Dante (immagine dal web)

Idee

Il giorno di Dante

| Massi Dicle

Sono sicuro che nessuno di voi si sia già dimenticato che il 25 marzo si è celebrato per la seconda volta il Dantedì, la giornata dedicata al nostro massimo poeta.  La prima edizione della festa, svoltasi l’anno scorso, era stata in effetti sentita più come una prova generale, in quanto nelle intenzioni degli ideatori il lancio vero e proprio della ricorrenza avrebbe dovuto svolgersi nel 2021, in occasione del settecentenario della morte di Dante.
Forse qualcuno dei lettori si sarà chiesto perché si sia scelto proprio questo giorno, soprattutto considerando che se Dante Alighieri è effettivamente morto nell’anno 1321, ossia settecento anni fa, non si può però dire che il 25 marzo sia propriamente l’anniversario della sua scomparsa. 

La morte di Dante

Dante infatti morì a Ravenna nella notte tra il 13 e il 14 settembre 1321. 
Già il luogo in cui avvenne la dipartita del Poeta può suscitare qualche perplessità. Sappiamo tutti, infatti, che Dante nel 1302 era stato condannato all’esilio da Firenze (in realtà era stato condannato a morte: l’esilio si può dire che divenne una necessità pratica…), ma che ci faceva nella minuscola e ormai da secoli decaduta cittadina di Ravenna? Che cosa lo aveva spinto a lasciare la Verona del celebre condottiero ghibellino Cangrande della Scala, suo protettore per tanti anni, per andare a trascorrere i suoi ultimi anni alla corte di Guido Novello da Polenta, signore certamente meno potente e prestigioso? Va detto peraltro che Dante, anche dopo aver lasciato Verona, continuò a serbare riconoscenza per Cangrande, tributandogli grandi lodi nel Paradiso, e tornò almeno una volta nella città scaligera, nel gennaio del 1320, per tenere una sorta di conferenza, poi trascritta nel libello intitolato Questio de aqua et de terra (“Disputa sull’acqua e sulla terra”). 
Per spiegare il suo trasferimento a Ravenna, si è quindi supposto con buona verosimiglianza che Dante avesse ricevuto da Guido Novello da Polenta la classica offerta che non si può rifiutare, ovvero maggiori onori e sostanze. Mentre infatti a Verona il Poeta era stato solo uno dei numerosi uomini d’arme e di cultura che costituivano il seguito di Cangrande, signore peraltro assai impegnato nelle sue campagne militari e poco incline alle raffinatezze, trasferendosi presso la piccola corte di Guido Novello, cultore delle lettere e poeta egli stesso, aveva potuto occupare un posto di rilievo, tant’è che gli vennero affidati delicati incarichi diplomatici. E fu proprio al ritorno da un’importante ambasceria a Venezia che, passando per le paludi malsane che a quel tempo infestavano la zona, Dante venne colpito dalla malaria, che in breve tempo lo portò alla morte.

La nascita di Dante

Ma il 25 marzo non è nemmeno l’anniversario della nascita del Sommo Poeta.
In realtà, non conosciamo il giorno della sua nascita, ma soltanto l’anno, il 1265, e che era dei Gemelli. È Dante stesso a raccontarci nel Canto XXII del Paradiso che, al momento in cui venne alla luce, il Sole si trovava sotto il segno dei Gemelli “dal quale io riconosco tutto, qual che sia, il mio ingegno” (secondo la credenza astrologica del tempo, l’influsso dei Gemelli inclinava agli studi e alle arti, cioè alla gloria).
Dal momento che il Sole rimane nella costellazione dei Gemelli dal 21 maggio al 21 giugno, il Poeta sarebbe venuto alla luce in tale periodo del 1265. 
Non contenti dell’indeterminatezza, gli studiosi hanno cercato di circoscrivere ulteriormente quest’arco di tempo. Ad esempio, alcuni hanno osservato che nel mese di maggio dell’anno 1265, oltre al Sole, si trovavano nei Gemelli anche Mercurio e Saturno (i cui influssi inclinano alla scienza e alla giustizia) e che pertanto sia presumibile che Dante intendesse dire di essere nato nell’ultima decina di maggio.
A conferma di questa congettura, si potrebbe aggiungere una notizia di Boccaccio, che, nel suo commento ad alcuni canti dell’Inferno, afferma di avere appreso da Pier dei Giardini “il quale fu uno dei più intimi amici e servidori che Dante avesse in Ravenna” che il Poeta, “giacendo egli nella infermità della quale e’ morì, [gli disse] avere di tanto trapassato il cinquantesimosesto anno, quanto dal preterito maggio aveva infino a quel dì”. In pratica, a dar fede al racconto di Boccaccio, Dante sarebbe nato l’ultimo giorno di maggio.
Nondimeno, se è vero che Boccaccio risiedette per qualche tempo a Ravenna nel 1349 ed ebbe modo di parlare con Pier Giardini, vecchio amico degli ultimi anni di Dante, è anche risaputo che l’autore del Decameron è sempre molto fantasioso quando dà notizie sulla vita del Sommo Poeta, mostrandosi più interessato a farne un ritratto idealizzato, che a compilarne una biografia in senso moderno. Appare in particolare bizzarro che, proprio sul letto di morte, Dante abbia voluto con una specie di arzigogolo rivelare all’amico Pier Giardini la sua precisa data di nascita.
La verità è che probabilmente nemmeno Dante conoscesse il suo genetliaco e che fosse solo al corrente, sulla base di memorie familiari, di essere nato intorno alla fine di maggio. A quel tempo il giorno preciso della nascita non era così importante: non esisteva un'anagrafe, ma c'erano solo i registri parrocchiali, i quali però non riportavano la data di nascita, ma solo la data del battesimo. Inoltre, i neonati fiorentini venivano battezzati tutti insieme il sabato di Pasqua nel Battistero ("il mio bel San Giovanni", come lo chiama Dante), quindi anche molto tempo dopo la nascita.
Quest’incertezza non deve stupire. Le persone comuni nascevano in casa e Dante, nonostante si ostinasse a vantare una alquanto opinabile nobiltà, apparteneva al rango delle persone comuni. Dopo il parto, la famiglia delle persone comuni di solito aspettava qualche giorno per vedere se il neonato fosse sopravvissuto (la mortalità infantile era elevata, a causa delle scarse condizioni igieniche) e solo a quel punto avvisava del lieto evento il parentado e i vicini, che venivano a congratularsi. Nessuno domandava: in che giorno preciso è nato, a che ora, quanto pesava? E se qualche spirito pettegolo lo domandava, presto si dimenticava della risposta. 

Il viaggio di Dante

Perché quindi si è deciso di festeggiare il Dantedì proprio il 25 marzo?
Il motivo ufficiale è che il viaggio nell'Oltretomba di Dante-personaggio raccontato nella Divina Commedia sarebbe iniziato il 25 marzo del 1300 e quindi si è scelto di celebrare il Poeta con un richiamo alla sua opera maggiore.
Nondimeno, che il viaggio narrato nella Commedia si svolga proprio a partire dal 25 marzo del 1300 non è opinione unanime, anzi si può dire che si tratti di un’ipotesi storicamente minoritaria. 

La tesi dell’8 aprile 1300

Quanto all’anno, non si dubita (tranne che da pochissimi) che si tratti del 1300. Il “cammin di nostra vita”, come aveva spiegato il Poeta stesso nel Convivio, dura normalmente settant’anni e se Dante all’inizio del viaggio si trovava “nel mezzo” di questo cammino ne doveva avere trentacinque: essendo nato nel 1265, il conto è facile. Oltre a questo, nel corso della narrazione da alcuni accenni si capisce che ci troviamo nell’anno del Giubileo, che fu promulgato per la prima volta nella storia da Bonifacio VIII (il Papa arcinemico di Dante) appunto nel 1300. 
Ma in quale giorno? Per rispondere, è necessario svolgere un ragionamento un po’ più complesso. 
Innanzitutto, sappiamo per certo che l’ingresso di Dante all’Inferno avviene il giorno di Venerdì Santo, che nel triduo pasquale commemora il giorno più cupo della storia umana, quello della morte di Cristo. 
Lo si desume dalla lettura del canto XXI dell’Inferno, in cui un diavolo di nome Malacoda, parlando di un ponte crollato tra la quinta la sesta bolgia dell’ottavo cerchio infernale, rivela a Dante che sono passati esattamente 1266 anni da quando è avvenuto il crollo. Il riferimento, soprattutto per i lettori del tempo di Dante, è chiaro: alla sua morte, Cristo discese agli inferi per liberare i patriarchi dal Limbo e in quell’occasione, rompendo le porte dell’Inferno, provocò un terremoto che diede origine a diversi crolli nel baratro infernale. Dire che sono passati esattamente 1266 anni dalla rovina del ponte, pertanto, significa dire che sono passati 1266 anni dalla morte di Cristo e che quindi siamo di Venerdì Santo. 
Per venire incontro alle comprensibili perplessità di un lettore moderno, crediamo non superflua una precisazione a riguardo di quanto appena detto: noi moderni diremmo che sono passati 1267 anni, non 1266, in quanto Cristo è morto a 33 anni, ossia nell’anno 33; ma Dante non conosceva, o comunque non utilizzava, lo zero, che venne introdotto dagli Arabi, e quindi per lui come per i contemporanei Cristo era nato nell’anno 1 e morto nell’anno 34. 
Un’altra precisazione, per i più puntigliosi che andassero a leggere direttamente il canto XXI dell’Inferno: in realtà Malacoda afferma che l’anniversario del crollo era stato il giorno prima (infatti a questo punto della trama siamo già nel secondo giorno di viaggio, ossia di Sabato Santo) e ci aggiunge pure una precisazione oraria (sono passati 1266 anni più un giorno meno cinque ore): ho semplificato per fare capire il concetto.
Ora, il Venerdì Santo nell’anno 1300 cadde l’8 aprile e per tale motivo la maggior parte degli interpreti ha sempre pensato che il viaggio dantesco fosse cominciato in questa data. 
A sostegno di questa tesi vengono addotti diversi indizi e io vi segnalo il più divertente. Sempre nel canto XXI dell’Inferno, vediamo entrare in scena un diavolo che sta trascinando alla pena infernale del girone dei barattieri (così venivano chiamati i politici corrotti) un dannato appena morto, appartenente al Consiglio degli Anziani di Lucca. Il diavolo non dice il nome di questo dannato: la questione ha poca importanza, precisa, visto che a Lucca i politici sono tutti corrotti, tranne Bonturo (il diavolo è ironico, visto che a detta dei cronisti dell’epoca Bonturo, che si vantava di aver posto fine alla corruzione, era in realtà il più corrotto di tutti).
Gli antichi commentatori della Commedia però ci avvisano che questo dannato si chiama Martin Bottaio, uno dei notabili più importanti della città toscana. Ebbene, quando gli studiosi nell’800 fecero delle ricerche storiche negli archivi del Comune di Lucca, scoprirono che Martin Bottaio era morto proprio il 9 aprile del 1300! (vi ricordo che a questo punto del poema ci troviamo al secondo giorno dell’azione).
Sembrerebbe quindi che la questione sia chiusa in favore dell’8 aprile 1300 e resterebbe solo da aggiungere che Dante rimane nell’Inferno l’8 e il 9 aprile, si sposta nel Purgatorio la domenica di Pasqua del 10 aprile e, all’alba di mercoledì 13 aprile, arriva in cima al Paradiso Terrestre. Da lì, insieme a Beatrice, trasumana, ossia praticamente decolla in direzione dell’Empireo in quello stesso 13 aprile, nell’ora di mezzogiorno, quando il Sole è nel punto più alto dell’orizzonte. 

La tesi del 25 marzo 1300

Ho detto che la questione sembrerebbe chiusa perché, al momento di fissare il Dantedì, ha invece prevalso un’altra teoria, che almeno fino ai tempi recenti era rimasta minoritaria, secondo la quale il viaggio di Dante nell’Oltretomba sarebbe cominciato il 25 marzo del 1300.
Per corroborare questa tesi, si è osservato che secondo la secolare tradizione della Chiesa:

  • il mondo era stato creato il 25 marzo (all’inizio della Primavera);
  • l’incarnazione di Cristo era avvenuta il 25 marzo dell’anno 0 (per Dante, come spiegato sopra, dell’anno 1);
  • anche la morte di Cristo era avvenuta il 25 marzo dell’anno 33 (dell’anno 34 per Dante). 

Per rispettare tale sincronia, quindi, il Poeta avrebbe posto come data iniziale del suo viaggio non il Venerdì Santo effettivo del 1300, ossia l’8 aprile, ma il giorno della ricorrenza del Venerdì Santo originario, ossia il 25 marzo. 
Ancora: siccome l’anno solare secondo il computo di Firenze iniziava non il 1° gennaio ma il 25 marzo (quest’uso durò fino al 1750!), Dante avrebbe iniziato il viaggio proprio il primo giorno dell’anno.

Dante, la musica e le indulgenze

Oltre a queste argomentazioni di carattere generale, si può addurre una prova testuale sulla base canto II del Purgatorio, uno dei più celebri e amati dell’intero poema.
All’inizio di questo canto Dante, che era appena uscito dall’abisso infernale e si era diretto verso la spiaggia per potersi lavare il viso nell’acqua, vede arrivare dal mare (non navigando, ma volando) una piccola barca guidata da un angelo, che sta conducendo alcune anime morte di recente alla montagna del Purgatorio. Quando le anime sbarcano sulla spiaggia, dapprima si mettono a osservare Dante con meraviglia, perché si accorgono che è ancora vivo. Poi una di loro si stacca dal gruppo e fa per abbracciare Dante, con tanto affetto da spingere il Poeta a ricambiare il gesto, senza però riuscirci perché egli si trova ancora nel corpo, mentre l’anima ormai è puro spirito.

Ohi ombre vane, fuor che ne l’aspetto!
Tre volte dietro a lei le mani avvinsi
e tante mi tornai con esse al petto.

A quel punto è l’anima a parlargli

“Così com’io t’amai
nel mortal corpo, così ti amo sciolta”

e Dante la riconosce dalla voce melodiosa: si tratta di Casella, un suo amico musicista. Il poeta si rallegra di ritrovarlo in quel luogo: le anime del Purgatorio sono infatti già salve e devono solo purificarsi (purgarsi), prima di essere pronte per il Paradiso.
Prima di congedarsi, Dante chiede all’amico di cantare ancora una volta per lui, come era solito fare quando erano nella vita terrena:

“Se nuova legge non ti toglie
memoria o uso a l’amoroso canto
che mi solea quetar tutte mie doglie,
di ciò ti piaccia consolare alquanto
l’anima mia che, con la sua persona
venendo qui, è affannata tanto”.

Casella intona una canzone di Dante (Amor che ne la mente mi ragiona) e tutti i presenti, compreso il serioso Virgilio, rimangono incantati ad ascoltarlo, dimenticando i doveri che incombono su di loro.

Lo mio maestro e io e quella gente
ch’eran con lui parevan sì contenti,
come a nessun toccasse altro la mente.

Scusate, mi sono fatto trascinare dalla poesia… Quello che a noi interessa è che Casella, prima di mettersi a cantare, aveva spiegato a Dante che al momento della morte le anime salve, a differenza di quelle dannate che precipitano immediatamente all’Inferno, si radunano alla foce del Tevere, dove attendono che un angelo le venga a prelevare per traghettarle in Purgatorio. L’attesa può durare anche a lungo, perché è in potestà dell’angelo decidere se l’anima sia pronta o meno per il passaggio. Sennonché, aggiunge Casella, da tre mesi a questa parte l’angelo ha accolto senza obiezioni qualunque anima ne avesse fatto richiesta. 
Il riferimento di Casella sembra essere al Giubileo dell’anno 1300: nella bolla in cui venne proclamato l’Anno Santo, in effetti, si prevedeva la possibilità di ottenere indulgenze (non venivano espressamente menzionati i defunti, ma Dante lo ritiene implicito) a partire dal Natale del 1299. Ora, se Casella dice che le anime dei defunti potevano usufruire di questo beneficio da tre mesi a questa parte, facendo un semplice conto dal 25 dicembre del 1299 arriviamo al 25 marzo 1300! (al momento dell’incontro di Dante con Casella, in realtà, ci si troverebbe nel terzo giorno del viaggio dantesco, quindi semmai al 27 marzo, e Casella, a voler rispettare la consueta precisione dantesca, avrebbe dovuto dire da tre mesi e due giorni a questa parte… ma non sottilizziamo).

Un’esperienza universale e straordinaria

Come avrete constatato, esistono indizi a sostegno di entrambe le ipotesi e, da semplici lettori, ci è concesso scegliere quella che preferiamo, anche semplicemente da un punto di vista sentimentale.
A mio parere, se optiamo per il Venerdì Santo effettivo del 1300, ossia per l’8 aprile, ne risulta accentuata l’universalità dell’itinerario dantesco: ciascuno di noi può ripercorrere lo stesso cammino compiuto dal Poeta, riconoscendo i propri errori, purificandosi e ascendendo alla visione di Dio. 
Se invece optiamo per il Venerdì Santo originario (il Venerdì Santo “eterno”), ossia per il 25 marzo, risulta invece maggiormente evidenziato il carattere profetico dell’opera di Dante, al quale (in modo simile a quanto avvenne ad Enea e San Paolo, che lo precedettero nel viaggio da vivi nell’Aldilà) è stata assegnata una missione straordinaria: proclamare la verità e la giustizia agli uomini.

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