare particolarmente spigliato al microfono: sarebbe stato un ottimo dj!
Ma perché allora un simile rifiuto? Difficile dare una risposta univoca, anche perché le stesse motivazioni sono state elaborate nel tempo (come peraltro accade a tutti nella vita, in ogni scelta, idea e sentimento: niente resta immutabile). Di certo la repulsione per l’apparizione pubblica e soprattutto per le interviste è cresciuta negli anni. Lucio trovava ridicole le domande che gli venivano poste e che riguardavano essenzialmente fatti di costume e di gossip: il taglio dei capelli, la sciarpetta al collo, le donne, ecc. Del resto, così come non esistevano gli impianti adatti alle moderne esibizioni live, parimenti non esisteva ancora uno strutturato giornalismo musicale, che solo in quegli anni cominciava a muovere i primi passi. Ascoltando per esempio le interviste radiofoniche a tema musicale di Sandro Ciotti – professionista preparatissimo a livello musicale, cinematografico e sportivo - scopriamo che in quelle degli anni Sessanta lo scopo primario non sembra essere l’approfondimento sui temi artistici, ma far conoscere ai fan le faccende private e colorate dei propri beniamini, che passavano a Sanremo o al Cantagiro. Ma quello che soprattutto Lucio non sopportava - negli articoli di riviste e quotidiani - era la manipolazione delle sue dichiarazioni. Lo spiega chiaramente in una intervista del 1976 – una delle poche e rare – per Radio Montecarlo. Ai microfoni di Max Onorari si spinge con amarezza in un lungo discorso in merito alla manipolazione, al non riconoscere se stesso negli articoli che parlano di lui e che si basano su sue dichiarazioni. Dice anche che nel lungo periodo di silenzio, le cose scritte su Lucio Battisti sono sempre le stesse: quelle inautentiche già espresse. Solo che, stavolta, conclude, lui non è complice di questa manipolazione.
Quale è infine il risultato di una simile ritrosia? Ne parla ancora nell’ultima intervista radiofonica che ci risulti, concessa alla Radio Svizzera nel 1979. Quando il conduttore, Giorgio Fieschi, gli chiede se la ragione del suo silenzio sia solo un modo per attirare su di sé ancor di più l’attenzione - come sostenuto da molti colleghi - Battisti, prima scherza annuendo, poi spiega che “ironicamente, questa frattura che ho avuto con i giornalisti per motivi molto più seri, di intrusione nella mia vita privata, si è rivelata invece che negativa - distruttiva, come si paventava - una promozione alla rovescia”. Ecco, quindi, che la scelta di proteggersi dalle invasioni di campo si rivela addirittura un vantaggio insperato. E difatti l’attenzione dei media su di lui resterà sempre altissima sin dagli esordi: lo scopriamo anche solo sfogliando i fascicoli del Radio Corriere TV, il settimanale edito dalla Rai sui programmi e le notizie relative all’azienda di comunicazione nazionale. Un’attenzione che parte alla fine degli anni Sessanta e che si rivela molto viva dai primi anni Settanta in poi. Nel giornale troviamo innanzitutto le recensioni di tutti i suoi dischi, e soprattutto scopriamo, andando a spulciare le programmazioni giornaliere - dove all’epoca, per la Radio, si indicavano spesso e in particolare le scelte musicali - che i suoi brani venivano trasmessi molto spesso, sicuramente più di quelli di altri artisti. Non mancano poi approfondimenti e boxini su di lui. Ad esempio, nel presentare Tutti insieme, lo spettacolo televisivo andato in onda il 23 settembre 1971 e interamente dedicato a lui, alle sue canzoni, alle sue attività artistiche e ai suoi “amici”, il Radio Corriere arriva a definire Battisti: “Il più popolare cantautore italiano del momento.”
Ma per entrare nel merito di Radio Rai e della presenza di Battisti ai suoi programmi, va innanzitutto ricordato che gli spazi dedicati esclusivamente a quella che all’epoca viene definita “musica leggera” non sono molti; muovendosi sempre un po’ lentamente, l’azienda pubblica tarda poi a capire che la generazione dei giovani, così “agitata,” non è solo un insieme di capelloni protestatari e magari pericolosi, ma anche di possibili spettatori radiotelevisivi, e che è necessario immaginare programmi vicini al loro mondo. Da una ricerca approfondita in occasione dell’anniversario “tondo” del 2018, si è scoperto ad esempio che neanche i radio giornali davano più di tanto conto delle contestazioni universitarie del Sessantotto; gli unici spazi concessi sembrano quelli dati da Voci dal Mondo, rotocalco di vecchissima data che la redazione giornalistica di Radio Rai dedicava alle notizie di politica, società e costume internazionali. Non esiste un documento sonoro originale che parli degli scontri di Valle Giulia e che sia conservato negli archivi. Naturalmente immaginiamo che le notizie puntuali venissero riportate (molti documenti non ritenuti “importanti” dell’epoca non sono stati conservati), ma quello che lascia interdetti è la mancanza assoluta di approfondimenti. A parte qualche accenno in negativo: qualcosa esiste nel Convegno dei Cinque (altro programma storico di Radio Rai, che vedeva cinque studiosi intorno ad un argomento scelto discettare per più di un’ora e mezza: impossibile riproporlo alle orecchie e all’idea di tempo che abbiamo oggi). Addirittura, di recente, abbiamo ascoltato - nel bellissimo programma Ponte Radio - un’intervista ad uno scienziato di antropologia criminale, a cui viene chiesto se i Capelloni abbiano una propensione al male e alla delinquenza.
In questo clima, la presenza in Rai di qualche funzionario lungimirante e abbastanza furbo da intercettare i gusti di questi “orribili” ragazzi, destinati a ogni nefandezza, è provvidenziale. E piano piano, come si diceva, gli spazi, per quanto ridotti, cominciano ad allargarsi. Per prima arriva, come tutti sanno, Bandiera Gialla di Arbore e Boncompagni; segue, sul Secondo Programma (l’attuale Radio Due) l’amatissimo Alto Gradimento e sul Programma Nazionale (Radio Uno) il mitico Per voi giovani. Quest’ultimo viene avviato al successo, a partire dal 1966, sempre da Arbore, che poi, spostandosi su Alto Gradimento, lascerà il posto ad altri dj, come Paolo Giaccio e Mario Luzzatto Fegiz. Uno spazio a parte aveva poi l’Hit Parade di Lelio Luttazzi, in onda il venerdì e, naturalmente, gli show radiofonici come Gran Varietà, che esordisce, sempre nel 1966, andando ad occupare un orario diverso da quello tradizionale della sera: la radio ormai è superata dalla televisione, ma con la diffusione di massa della radio a transistor, vive un momento felice durante il giorno, perché la si può trovare ovunque. In particolare, Gran Varietà nasce d’estate, e viene programmato la domenica mattina, verso l’ora di pranzo, perché la si immagina accompagnare la famiglia al mare, o comunque fuori porta. Il sabato invece, sempre di mattina, va in onda da Milano Batto Quattro lo show di Gino Bramieri.
È più o meno quindi questa la situazione radiofonica (ci sono naturalmente altri programmi che purtroppo non abbiamo lo spazio di elencare), quando Lucio Battisti comincia a lavorare con Mogol, andando incontro al successo.
La sua prima apparizione certa in Radio, con esibizione dal vivo, è proprio a Bandiera gialla. Lucio viene invitato perché considerato il miglior giovane autore della canzone italiana. Purtroppo, non abbiamo la registrazione: in realtà non esiste alcuna registrazione radiofonica conservata di questo storico programma. Resta sempre la speranza che qualche collezionista geloso lo conservi silenziosamente. E che qualche esperto lo sappia. Ma per il momento la triste realtà continua ad essere questa assenza di documenti. Sappiamo però dalle testimonianze che, per quel che ci riguarda, nella sua ospitata, Battisti canta Il vento, voce e chitarra; siamo nel gennaio del 1968. Renzo Arbore ha dichiarato di averlo convinto, perché – tanto per iniziare subito bene – il nostro cantautore preferito non voleva cantare.
Da quanto siamo riusciti a capire – Battisti partecipa quell’anno anche ad altre trasmissioni, a partire dallo stesso Per voi giovani, per passare poi a Gli amici della settimana, programma di improvvisazione musicale sempre di Arbore e Boncompagni, con Adriano Mazzoletti e Renzo Nissim. Partecipa anche a Caccia alla Voce, gara musicale condotta da Pippo Baudo: esistono delle foto che ritraggono Lucio in una puntata del dicembre di quell’anno. Purtroppo non esiste neanche un secondo di queste partecipazioni nell’Audioteca Radio Rai. Siamo certi che alcuni collezionisti possiedano questi preziosi documenti e che li facciano ascoltare solo a qualche privilegiato. Ma noi li preghiamo davvero di mettere tutto a disposizione: la Storia non tollera segreti.
La prima apparizione di cui gli Archivi conservano invece l’audio risale al 1969. Ed è riferita naturalmente al Festival di Sanremo. Il 30 gennaio, infatti, Lucio Battisti si esibisce come concorrente con Un’avventura; la canzone viene eseguita in doppia esecuzione con Wilson Pickett. Il brano si qualifica per la finale e si piazza in nona posizione.
Battisti a Sanremo nel 1969
Pur non conservando traccia di tante ospitate, siamo certi che per esigenze di promozione, a partire da quel Sanremo, Battisti sarà stato invitato in tutti gli spazi disponibili. Sappiamo di una sua partecipazione a Batto quattro, dell’agosto del 1969 e sappiamo che per l’occasione canta Acqua azzurra acqua chiara. Ma l’archivio non conserva questa performance. Siamo però sicuri che sia stato mandato in onda il disco senza esibizione live. Negli show radiofonici come questo e come Gran Varietà, infatti, normalmente gli ospiti si limitano a fare un atto di presenza e a dire poche e imbottigliate parole, prima del lancio del brano da parte del presentatore. Per fare un esempio proprio con Batto Quattro, per un periodo, ospite fisso del programma è Giorgio Gaber. In ogni puntata il cantautore fa una gag con Bramieri, palesemente scritta (di certo dagli autori Terzoli e Vaime) e poi viene lanciato un brano su disco. In Gran Varietà l’eccezione avviene con i grandi ospiti fissi, come Mina o anche la Carrà e con lo stesso Johnny Dorelli, il più “importante” conduttore della trasmissione per numero di partecipazioni. Ma per il resto è tutta discografia.
Ed è proprio il caso di Battisti, che di Gran Varietà sarà ospite nell’ottobre di quell’anno, per lanciare Mi ritorni in mente. L’edizione è condotta da Walter Chiari; il botta e risposta tra i due è delizioso, perché l’attore chiede quante canzoni Battisti riesca a scrivere in media in un anno: “quattro o cinque” è la risposta; quando poi Chiari incalza, domandando quante di queste canzoni arrivino da una necessità specifica, da quello che lui chiama “lirismo tossico di cui ci si deve liberare”, Lucio risponde: “Direi tutte”. Siamo d’accordo con lui.
Dopo questa apparizione, sappiamo di un’altra ospitata promozionale a Batto Quattro, nel 1970, sempre in agosto. Questa volta il nostro cantautore presenta Fiori rosa fiori di pesco (su disco) e questa volta la Rai conserva lo sketch…
Bramieri, nello stile del programma, prende in giro Battisti senza pietà, forse anche troppo. E si capisce, all’ascolto, che si tratta di un montaggio successivo e che, molto probabilmente, le domande poste erano diverse, o comunque meno “virulente”. Prima Bramieri si sofferma sulla capigliatura... del resto lo presenta proprio così: “nello splendore della sua nuova capigliatura sette millimetri, approda a Batto Quattro Lucio Battisti...” “ma tu ti piaci pettinato così?” “Beh per essere sincero a seconda dei momenti...” e amenità simili. Quando finalmente la domanda si sposta sulla musica, sulla formazione ideale d’orchestra che vorrebbe per eseguire la sua canzone, Lucio risponde: “Per la verità già sono nella condizione di avere un po’ quello che chiedo, perché oltre un certo limite non si può andare: se con una orchestra di cinquanta elementi si ottengono certe cose, non è che con duecento elementi si ottengono delle cose quattro volte tanto, perché sennò, se fosse così, ci sarebbero dei giochi economici che lo permetterebbero, no? non so se mi spiego”. Si spiega benissimo, ma Bramieri dice di no e ne approfitta per maltrattarlo ben bene e gli chiede se tante volte soffre di timor panico col pubblico quando parla, “e il pubblico sentendoti a sua volta è preso dal panico”. Maltrattare più o meno bonariamente è un po’ lo stile della trasmissione, ma qua il dubbio di manipolazione è molto forte e certo pensiamo che questo passaggio radiofonico non deve essere stato apprezzato dal nostro schivo cantautore.
Battisti torna anche a Gran Varietà due anni dopo, nel 1972, ma è molto reticente (e del resto Gran Varietà è una trasmissione registrata, senza pubblico, prevalentemente tutta scritta: anche nel caso di Walter Chiari, è probabile che domanda e risposta siano state tutte precedentemente concordate e recitate). Questa volta è ospite di Raffaella Carrà, per presentare, in anteprima, Il mio canto libero. L’escamotage degli autori per ovviare alla laconicità di Battisti è geniale. Si inventano una specie di tormentone. Raffaella infatti incalza Lucio rispetto ai suoi primati in Hit Parade. E gli rimprovera di arrivare sempre davanti a lei. A tutte le domande Battisti risponde: “Magari passerei subito alla canzone”. È chiaramente un montaggio: chissà in origine cosa effettivamente gli era stato chiesto. Alla fine comunque concede un laconico “Ciao Raffaella”, con la sua voce stancamente consenziente e leggermente strascicata.
Abbiamo però fatto un passo in avanti: in effetti è il 1971 l’anno “radiofonico” per eccellenza di Lucio Battisti. Dal 9 luglio al 1° ottobre, infatti, ogni venerdì, insieme con Mogol e con Alberto Testa, diventa protagonista di una trasmissione estiva. Si chiama: Arriva il compressore. Un programma condotto e disputato da Lucio Battisti, Mogol e Alberto Testa. Va in onda sul Secondo Programma, alle 12.35, prima di Hit Parade. È l’orario di Alto Gradimento che, ricordiamolo, viene trasmesso dal lunedì al giovedì. Sono poco più di venti minuti settimanali di cui purtroppo l’archivio, tragicamente, non conserva memorie audio e che presumibilmente viene registrato nella sede Rai di Milano.
Ma non finisce qui.
Infatti, a dicembre di quell’anno, Battisti, insieme con l’inseparabile Mogol, registra in due riprese una lunga intervista con Paolo Giaccio, conduttore di Per voi giovani.
Si tratta di un’intervista concerto, perché Battisti esegue le sue canzoni alternandosi al piano e alla chitarra. In alcuni casi canta solo qualche pezzo dei brani, in altri l’esecuzione è intera. Spesso il suo canto è accompagnato dalla spiegazione dei testi da parte di Mogol. La prima parte della trasmissione viene registrata presso un piccolo studio della Ricordi di Milano; la seconda a casa di Mogol al Dosso di Coroldo. Racconta infatti Giaccio: “… dopo quest’intervista, siccome era piena di vuoti - Battisti non era un gran parlatore - io l’ho montata molto, per fare in modo che non ci fossero ripetizioni, che si dicessero delle cose più interessanti. E, dopo che l’ho montata, l’ho fatta riascoltare a Mogol che ulteriormente mi ha detto: qui va bene, qui bisognerebbe ampliare, qui manca questo concetto ecc. Per cui facemmo poi un’altra parte di intervista al Dosso.” Vista corretta e sistemata, l’intervista va in onda in cinque puntate, dal 3 al 7 gennaio del 1972.
Pure queste trasmissioni purtroppo non sono conservate in archivio, ma fortunatamente esistono collezionisti che hanno messo a disposizione le registrazioni, sicuramente effettuate con un geloso dell’epoca. Perché questi buchi? Perché l’archivio rai non è all’epoca considerato un archivio storico, ma un magazzino, uno strumento redazionale. La conservazione di tutto comincia per ragioni legali e in bassa qualità. Spesso delle trasmissioni in diretta, quelle considerate “non importanti”, non è rimasta traccia, soprattutto quelle per le nuove generazioni.
Da tantissimi anni però si conserva tutto, si recupera, si restaura e si digitalizza.
E per fortuna che ci sono i collezionisti!
Comunque, per tornare a Giaccio, Mogol e Battisti, l’atmosfera dell’intervista è allegra. Battisti scherza molto, ma sempre con quella sua aria scanzonata, vagamente strafottente, eppure irresistibilmente simpatica; non manca poi di riprendere in varie occasioni Giaccio, con cui si trova in disaccordo nel giudizio su alcune canzoni. C’è un pezzo esilarante in cui, mentre Lucio intona 29 settembre, Giaccio cerca di fare la voce del Giornale Radio, fallendo miseramente. E Battisti come se la cava? Ha una chitarrina prestata, un piano vagamente scordato, perde all’inizio un paio di volte la tonalità, ma poi la ritrova sempre, canta e suona bene, interagisce e dice la sua. È intonato. Prende sicurezza momento dopo momento. Scherza e gioca. Mogol è molto verboso, ma anche desideroso di mostrare la bravura e le doti del suo giovane compagno di viaggio. E anche però di spiegare le tematiche dei suoi testi: si ferma molto a raccontare ad esempio le canzoni del “primitivo”, quelle dove il protagonista è un uomo abbastanza rozzo e basico, interessato solo a mangiare, bere, lavorare e far l’amore. C’è anche un passaggio molto interessante tra Mogol e Battisti, in cui il secondo chiede al primo se sia opportuno fare testi che non arrivano diretti all’ascoltatore. Sempre Giaccio dice: “Siccome Battisti era un fenomeno esploso in quegli anni, che era stato lanciato anche un po’ dalla radio (...) chiesi a Mogol di realizzare qualcosa di più approfondito su Battisti. Mogol ci teneva molto a farla, anche perché si era sparsa un po’ la voce che era lui a decidere tutto e che Battisti non c’entrasse nulla. Invece, Mogol mi voleva far capire che Battisti aveva dei pensieri, un’anima, delle cose da dire. Ora se è vero che era Mogol a scrivere i testi, era vero però che i testi nascevano da comuni visioni: sue e di Battisti.”
In totale vengono eseguite 21 canzoni: Non è Francesca, Nel cuore nell’anima, 29 settembre, 7.40, Acqua azzurra acqua chiara, Prigioniero del mondo, Il vento, Amore caro amore bello, Io vivrò (senza te), Balla Linda, Anna, Il tempo di morire, Insieme a te sto bene, Mi ritorni in mente, Fiori rosa fiori di pesco, Mi chiamo Antonio Tal dei Tali e lavoro ai mercati generali, Emozioni, L’aquila, La canzone del Sole, La mente torna, Anche per te (la canzone “preferita” di Giaccio, di Mogol e di Battisti e che chiude il programma perché, come dice giustamente Lucio: “E che vòi dì dopo sta canzone?”).
Battisti torna in radio con una esibizione dal vivo, l’ultima, per Supersonic. In onda dal 1971 al 1976 sul Secondo programma, è un’altra trasmissione divenuta di culto: manda in onda brani nuovissimi e il martedì va in diretta dalla Sala A di via Asiago, dove si esibiscono artisti progressive del calibro della PFM o del Banco del Mutuo Soccorso. Il 25 dicembre 1972 va una puntata dal titolo Natale con Supersonic; il concerto, registrato qualche giorno prima, vede come protagonisti Iva Zanicchi, i New Trolls e Lucio Battisti.
Si narra che la performance del cantautore reatino non sia stata delle migliori e che sia una delle ragioni principali per cui, da quel momento, si guarda bene da fare più live radiofonici e ospitate di un certo tipo. Al momento, nessun collezionista ha saputo tirare fuori dal suo scrigno questa registrazione e purtroppo gli Archivi Rai non la conservano. Esiste un brevissimo frammento sonoro in cui Lucio presenta i suoi musicisti: Gianni Dall’Aglio alla batteria, Mario Lavezzi alla chitarra elettrica, e Angel Salvador detto “Hombre” al contrabbasso. Lui è alla chitarra. Purtroppo, nel momento in cui partono i primi accordi, il contributo sonoro (molto stranamente) si ferma…
La storia radiofonica di Battisti non finisce certo così, perché non si vive di sola Rai. Esistono infatti altre apparizioni radiofoniche molto interessanti, che sono ascoltabili anche in rete e sono anche questi ritrovamenti e documenti sonori conservati dagli autori o dai protagonisti. La prima in ordine di tempo, davvero eccezionale per i contenuti, risale al 1969. In realtà si tratta di tre contributi di Radio Montecarlo, conservati da Roberto Arnaldi. Nel primo, Battisti è intervistato dallo stesso Arnaldi e propone l’ascolto di cinque canzoni, di Elvis Presley, José Feliciano, i Camaleonti (scritta da lui), i Dik Dik e infine Le Métèque di Moustaki. Ogni canzone e autore vengono presentati da Lucio con dovizia di spiegazioni e grande competenza. È interessante perché già allora si lamenta – pur essendo a inizio carriera – della limitazione della sua libertà, della perdita del suo anonimato che, evidentemente, è già per lui bene prezioso e assoluto. Nel secondo contributo, il più bello, Battisti è solo. Questa volta fa un piccolo racconto della sua formazione musicale e mostra tutta la sua cultura e la sua preparazione. È spigliato, disinvolto, presenta canzoni, le canta e le suona. Canta per esempio Donovan, Ray Charles (il suo primo amore musicale), Bob Dylan… e poi li spiega, raccontando delle loro originalità, ma anche della loro vicinanza alle tradizioni popolari inglese e americana. Poi passa ai Beatles, che con Dylan e Donovan sono “basilari” nella sua formazione. Prosegue cantando Satisfaction dei Rolling Stones. E poi dichiara il suo amore per i Mamas&Papas e per il loro nuovo modo di cantare a più voci “con questi contrappunti tra le voci maschili e le voci femminili”. Prosegue intrattenendosi a parlare di blues e di soul, la musica dell’anima, del lirismo della musica “negra” e di chi ha amato di più: Otis Redding. Passa quindi ai Procol Harum e ai Moody Blues e a certe formazioni americane, tra cui The Box Tops e The Doors. E ne approfitta per dare vere e proprie lezioni di storia musicale. Non trascura la musica italiana: loda i grandi autori Modugno, Bindi e Paoli, si sofferma in merito agli ultimi due sulle loro affinità con la tradizione francese dei grandi come Brel, ma dice trattarsi di fenomeni sporadici, mentre la musica che detta legge nella scena mondiale - cioè l’inglese e l’americana - sono per lui fenomeni più larghi e vasti e quindi si influenzano e si incoraggiano:
“Per me che cosa conta in conclusione nelle canzoni? Quando si parla di gusto delle canzoni si intende molto spesso il vestito delle canzoni, cioè la maniera, il modo con cui queste canzoni vengono presentate, ma in realtà non ci rendiamo conto - siano esse presentate in una maniera moderna alla Rolling Stones, alla Beatles, siano esse presentate in una maniera più tradizionale - che quello che conta effettivamente poi alla fine è la melodia. La melodia, non intesa in senso tradizionale, ma nel senso tecnico della parola, cioè il susseguirsi delle note; e questa melodia deve essere lirica - anche questa non nel senso tradizionale - qualcosa che sgorga dall’animo, dal cuore; e qui ci riallacciamo alla musica negra. Perché la musica negra è così importante? Perché molto spesso sgorga da una improvvisazione, da uno stato d’animo momentaneo, e quali sono allora in Italia le canzoni che hanno queste caratteristiche? Vi sembrerà strano, vi sembrerà un controsenso, ma per me le canzoni che hanno queste caratteristiche in Italia sono ancora, fino a nuovo ordine - cioè fino a che non ce ne saranno altre - le vecchie canzoni napoletane”. E conclude il discorso facendo ascoltare quella che per lui è una delle più belle canzoni mondiali, cioè Voce ‘e notte; invita a soffermarsi sulla modernità del testo, non legato a una moda o a un modo di esprimersi, ma a una sostanza… “… e poi la melodia meravigliosa!”. In questo documento Battisti è sciolto, radiofonico, deciso, empatico: un maestro e un dj.
È addirittura quasi comico e un po’ troppo sopra le righe nel terzo contributo, dove è comunque da solo, e fa davvero il dj, presentando tante canzoni, alcune delle quali sue. Ma dentro inserisce anche Stevie Wonder, Aretha Franklin, Peter Sarstedt e Gian Pieretti.
Abbiamo accennato ad inizio articolo alle ultime due interviste: la prima sempre a Radio Montecarlo, condotta da Max Onorari, e la seconda da Giorgio Fieschi per la Radio Svizzera, il 18 maggio 1979. Se nella prima il tono è serio e anche esasperato, nell’ultima invece Lucio ha toni pacati, maturi ed empatici. È l’occasione di parlare dei suoi rapporti con la musica, con i mercati stranieri e con le ricerche musicali che pensa di portare avanti. Il conduttore lo definisce il papà dei cantautori italiani, lui ci scherza su, dice di non sapere se merita un simile complimento, ma afferma che ci sono tanti bravi cantautori; cita in proposito Venditti e De Gregori, ma ribadisce che ce ne sono tanti altri. Di Mogol parla come di un rapporto umano non deteriorato, ma semplicemente cambiato, come di due persone andate per strade diverse. Ma sembra vivere questo cambiamento con naturalezza, senza che questo muti la collaborazione artistica, che addirittura, secondo lui, può portare ad un rinnovata vena creativa (sappiamo bene alla fine come è andata). Affronta anche il perché non scriva i suoi testi.
Lucio Battisti e Giorgio Fieschi
Ma è quando parla della sua musica che Lucio Battisti ha la chiave in mano, ancora una volta, per spiegarsi:
“Trovo molta difficoltà a capirmi e quindi a capire la mia musica, perché la mia musica è un po’ un contrasto, è come io vedo la vita: un contrasto di forze contrastanti (ammazza che bell’italiano!), ossia coesistono nella mia musica il desiderio di fare musica molto bella e di fare della musica molto popolare; il desiderio di fare musica molto creativa e musica molto rozza, perché possa arrivare a un pubblico che magari non ha voglia per niente di spremersi la testa e magari ha ragione. E quindi questo crea di volta in volta delle strane cose, che sono anche molto diverse da come ero partito, da quelle che erano le mie intenzioni. Ma questo è il bello della musica: non si sa mai che cosa esce fuori. È logico che delle volte può venir fuori una canzonetta scema, però delle volte da questo contrasto, da questa cosa caotica, possono nascere cose molto belle”.
È andata proprio così.
Se, prima di ogni altra cosa, bisogna rispettare sempre la volontà di chi decide di esprimersi o tacere, è certo però che Lucio Battisti avrebbe avuto molte cose da dire. Non sulla sua vita personale, perché, giustamente, erano affari suoi. Ma sulla musica.
E non solo sulla sua.
NOTA SULLE FONTI. Le partecipazioni radiofoniche di Lucio Battisti sono reperibili negli archivi Rai e sono state oggetto di pubblicazioni delle Teche e di Radio Rai, nello specifico della Radio digitale specializzata Rai Radio Techeté. Le altre partecipazioni citate sono disponibili su Youtube. Molte informazioni sono reperibili, come spiegato nell’articolo, sul Radio Corriere Tv, ma anche su Sorrisi e Canzoni. Per le fonti bibliografiche, chi vuole approfondire può certamente fare riferimento a: Battisti Talk, libro di Francesco Mirenzi che raccoglie tutte le dichiarazioni e le interviste pubbliche; il recente volume Il nostro caro Lucio di Donato Zoppo; la discografia commentata Pensieri e parole di Luciano Ceri e la Discografia mondiale di Michele Neri. L’autrice ringrazia in particolare gli ultimi due per l’indispensabile consulenza.
©2021 Massi Dicle. All rights reserved.
Privacy & Cookie policy.
Powered by microcreations.it