Un’estate a Borgomarina

Incontri

Un’estate a Borgomarina

| Flora Fusarelli

Enrico Franceschini ha iniziato a fare il giornalista a Bologna per poi diventare, per la Repubblica, corrispondente all’estero (New York, Mosca, Londra, Gerusalemme, Washington). Il lavoro gli ha così permesso di girare il mondo e di conoscerlo.
Nel 1988 inizia la sua carriera di scrittore. Nel 2011, con Bassa marea (Rizzoli), nasce il personaggio di Andrea Muratori – detto Mura – che ritroveremo nel 2021 in Ferragosto (Rizzoli) e poi nel libro uscito da qualche giorno: Un’estate a Borgomarina (Rizzoli).

 

Mura è un personaggio particolare, un ex giornalista.

«È uscito dal giornalismo ma il giornalismo non è uscito da lui e rimane l’argomento che gli fa più battere il cuore».

Sulla scia di questo grande amore – aiutato anche dalla passione per le giovani donzelle in pericolo – l’ormai pensionato Mura si improvvisa detective privato e, sarà la sua ex carriera di giornalista, sarà il guizzo della sua intelligenza vivace, riesce decisamente bene in questa sua attività post-pensionamento.
È un tipo dinamico, lo è sempre stato, e questo mal si associa alla grigia vita di un pensionato nel piccolo comune romagnolo di Bagnomarina dove tutto pare avvolto da una quieta routine e da una sonnecchiante quotidianità paesana. Eppure, anche in quel piccolo fazzoletto di case e di mare, pullulano le storie personali degli abitanti del luogo intrecciandosi e incrociandosi continuamente. Un luogo dove sembra che tutti conoscano vita, morte e miracoli di chiunque. Ma sarà davvero così?
La calma piatta di quell’estate viene scossa da un mistero: in quel principio d’estate, in una mattinata incredibilmente avvolta nella nebbia, nel porto canale viene ripescato il corpo di un uomo morto. È un noto imprenditore arricchitosi con metodi più o meno moralmente e legalmente accettabili: Amos Zoli. Da subito, le forze dell’ordine, capiscono che non si è trattato di un incidente e infatti viene arrestata, per quella morte, la presunta amante di Zoli.
È a questo punto che Mura, sollecitato dalla giovane e avvenente figlia del defunto, entrerà in scena per cercare la verità, dal momento che le indagini, che hanno portato alla cattura della presunta assassina, sono state condotte in maniera frettolosa e presentano numerose lacune che Andrea Muratori tenterà di colmare.
Ad accompagnare Mura, in questa ricerca della verità, ci saranno gli amici di sempre: Prof, Ing e il Barone con le relative consorti.
Durante queste indagini private si delinea la storia di un’amicizia – quella fra Mura e gli altri “tre moschettieri” – all’insegna della fiducia e della sincerità unite ad uno spirito di squadra e un’ironia tipici degli amici di vecchia data, legati da rapporti indissolubili. Tutti, ognuno con il proprio contributo, contribuiranno alla risoluzione di quel caso che appare sempre più intricato.

Devo confessarvi che la lettura di questo romanzo mi ha colpita sotto molti aspetti. La precisione maniacale dell’intreccio narrativo crea una storia senza crepe, i cui tasselli si incastrano in una perfezione armonica che inserisce a tutti gli effetti il testo nell’ambito del romanzo giallo. Questo aspetto, però, non toglie spazio alle descrizioni paesaggistiche che ci danno l’idea di trovarci in quei luoghi, in quei momenti:

«Borgomarina è diventata un fantasma, nascosta dietro la fitta cortina lattiginosa che ha inghiottito la città. Una di quelle nebbie autunnali in cui non si vede più niente, nemmeno a un metro di distanza [...] e questa materia ovattata da cui filtra soltanto qualche rumore, lo sciabordio delle onde contro le rocce, il rauco richiamo di un gabbiano, il cigolio delle gomene di una barca, dunque non può chiamarsi nebbia. Perlomeno, non nebbia autunnale. Foschia estiva, casomai».

Né toglie spazio alla delineazione dei personaggi, anche quelli “minori”, che appare particolarmente curata.
Ogni capitolo è poi corredato dal suggerimento specifico di una colonna sonora. Ho avuto dunque, durante la lettura, un sottofondo meraviglioso e piacevolissimo che ha accompagnato la storia adattandosi perfettamente alle atmosfere e alle situazioni narrate. Del resto, le pagine sono costellate di citazioni e riferimenti, non solo musicali ma anche letterari, cinematografici e televisivi.
Ad arricchire l’intreccio, una parte storica veramente originale – che collocherei a metà strada tra l’Umberto Eco de Il nome della rosa e il primo Dan Brown – che ci permette di immergerci nel mondo dei codici di Leonardo e di bearci della sua mente geniale e delle vicende del suo tempo. Argomenti anche seri che l’autore, magistralmente, tratta senza mai rinunciare a una giocosità di fondo, a un’ironia necessaria per rendere l’opera piacevolmente fruibile senza mai abbassare il livello narrativo.
Curiosa e desiderosa di saperne di più, voglio condividere con voi le risposte di alcune domande che ho posto a Enrico Franceschini: 

Chi è Enrico Franceschini?
Uno a cui è sempre piaciuto scrivere: ho cominciato da bambino, quando alle elementari la maestra diceva che avevo uno stile “da giornalista”, ho continuato da ragazzo, iniziando a collaborare con giornali locali bolognesi con articoli di sport, soprattutto basket, quando facevo il liceo, e da allora non ho più smesso. Fino alla laurea, presa in giurisprudenza senza mai pensare di utilizzarla per fare l’avvocato o qualcosa di simile, il mio sogno era fare il giornalista sportivo. Poi un viaggio on the road in America mi ha fatto sognare orizzonti più vasti e in pratica dal 1980 non sono più tornato a casa, in Italia, tranne che in ferie, per i primi anni come free-lance, ossia collaborando con diverse testate, quindi dal 1984 come corrispondente di Repubblica, da New York, poi da Washington, Mosca, Gerusalemme e Londra, dove vivo tuttora. Adesso sono andato in pensione ma continuo a scrivere su Repubblica. E strada facendo ho avuto la fortunata di coronare un altro sogno di quando ero bambino e ragazzo: raccontare storie, scrivere libri. Ne ho raccontate e ne ho scritti un bel po’, di narrativa e di saggistica. Per cui, come nelle fiabe, mi viene da concludere che i sogni a volte diventano realtà.

 In cosa si differenzia la scrittura del giornalista da quella del romanziere e quanto l’una influenza l’altra?
La differenza principale è che per i giornali bisogna scrivere in fretta, spesso di corsa, perché si tratta di cronaca viva, attualità, mentre per i romanzi bisognerebbe prendersi più tempo possibile. Devo dire che la scrittura veloce del giornalismo ha influenzato anche il mio modo di scrivere romanzi, anch’esso piuttosto rapido, anche perché appena finito uno ho già un’idea per scriverne un altro. Il mio modello è il grande Georges Simenon, di cui si diceva che scrivesse un romanzo in due settimane. Come testimonia l’aneddoto di Alfred Hitchcock che gli telefona per chiedergli i diritti cinematografici di un suo romanzo, risponde la segretaria dicendo che Monsieur Simenon sta finendo un romanzo e Hitchcock imperturbabile commenta: «Aspetto in linea». 

Se dovesse scegliere una definizione che meglio la rappresenta sceglierebbe quella di giornalista o scrittore? E per quale motivo?
Sceglierei quella di giornalista perché è l’identità che mi rappresenta più di ogni altra. Ma anche perché autodefinirsi “uno scrittore” mi sembra esagerato, per me come per parecchi altri che pubblicano libri. Scrittore è un termine impegnativo. Preferisco quello di giornalista che scrive anche romanzi. Del resto si dice che ogni giornalista abbia un romanzo nel cassetto. E la mia scrivania ha molti cassetti.

Quanto è importante per uno scrittore la lettura?
Per conto mio è la cosa più importante. Si impara a scrivere leggendo. Ti viene voglia di scrivere leggendo. Ho sempre letto moltissimo, fin da bambino, che si trattasse di giornali, per seguire le cronache del Bologna Football Club, la squadra della mia città, o di romanzi di Salgari. Leggere è la mia passione quanto scrivere. 

Perché tra le sue scelte narrative c’è anche questa del giallo?
Perché mi piace leggere i gialli e questo ha influenzato le mie scelte su cosa scrivere. Perché i gialli offrono una chiave per raccontare la realtà. E perché non sono più considerati narrativa di serie B, essendoci molti scrittori di gialli o noir o thriller o spy-stories, comunque li si chiami, di grande qualità. Aggiungo che personalmente prediligo i gialli in cui si dà molto spazio ai personaggi e all’atmosfera, più che all’intreccio poliziesco e alla soluzione del delitto. Insomma, preferisco il già citato Simenon, o l’americano Raymond Chandler, ad Agatha Christie.

Quanto di autobiografico c’è nel gruppo di amici di Mura? Sono ispirati a persone esistenti oppure li ha creati da zero senza attingere nulla dalla realtà?
C’è molto anzi, moltissimo di autobiografico. Mura è un giornalista in pensione che, dopo aver girato tutto il mondo per lavoro, torna a vivere in Italia in un piccolo borgo di mare: potrei essere io, certe volte penso che vorrei essere io e proprio per questo ho scritto tre romanzi su di lui, è un modo di vivere un’altra vita, forse la vita che desidero ma non ho il coraggio di fare fino in fondo. E i suoi tre amici sono i miei amici, i miei ex-compagni di scuola, in qualche caso con gli stessi nomi o soprannomi, certamente con gli stessi vizi, tic e caratteristiche. I miei gialli di questa serie sono anche delle commedie sull’amicizia, un critico li ha chiamati «Amici miei alla marinara». 

Quali sono i suoi progetti futuri generali e quali in ambito letterario? Le indagini di mura continueranno?
Come giornalista, continuare a scrivere sull’Inghilterra, sulla guerra tra Russia e Ucraina, sul Medio Oriente e sull’America, le quattro grandi passioni giornalistiche della mia vita. Per quel che riguarda i libri, ho varie idee e progetti anche molto avanzati nel cassetto, ma per scaramanzia non e parlo finché non vedono la luce. Quanto alle indagini di Mura, potrebbero fermarsi qui: se Dumas si è accontentato di una trilogia con I tre moschettieri, potrei ben fare altrettanto anch’io dal mio assai più modesto livello. Ma i moschettieri, come è noto, erano in realtà quattro, lo stesso numero degli amici protagonisti dei miei romanzi, per cui... potrei anche andare avanti.

 

 Un’estate a Borgomarina

di Enrico Franceschini
Rizzoli - 2022

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