La pantofola di Cenerentola di Paola Rocco

Idee

La pantofola di Cenerentola

| Paola Rocco

Glitter. “Poco prima dell'inizio delle riprese, mi sono reso conto di desiderare pantaloni glitterati” (Billy Porter, la Fata Madrina in Cenerentola, 2021, da Matteo Marescalco su movieplayer.it).

Piedini. Cenerentola è una novella antichissima: “Quando comparve per la prima volta in forma scritta in Cina, durante il nono secolo a. C., aveva già una storia”, anche se il fatto di considerare la straordinaria piccolezza del piede come una delle maggiori attrattive del corpo femminile si accorda col modo di pensare dei cinesi dei secoli passati, che com'è noto erano soliti avvolgere i piedi delle donne in stretti bendaggi fin dalla loro più tenera infanzia.

Pianelle/1. In Egitto troviamo descritte pantofole di artistica fattura a partire dal terzo secolo; e in un decreto del 301 d. C. l'imperatore Diocleziano fissa i prezzi massimi di vari tipi di calzature, come le “pianelle dorate per matrone” e le “pantofole di cuoio fino babilonese, tinte di porpora”.

Istitutrici/1. Nel mondo occidentale, la storia di Cenerentola in forma stampata inizia nel Seicento con La Gatta Cenerentola del napoletano Giambattista Basile, che vede la protagonista, una principessa di nome Zezolla, subire le continue angherie della nuova moglie del padre. Un giorno che la ragazza se ne lamenta con l'istitutrice, questa le suggerisce di chiedere alla matrigna di tirar fuori dei vestiti da un cassone, “così, quando la donna si chinerà con la testa nel mobile, Zezolla potrà abbassare di nuovo il coperchio, spezzandole il collo”.

Articolo di Paola Rocco. Immagini dal web

Istitutrici/2. Zezolla segue il consiglio, uccidendo la matrigna e incoraggiando il padre a impalmare l'istitutrice, la quale però, dopo le nozze, porta le sue sei figlie a vivere a palazzo, innalzandole agli occhi del re e favorendole in ogni modo a scapito della principessina, “che è fatta scendere più in basso di quanto si possa immaginare: dalla camera alla cucina, dal baldacchino al focolare, dalle splendide sete e dall'oro agli strofinacci per i piatti... non solo essa cambiò stato ma anche nome, e non fu più chiamata Zezolla ma Gatta Cenerentola”. 

Pianelle/2. L'abbigliamento femminile, nel Seicento a Napoli è particolarmente ricercato ed elegante fin dalle calzature, che potevano essere scarpette ma che, più spesso, erano invece le caratteristiche pianelle, dalla stoffa ricamata e dall'altissima suola di sughero (fabbricate in città al vico dei Pianellari). Su tali calzature le signore erano solite indossare un'ampia gonna di stoffa ricca e un bustino attillato, che esaltava il seno lasciando scoperte le spalle. Era un abbigliamento grazioso e nello stesso tempo disinvolto che però, in occasione di feste o cerimonie, cedeva il passo a quello ben più rigido composto dal guardinfante (sorta di gabbia di fil di ferro, che rialzava e sosteneva la gonna), da un bustino a punta e da un'ampia gorgiera di pizzo, a proteggere e nascondere il collo.

Bauli. L'idea di lasciar cadere il coperchio di uno scrigno sul collo di una persona è estremamente rara, anche se compare in una delle storie dei fratelli Grimm, L'albero di ginepro (dove però è una malvagia matrigna a sbarazzarsi in questo modo del figliastro).

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Cameriere. Anche Gregorio di Tours, nella sua Storia dei Franchi, scrive che la regina Fredegunda aveva cercato di uccidere - decapitandola col coperchio d'un baule - la figlia Rigunda, colpevole d'aver affermato che sul trono al posto della madre avrebbe dovuto esserci lei, migliore dell'altra in quanto figlia di re (mentre Fredegunda aveva cominciato la sua ascesa da semplice cameriera): “Così, l'arroganza edipica di una figlia - io sono più adatta di mia madre al suo posto - conduce alla vendetta edipica della madre attraverso il tentativo di eliminare la figlia che volle rimpiazzarla”.

Vetro/1. Come Cappuccetto Rosso, la fiaba di Cenerentola (di cui sembra esistano ben 345 versioni) è oggi nota principalmente in due forme assai diverse tra loro, quella di Perrault e l'altra dei fratelli Grimm. L'inconveniente più grave della versione di Perrault “è che egli prese il materiale della fiaba, lo depurò di ogni contenuto a suo avviso volgare e raffinò le altre sue caratteristiche per rendere il prodotto adatto a essere raccontato a corte... Fu, per esempio, un'invenzione sua il particolare che la fatale scarpina fosse di vetro: dettaglio che si trova soltanto nelle versioni derivate da quella di Perrault”. Si è immaginato che questa variante possa aver avuto origine da un fraintendimento linguistico. In francese, infatti, le parole vair (pelliccia variegata) e verre (vetro) si pronunciano quasi allo stesso modo: è lecito quindi supporre che Perrault, appresa la storia da fonte orale, abbia scambiato vair per verre e trasformato una pantofola foderata di pelliccia in una di vetro.

Dita. Benché questa spiegazione sia suggestiva e spesso citata, sembra che il particolare della scarpetta di vetro sia in realtà un'autonoma invenzione di Perrault: “Essa lo costrinse a sopprimere un importante elemento presente in molte versioni della fiaba”, il dettaglio delle sorellastre che si amputano le dita del piede - o il calcagno - per riuscire a infilarsi la scarpetta che spalancherà loro le porte al matrimonio reale (stratagemma rivelato in extremis al principe dagli aiutanti magici dell'eroina in difficoltà, gli uccellini, mentre già lui e la malvagia sorellastra cavalcano verso la chiesa).

Piedoni. Troppo cruento per adattarsi al raffinato pubblico cortigiano, unico destinatario della fantasia di Perrault, questo particolare è presente ad esempio in una versione scozzese della fiaba, Rashin Coatie, dov'è la matrigna a costringere la figlia a mettersi la pantofola tagliandole di sua mano il tallone e le dita del piede. La mutilazione, invisibile una volta calzata la scarpetta di pelliccia - e immediatamente visibile invece qualora la calzatura fosse stata di vetro - viene svelata all'ignaro principe appunto dal canto di un uccellino, mentre lui e la sposa sbagliata, la sorellastra, si avviano in chiesa (“Piedone Mozzo, piè tagliato / Cavalca al re vicina, / Ma bel Piedino, piè aggraziato, / Nascosta se ne sta in cucina”).

Cenere. La Cenerentola di Perrault è “melensa e insipida nella sua dolce bontà, e completamente priva d'iniziativa (il che probabilmente spiega perché Disney scelse la versione di Perrault per il suo film)”. Ad esempio nella fiaba francese è la fanciulla, di sua volontà, a concludere l'abituale giornata di patimenti e umiliazioni accovacciandosi tra la cenere presso il focolare: autosvilimento assente nella versione dei Grimm, dove il giaciglio in mezzo alla cenere le viene imposto. Ancora, nella favola di Perrault la protagonista appare animata da un'irragionevole indulgenza verso le sorellastre (si offre di aiutarle a abbigliarsi per il ballo, dopo il matrimonio ha cura di trovare a entrambe un buon marito tra i gentiluomini di corte ecc.), mentre nei Grimm sono queste ultime a ordinarle di acconciar loro i capelli e lucidare le scarpe: “Essa ubbidisce, ma piangendo”.

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Tormenti. “In Perrault non fa insomma molta differenza che un personaggio sia malvagio o virtuoso”: nella sua fiaba, benché le sorellastre la tormentino in mille modi, Cenerentola nel finale sostiene di amarle con tutto il cuore e di desiderare che anche loro le vogliano sempre bene (“In base alla storia, però, risulta incomprensibile perché dovrebbe importarle qualcosa del loro affetto, e come potrebbero esse volerle bene dopo tutto quello che è successo”).

Complessi. Il complesso di Cenerentola, ovvero la paura dell'indipendenza e il desiderio inconscio che la propria vita venga presa in mano da altri (in genere uomini): si basa sull'idea di femminilità superficialmente ritratta nella fiaba (una ragazza graziosa, educata e laboriosa viene bistrattata dalle donne del suo contesto familiare e sociale e, pur avendo un carattere indipendente, non riesce a cambiare le cose con le proprie forze e dev'essere salvata da un potere esterno e maschile, il principe azzurro). Teorizzato da Colette Dawling nel libro dal titolo omonimo (1981), compare già nel '55 nel giallo agathiano Poirot si annoia (Hickory Dickory Dock), dov'è lo studente di psicologia Colin McNabb a diagnosticarlo all'amica Celia Austin (che in realtà, invaghitasi di lui, usa le proprie presunte fragilità psichiche per rendersi interessante ai suoi occhi).

Shogun. Insieme alle altre eroine delle fiabe (Biancaneve, La Bella Addormentata, Raperonzolo...), Cenerentola appare nella moderna saga animata dell'orco Shrek, in particolare nel terzo capitolo della storia, quando lei e le altre principesse si recano in visita dalla moglie di Shrek, Fiona - in dolce attesa - per congratularsi con lei e portarle qualche dono per il piccolo. In questa versione, irresistibilmente caricaturale, Cenerentola appare completamente dominata dalle sue ossessioni - il suo regalo per la futura mamma è una scopa con tanto di paletta per raccogliere la popò - e a tratti apertamente afflitta da una schizofrenica scissione della personalità: come quando, accanendosi nevroticamente a strofinare il pavimento già lucido, bisticcia con la sua immagine riflessa. Nel finale partecipa però alla difesa del castello, scagliando la scarpetta contro i nemici come un formidabile shogun. 

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Sguattere. Vivere in mezzo alla cenere, espressione che, molti anni prima della fiaba di Perrault, indicava una condizione d'inferiorità rispetto ai propri fratelli e sorelle, a prescindere dal sesso: in Germania, ad esempio, c'era la storia del giovane Cenerentolo, diventato re dopo vessazioni e disavventure (destino analogo dunque a quello di Cenerentola). Mentre il titolo della versione a opera dei fratelli Grimm è Aschenputtel, termine che designava “un'umile e sudicia sguattera addetta alla rimozione della cenere dal focolare”.

Sorellastre. Nella lingua germanica, il dover vivere tra la cenere era simbolo non solo di degradazione ma anche di rivalità fraterna, “e del fratello che alla fine supera il fratello o i fratelli che l'avevano umiliato”. Nei Detti conviviali, Martin Lutero parla di Caino come di un miserabile malfattore che costringe il pio Abele a essere il suo fratello-cenerentolo (Aschenbrudel) e in uno dei suoi sermoni racconta che Esaù fu costretto ad assumere il ruolo di fratello-cenerentolo di Giacobbe (“Caino e Abele, Giacobbe e Esaù sono esempi biblici della soppressione o distruzione di un fratello per opera dell'altro”). Nella favola di Cenerentola, al posto delle sorelle o dei fratelli compaiono le sorellastre, forse come espediente “per rendere accettabile un'animosità che non si vorrebbe esistesse tra fratelli autentici”.

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Stracci. Nella fiaba di Perrault, prima che Cenerentola possa recarsi al ballo appare la sua fata madrina, che le fa dono di un abito meraviglioso (i sei metri di velo colore del cielo materializzati dalla Fata Smemorina nel cartoon Disney). Ma non basta: la buona fata ha cura di dotare la sua protetta anche di un mezzo di trasporto all'altezza, trasformando magicamente una zucca in un'elegante carrozza e i topini e le lucertole dell'orto in altrettanti cavalli e valletti. Cenerentola comparirà dunque in scena agghindata come una principessa alla corte di Versailles. “Così, un importante particolare della versione dei fratelli Grimm e della maggior parte delle altre va perso: cioè che il principe non si lascia influenzare dall'aspetto di Cenerentola vestita di stracci e riconosce le sue qualità intrinseche, malgrado la sua apparenza esteriore. Il contrasto tra le materialistiche sorellastre, che danno importanza soltanto all'esteriorità, e Cenerentola, che le dà scarso peso, viene ridotto”.

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Madrine/1. Il fatto che Cenerentola venga equipaggiata per il ballo che deciderà del suo destino dall'accorta e generosa fata madrina “infirma il messaggio implicito nella storia, quello secondo cui è necessario che trasformiamo noi stessi mediante un processo interiore”, polverizzando l'idea “che restar fedeli ai propri valori ci permetta di trascendere le umili condizioni della nostra esistenza”. In questo senso, anche la trasformazione di una zucca in una fastosa carrozza e delle umili creaturine dell'orto in eleganti destrieri assume un preciso significato: una ragazza povera e sfortunata può diventare una principessa tanto quanto un sorcio può diventare un cavallo.

Madrine/2. L'importanza di poter contare su generosi e influenti protettori è del resto esplicitamente ribadita da Perrault nella morale aggiunta alla fiaba, che sottolinea come intelligenza, coraggio e virtù, pur essendo qualità importanti, non valgono molto (“ce seront choses vaines”) se non si dispone di una madrina o di un padrino che consentano di farle fruttare.

Lucertole. La zucca che diventa carrozza, i topi tramutati in cavalli, le scarpette di vetro e le lucertole-valletti sono tutte invenzioni di Perrault: non ce n'è traccia in nessun'altra versione fuorché nella sua e in quelle da essa derivate. Circa la scelta delle lucertole, Marc Soriano ricorda l'espressione francese pigro come una lucertola, che forse spiega perché Perrault decise di trasformare in lacchè - “la cui pigrizia era proverbiale” - proprio queste bestiole: ennesimo ammiccamento al microcosmo cortigiano.

Piccioni. Nella versione dei Grimm - come in molte altre versioni della fiaba - il finale è completamente diverso da quello dello scrittore francese. Intanto le sorellastre si tagliano via le dita del piede per riuscire a calzar la pantofola; e poi si avviano di buona lena alle nozze dell'eroina, sperando di poter trarre vantaggio dalla sua nuova condizione. Mentre si recano in chiesa, i piccioni - probabilmente gli stessi che avevano aiutato Cenerentola a svolgere gli impossibili compiti appioppatile dalla matrigna - strappano loro un occhio ciascuna, e l'altro occhio al ritorno dalla chiesa, lasciandole completamente cieche “per punirle della loro falsità e cattiveria”. Soggiogate dalla personalità materna, e per questo private di un'individualità e ridotte a involucri vuoti (è sempre la madre a indirizzarle e a guidarle), le sorellastre “rimangono dunque cieche - cioè insensibili - per il resto della loro vita: un simbolo, ma anche la conseguenza logica, del loro mancato sviluppo di una personalità propria”. 

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Sandali. Secondo l'analisi condotta da Bettelheim, la pantofola femminile è stata considerata un'accettabile soluzione fiabesca al problema di trovare una sposa adatta per oltre duemila anni, “in molte popolarissime fiabe di ogni parte del mondo”. A questo proposito l'autore riporta una novella raccontata da Strabone e molto più antica di quella cinese di Cenerentola, dov'è il bellissimo sandalo della cortigiana Rodope ad accamparsi al centro della storia sostenendo da solo l'intero arco narrativo. La fiaba racconta di un'aquila che prende il volo col sandalo tra gli artigli, lasciandolo poi cadere ai piedi del faraone. Come da copione quest'ultimo, ammaliato dalla bellezza della calzatura, dà ordine di cercare la sua proprietaria per tutto l'Egitto, per poi sposarla.

Decori. Presso i Manciù, la sposa offriva in dono delle pantofole ai fratelli del marito, i quali, in base alla pratica del matrimonio di gruppo, sarebbero diventati suoi partner sessuali. Sulle pantofole, a mo' di decorazione, la scritta lien hua, termine volgare per alludere ai genitali femminili.

Simboli. Nel suo Il mondo incantato: uso, importanza e significati psicoanalitici delle fiabe, Bruno Bettelheim interpreta “l'angusto ricettacolo dove una qualche parte del corpo può infilarsi e adattarsi alla perfezione” - immagine alla base della storia di Cenerentola - come un simbolo della vagina: “Qualcosa che è fragile e non deve essere allargato perché altrimenti si romperebbe ci ricorda l'imene, e qualcosa che è facile perdere alla fine di un ballo quando un innamorato tenta di trattenere accanto a sé l'amata sembra un'immagine appropriata della verginità... La fuga di Cenerentola da questa situazione può essere interpretata come il suo sforzo di proteggere la propria verginità” (tanto da un'eventuale violenza quanto dalla possibilità d'esser trascinata dai propri desideri).

Incontri/1. “Non dovreste stare nel cuore della foresta, tutta sola!”. “Ma non sono sola, sono con voi!” (dialogo tra il principe azzurro e Cenerentola in Cenerentola di Kenneth Branagh, 2015).

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Sapone. Nel film della Disney del 1950, l'ambientazione si trasferisce “dall'eterno mondo delle fiabe a una Mitteleuropa ottocentesca” e Cenerentola “non è più una trepida adolescente [come Biancaneve] ma una ragazza quasi sexy (all'inizio la vediamo sotto la doccia); è evidente che l'hanno disegnata così per rendere la fiaba un po' meno infantile. Il tono è meno paludato, e l'azione comica e drammatica conta più della lezione morale... Cenerentola inginocchiata che lava il pavimento ma senza squallore e cenere bensì con una fantasia di bolle di sapone che fanno eco alla sua voce e rispecchiano la sua immagine non è tanto la Virtù Perseguitata, quanto il Diritto al Desiderio (sta appunto cantando I sogni son desideri)” (Oreste De Fornari, Walt Disney, L'Unità/Il Castoro).

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Scarpine. Una volta rintracciata, Cenerentola indossa senza difficoltà la magica scarpina: “Essa non ha bisogno di mutilarsi; non sanguina da nessuna parte del corpo. Il suo ripetuto ritrarsi mostra che, contrariamente alle sue sorelle, non è aggressiva nella sua sessualità, ma attende pazientemente di essere scelta. Ma, una volta che è scelta, è tutt'altro che riluttante. Infilandosi la pantofola al piede senza aspettare che sia il principe a farlo, essa dà prova della propria iniziativa e della propria capacità di plasmare il proprio destino”.

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Vetro/2. Perché la prova dia il risultato sperato, la scarpa deve essere una pantofola indeformabile, altrimenti potrebbe andar bene anche a qualche altra ragazza, come le sorellastre: “La sottigliezza di Perrault si rivela nella sua precisazione che la scarpetta era fatta di vetro, un materiale che non si deforma ed è estremamente fragile”.

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Anelli. Mentre nella fiaba di Perrault è un gentiluomo di corte a calzar la scarpetta al piede di Cenerentola, e in quella dei Grimm è il principe a porgerla alla fanciulla che se l'infila da sola, in molte altre versioni a mettere la scarpa al piede della futura sposa è il principe stesso: “Il gesto può far pensare a quello dello sposo che infila l'anello al dito della sposa come parte importante della cerimonia nuziale”; così come, in precedenza, la fuga di Cenerentola dal ballo aveva costretto l'innamorato ad andarla a cercare nella casa di suo padre, al pari del fidanzato che va a chiedere la mano della promessa sposa. Significativamente, in alcune versioni della fiaba, la scarpetta o pantofola viene sostituita da un anello. Anche l'ordine impartito alla ragazza dalla madrina, di rientrare a casa allo scoccare della mezzanotte, “è simile alla richiesta del genitore che sua figlia non si trattenga fino a un'ora troppo tarda perché teme quello che potrebbe accadere in caso contrario”.

Incontri/2. Nel 2015, Branagh rivisita il classico disneyano del 1950, valorizzando il carattere indipendente della protagonista (Lily James): “Branagh... rivisita l'adattamento edulcorato di Charles Perrault e, senza stravolgere l'intreccio, fornisce i suoi personaggi di una psicologia mai passiva e pienamente consapevole. I protagonisti arrivano al lieto fine dopo essersi riconosciuti, scelti e voluti. Cinderella non sogna di un principe, Cinderella incontra il suo principe... L'autore inglese incrocia Ella e principe nel bosco, prima del ricevimento danzante. Nel bosco, il luogo altro deputato alla magia e alle forze irrazionali, si rivela l'amore” (Marzia Gandolfi, MyMovies.it). Nel film, a far da intralcio ai desideri della bistrattata figliastra, una glaciale Cate Blanchett nei panni della malvagia matrigna, Lady Tremaine; mentre la fata madrina - nella versione Disney “una fata sempliciotta di mezz'età” (O. De Fornari) - s'incarna qui nel glamour un po' sbilenco di un'Helena Bonham Carter irresistibilmente pasticciona.

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Tailleur. L'ultima versione di Cenerentola, diretta da Kay Cannon, con la cantautrice cubana Camila Cabello nei panni dell'orfana bistrattata e uno smagliante Billy Porter nel ruolo della fata. Avrebbe dovuto uscire nelle sale l'estate scorsa - dopo svariati intoppi e rinvii sia durante le riprese che circa la data d'uscita legati alla pandemia - ed è stato poi acquistato da Amazon Prime. Nel musical di Cannon, Cenerentola ha ambizioni imprenditoriali (cuce e disegna da sé i suoi vestiti: non a caso il primo abito offertole dalla Fata è un manageriale tailleur pantalone azzurro ghiaccio), ovviamente poco intonate al modesto paesino di provinciale levatura in cui le tocca di vivere (e che ricorda un po' l'analogo paesello de La Bella e la Bestia, con la passeggiata dell'eroina amante dei libri tra i villici sospettosi e sbeffeggiatori). Ancora una volta centrale l'affermazione dell'indipendenza femminile (“E il mio lavoro?” è la prima risposta di lei alla domanda di matrimonio di lui), che sfiora il tema - sempre attuale e recentemente rinverdito dal successo della serie The Crown - dei sacrifici e delle rinunce connesse al pur fiabesco e ovviamente onorifico titolo di principessa (“Non voglio salutare per sempre dal palco reale”).

Inchiostro. Nel film diretto da Cannon, d'impatto la scena in cui una serpentina Idina Menzel lancia una boccetta d'inchiostro sul tenero abito color pastello che la figliastra si è cucita da sé per poter andare anche lei al ballo: la macchia scura incrina senza rimedio la compattezza ingenua del rosa e diventa simbolo tangibile della fine dell'innocenza (l'andare o meno al ballo non è ovviamente un problema di vestiti, quanto l'ennesimo portato della volontà di annientamento di matrigna e sorellastre ai danni della rivale).

Farfalle. Nel ruolo di Fata Madrina, Billy Porter scende dal cielo sulle ali di una farfalla color mandarancio: simbolo delle anime dei trapassati in molte culture, è forse un'allusione - molto in sordina - a uno dei motivi tradizionali della fiaba, che vedono l'amatissima defunta madre di Cenerentola appunto nel ruolo della benevola soccorritrice fatata.

Ricconi. “Vuoi andare a quel ballo e incontrare un mare di ricconi che ti cambieranno la vita?”. “Sì... Piangevo e cantavo proprio di questo due minuti fa” (dialogo tra la fata madrina e Cenerentola in Cenerentola, 2021).

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Le notizie sull'origine e i significati psicoanalitici della fiaba di Cenerentola sono tratte da Il mondo incantato. Uso, importanza e significati psicoanalitici delle fiabe di Bruno Bettelheim, Giangiacomo Feltrinelli Editore, Milano, 2019.

Il mondo incantato

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Paola Rocco

Paola Rocco

Autrice del romanzo giallo 'La carezza del ragno' e appassionata lettrice, scrive di mistery e venera Agatha Christie. Vive a Roma con il marito, la figlia e una gatta freddolosa detta Miss Poirot.

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