Venusia ©Erma Pictures

Idee

Cinecittà, la Hollywood sul Tevere compie 84 anni

| Paola Rocco

©Erma PicturesVenusia - ©Erma Pictures

Compleanni. 28 aprile 1937, data di nascita di Cinecittà (lo stesso giorno in cui nel 2011 aprirà al pubblico per la prima volta). Mussolini in persona inaugura i nuovi stabilimenti che però non si chiamano stabilimenti o studi e anche il nome è nuovo: Cinecittà, città del cinema. E di una cittadella ha le dimensioni: 73 edifici, 21 teatri di posa, quasi 3 miliardi di mattoni messi in opera, insomma un centro vero e proprio con strade, palazzi, piazze, alberi (676, per l'esattezza). Un'opera notevole, che dà lavoro a 1.500 operai per 475 giorni.

Paragoni. Il vuoto cosmico prima del Big Bang, l'impegnativa estensione di Cinecittà secondo Federico Fellini (suo il Teatro 5, uno dei più grandi d’Europa: 2900 metri quadrati).

Ritmo. La nuova Roma voluta dal regime inizia a cambiare volto: si demoliscono borghi e quartieri medievali a favore di una visione più prospettica e scenografica della città. Nei vent’anni che seguono si costruisce più che nei due secoli precedenti. Nel giro di pochi anni succede quasi tutto: nel 1932 nasce la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, nel 1935 s’inaugura il Centro Sperimentale di Cinematografia. Due anni dopo aprono gli studi di Cinecittà. È in questo periodo che nasce il divismo italiano, alimentato da un’ondata di nuovi film: già nel 1939 si lavora al ritmo di 50 pellicole l’anno. Nascono anche il Foro Mussolini (poi diventato Italico), il Ministero degli Esteri, l’Università La Sapienza, la stazione ferroviaria Ostiense.

Scrittori. La canzone dell’amore (1930), primo film sonoro italiano. Diretto da Gennaro Righelli, è scritto da Luigi Pirandello.

Prima e dopo. Nell’Italia irrigidita nella retorica fascista e ingabbiata dall'adesione ai programmi della Germania hitleriana, è la produzione culturale e cinematografica a superare la chiusura autarchica lasciando aperto un dialogo col resto del mondo. L’Italia entra in guerra il 10 giugno 1940, ma negli anni bui del conflitto vede la luce il Neorealismo: la violenza dei combattimenti, l’orgoglio della Resistenza, la gioia della liberazione ma anche le difficoltà di una vita che scivola sempre più nella precarietà, questi i temi su cui il nuovo cinema realizza le sue opere migliori. Di Neorealismo si parla per la prima volta nel 1943, con Ossessione di Visconti: liberamente ispirato a Il postino suona sempre due volte, il libro di James M. Cain pubblicato nel '34, sarà seguito da La porta del cielo, Sciuscià e Ladri di biciclette, tutti e tre firmati da De Sica. Nel '45 Rossellini gira Roma città aperta - il film che per Otto Preminger divide il cinema in due ere, un prima e un dopo Roma città aperta - e l’anno successivo Paisà. Mentre De Santis in Riso amaro fonde la lezione hollywoodiana con i kolossal di matrice sovietica, Visconti sceglie una Sicilia verista per dirigere nel '48 La terra trema. Il mondo plaude al cinema italiano.

Comparse. “Dopo i bombardamenti di San Lorenzo del luglio e dell'agosto del '43, i sinistrati, i senza tetto erano stati alloggiati proprio a Cinecittà. Accampati, accalcati negli uffici, nei teatri di posa, nei laboratori, nei camerini destinati agli attori, nei vasti cameroni in cui le comparse si travestivano da antichi romani o da spadaccini del '700, viveva da mesi la gente del Testaccio: uomini, donne e bambini senza cerone, vestiti di stracci, già, in un certo senso, pronti a partecipare a un cinema diverso ancora da fare” (Ugo Pirro, Celluloide). Durante la guerra Cinecittà verrà occupata da centinaia di sfollati: che di lì a qualche anno, vestiti da centurioni o da cristiani, si mescoleranno alle comparse e saliranno sul set andando a infoltire le scene di folla di kolossal e peplum. Gli stessi studi saranno oggetto di saccheggio, per non parlare del materiale tecnico e delle apparecchiature cinematografiche finite in Germania.

©Istituto LuceCenturione comparsa in Ben Hur - ©Istituto Luce

Cavalli/1. Le corse delle bighe di Ben Hur, con 75 cavalli selezionati in Jugoslavia e poi portati a Roma e allenati per sei mesi prima delle riprese. Per il film del '59 con Charlton Heston servono sette mesi di lavorazione e 10.000 comparse: col suo corredo di scandali, capricci e intemperanze, lo star system a stelle e strisce approda in una capitale ancora immersa nell'atmosfera postbellica (Quo vadis è del '51, Cleopatra del '63). Brevi e indimenticabili, sono questi gli anni della Dolce Vita, con le risse a via Veneto tra divi e paparazzi e un miracolo economico ancora agli albori a rafforzare la sensazione che tutto sia di nuovo possibile. Nasce il mito di Cinecittà come Hollywood sul Tevere, centro propulsivo in grado di trasformarsi nella capitale del cinema mondiale. Negli studi sulla Tuscolana in ottant'anni verranno realizzati oltre 3000 film, di cui 90 candidati agli Oscar: e 47 statuette appartengono a film girati qui.

©Istituto Luce
Charlton Heston gioca a football con le maestranze durante una pausa da Ben Hur - ©Istituto Luce

Cavalli/2. Il cavallo bianco noleggiato a Villa Borghese da Scimmietta e Cappellone, i piccoli lustrascarpe “spensierati, pratici, agguerriti e fantasiosi” (U. Pirro) il cui universo De Sica racconterà in Sciuscià. “Un giorno, si proponevano, avrebbero comprato un cavallo e intanto appena racimolavano il denaro sufficiente correvano al galoppatoio di Villa Borghese, fittavano un cavallo, montavano entrambi sulla stessa sella e si allontanavano al galoppo verso i viali del parco e a volte si spingevano fino a via Veneto per farsi invidiare dai loro coetanei, per vedere il mondo dall'alto” (U. Pirro, Celluloide).

Scatole di pasta. Scatole di pasta camuffate e un po’ di ghiaccio secco: queste le navi vichinghe che solcano i mari del Nord nelle decine di film a basso costo (la cui produzione non può durare più di un mese) girati a Cinecittà tra gli anni 60 e 70. I tempi dei kolossal americani sono finiti e i registi imparano persino a far trucchi visivi in macchina, cioè rigirando sulla stessa pellicola. Il fascino di certo nostro cinema fantastico e avventuroso dell'epoca nasce proprio da quest’abilità artigianale, da alcuni autori elevata a vera e propria estetica.

Case/1. La porzione del suo Teatro 5 destinata ai camerini e modificata da Fellini in modo da ricavarne un appartamento per sé, dove ricevere gli artisti con cui lavorava al momento ma anche amici e conoscenti da viziare coi piatti del ristorante preferito, che glieli teneva in caldo fino agli studi. Qualcosa a metà tra l’ufficio, il set e una casa.

Case/2. A metà degli anni 80 il cinema italiano tocca il record negativo, con soli 80 titoli prodotti in un anno e meno di 100 milioni di spettatori. La star del momento è la tv commerciale: a dominare l’intrattenimento del sabato sera degli italiani non è più la sala ma il quiz d’importazione, con Canzonissima e un Festival di Sanremo da tempo approdato sul piccolo schermo. Fino alla lunga serie di reality come il Grande Fratello, la cui casa si farà largo tra i teatri di posa e le monumentali scenografie di Cinecittà a partire dal 14 settembre 2000. Questi saranno però anche gli anni di alcune grandi produzioni nuovamente targate oltreoceano: è negli studi sulla Tuscolana che Francis Ford Coppola metterà a punto la terza parte de Il padrino (1990); e ci saranno poi Il gladiatore di Ridley Scott, Gangs of New York di Martin Scorsese, La passione di Cristo di Mel Gibson e To Rome with love di Woody Allen. Dal 2005 al 2007 un'emittente americana girerà a Cinecittà due stagioni della serie storica Roma; e sempre nei teatri di via Tuscolana vedranno la luce The Young Pope di Paolo Sorrentino e Il nome della rosa, il nuovo adattamento del romanzo di Eco diretto da Giacomo Battiato. Luna Nera di Netflix e Domina, che Sky manderà in onda dal 14 maggio, tra le serie più recenti.

Futuro. A ottant'anni dalla nascita e dopo due decenni di gestione privata, dal 2017 gli Studi di via Tuscolana sono di nuovo sotto il controllo pubblico. Gestito e coordinato da Istituto Luce- Cinecittà, quello che è un cantiere all'opera e che è stato battezzato Cinecittà Futura vede grandi opere di rinnovamento dei teatri di posa e la costruzione di nuovi spazi di ripresa, nonché l’edificazione del MIAC, il primo Museo Italiano dell’Audiovisivo e del Cinema (inaugurato nel dicembre 2019). Dal 2011 è possibile visitare gli studi acquistando un biglietto per la mostra permanente Cinecittà si Mostra, che accoglie ogni anno migliaia di visitatori: all’interno del percorso la mostra (anch'essa permanente) Felliniana - Ferretti sogna Fellini.

Articolata in due momenti distinti, la visita alla mostra nelle palazzine storiche e il tour guidato sui set permanenti, Cinecittà si Mostra è pensata per rendere fruibile a tutti il patrimonio artistico e culturale custodito al di là dell'iconica entrata sulla Tuscolana. Senza dimenticare che, sui prati verdi che circondano i teatri di posa, è possibile imbattersi nella testa di Venusia che affiora dal suolo o nella candida carrozza della Fata dai capelli turchini...

Venusia. Creata per Il Casanova di Federico Fellini, Venusia compare nella sequenza d'apertura del film, in una Venezia notturna e carnevalesca che la vede emergere per brevi istanti dalle acque del Canal Grande per poi inabissarsi sul fondo della laguna. Sebbene la scenografia e i costumi del film di Fellini siano firmati da Danilo Donati (che per questo lavoro si aggiudicò l’Oscar), la statua nasce dalla stretta collaborazione tra il regista e un altro scenografo, Giantito Burchiellaro. Fellini, che inizialmente aveva immaginato una polena affiorante dalle acque a mezzobusto, fu poi conquistato dall’intuizione di Burchiellaro: far emergere soltanto il volto e solo in parte, fino agli occhi, per accentuarne il senso di mistero e il fascino surreale. Ispirata alle creazioni dei carri di Viareggio e realizzata in polistirolo, gesso, legno dipinto e vetroresina, la Venusia è oggi uno dei più iconici testimonial degli Studios.

Sogni/1. La fabbrica dei sogni, Cinecittà secondo Federico Fellini.

Sogni/2. “Quando andavamo insieme a Cinecittà di mattina presto: Dantino, cosa hai sognato stanotte? Niente, non mi ricordo. Dopo una settimana ho cominciato a inventarmi i sogni, più o meno quello che avevo vissuto da ragazzino a Macerata, che mi buttavo sotto al tavolo per guardare le cosce della sarta... Lui sapeva benissimo che mi inventavo tutto” (Dante Ferretti ricorda Federico Fellini).

Corolle. In un teatro di posa, contro un muro bianco, il provino per I soliti ignoti di una giovanissima Claudia Cardinale, assediata dai vestiti a corolla delle altre ragazze.

Se. “Se non avessi girato a Cinecittà non mi sarei sentito un cineasta. Per me continua a essere il cuore del cinema” (Dario Argento).

Uomini. Il figlio di Anna Magnani, Luca, venuto al mondo nei giorni in cui Ossessione usciva sugli schermi. Luca portava il cognome di Goffredo Alessandrini, all'epoca ancora legittimo marito della Magnani, ma era figlio del suo giovane e freddo amante, l'attore Massimo Serato, uno di quegli uomini carucci, come lei definiva, “con pietosa indulgenza e accorata delusione, gli uomini della sua vita” (U. Pirro).

Spettatori/1. Il pomeriggio trascorso da Vittorio De Sica e Maria Mercader al cinema Odeon di Roma a vedere Sciuscià, confusi tra la (scarsa) folla di semplici spettatori sperduti in quella sala enorme e squallidamente vuota. All'uscita, il regista fu comunque riconosciuto da uno dei presenti, che gli si rivolse con biasimo: “Si vergogni di fare film come questi! Che diranno di noi all'estero?”.

Spettatori/2. All'inizio Roma città aperta avrebbe dovuto chiamarsi Storie di ieri. Il film cambiò titolo pochi giorni prima del 18 gennaio, giorno dell'inizio della lavorazione; o meglio, le riprese iniziarono nella notte tra il 17 e il 18, alla presenza attonita di Venturini, la preda sul cui finanziamento puntava all'inizio Roberto Rossellini (U. Pirro). Storie di ieri non piaceva a nessuno, e a un certo punto uno dei collaboratori, il comandante Civallero, “propose, per fortuna senza successo, Catene insanguinate. Catene si chiamerà invece un film melodrammatico che farà piangere tutta l'Italia. Al punto che in un paese delle Puglie gli spettatori, terminata la proiezione del film, pretesero con la forza di rivederlo e giacché il proiezionista nel frattempo se n'era andato a casa, un gruppo di spettatori andò a prelevarlo e lo costrinse a proiettare, per tutta la notte, il film con Amedeo Nazzari e Yvonne Sanson” (U. Pirro).

Visconti e cioccolataie. Il fratello di Luchino Visconti, legato sentimentalmente a una bellissima cioccolataia milanese di nome Lucia Bosè che aveva appena vinto Miss Italia, concorso tra belle ragazze organizzato da una ditta di dentifrici di proprietà appunto dei Visconti. Lui avrebbe voluto vederla protagonista di Domenica d'agosto, il film di Luciano Emmer con attori presi dalla strada (finanziato dalla Colonna film, ancora della famiglia Visconti), ma lei nel frattempo firmò con De Santis per il suo Non c'è pace fra gli ulivi. “Dopo Riso amaro che aveva lanciato nel mondo Silvana Mangano, De Santis aveva fama di grande Pigmalione, e tutte le belle ragazze aspiravano a lavorare nei suoi film” (U. Pirro).

Commenti/1. “Ogni notte sbuca un fregno”, il commento di Aldo Fabrizi all'improvvisa comparsa tra le tenebre del sergente americano che avrebbe insperatamente finanziato con 28.000 dollari le riprese di Roma città aperta.

Commenti/2. “Però che Paese! Anche i produttori fanno i soldati... Non è nemmeno ufficiale... E noi volevamo combattere contro questi!”, il commento di un macchinista.

Commenti/3. “Questo se vole scopa' quarcuna de voialtre”, il commento di uno dei presenti.

Titoli. Immediata vendetta di una donna uccisa dai tedeschi, il titolo di un articolo dell'Unità (all'epoca clandestina) sulla morte di Teresa Gullace, falciata dai tedeschi con una raffica di mitra mentre tentava di opporsi a un rastrellamento in cui era stato catturato il marito. Rimasto impresso nella memoria dello sceneggiatore Sergio Amidei anche per quel titolo insensato, l'episodio, poi raccontato all'amico Roberto Rossellini, fornirà lo spunto per il personaggio della sora Pina, la protagonista di Roma città aperta interpretata da Anna Magnani. All'inizio s'era pensato alla Calamai, che però Amidei detestava: per dissuaderla dall'accettare, lo sceneggiatore giunse persino a sottrarre di proposito alla scrittura sottoposta all'attrice - che insisteva a voler leggere tutto il copione prima di firmare - due scene che pure aveva già scritte e che vedevano protagonista appunto il personaggio della sora Pina. La Calamai, infatti, non accettò e la parte andò invece alla Magnani: che a suo tempo, incinta del figlio Luca, s'era vista defraudare del ruolo da protagonista in Ossessione proprio dalla rivale (“Se la sentirebbe di abortire?” la soluzione offertale all'epoca da Visconti). Una sorta di equilibrio a lungo cercato dall'attrice, che per anni visse il mancato ruolo come una ferita aperta.

Ruoli. La scenataccia della Magnani al telefono con l'infedele Massimo Serato, nell'appartamento a via dell'Amba Aradam, sulla Nomentana, alla presenza di Rossellini e Amidei e del produttore Peppino Amato. Fu assistendo a quello sfogo che il regista si persuase “che non poteva esserci altra sora Pina che lei: e quando, sfinita, la Magnani scoppiò in lacrime e si abbatté sul divano, Rossellini le passò le mani nei capelli, le asciugò le lacrime come se fosse una bambina e la Magnani lo lasciò fare... Aveva il telefono accanto per essere pronta a rispondere al primo squillo: sperava che Serato le telefonasse e nello stesso tempo era pronta a riempirlo di contumelie. A quel momento Rossellini tornerà a pensare quando volle realizzare con lei La voce umana di Cocteau: una lunga e disperata telefonata d'amore” (U. Pirro, Celluloide).

©Andrea MartellaEntrata Storica - ©Andrea Martella

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Paola Rocco

Paola Rocco

Autrice del romanzo giallo 'La carezza del ragno' e appassionata lettrice, scrive di mistery e venera Agatha Christie. Vive a Roma con il marito, la figlia e una gatta freddolosa detta Miss Poirot.

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