“Nasconditi dai cieli con me”

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“Nasconditi dai cieli con me”

| Paola Rocco

Tratta dalla saga di Julia Quinn e rielaborata per lo schermo da Shonda Rhimes, la storia della regina Carlotta di Meclemburgo-Strelitz e del suo matrimonio con Giorgio III d'Inghilterra - spin-off della serie Bridgerton - è disponibile su Netflix dal 4 maggio scorso, per il prevedibile divertimento dei fan e l'altrettanto scontato disappunto dei cultori di un'aderenza storica di cui, anche in questo caso abbastanza prevedibilmente, La regina Carlotta non si dà eccessivo pensiero. Come, del resto, le due stagioni di Bridgerton che l'hanno preceduta, anch'esse lontane dal rigore documentaristico e felicemente dedite ad anacronismi di diverso spessore e natura, dalle musiche contemporanee adattate per violino alla diversità etnica nella scelta dei ruoli di potere: sebbene la pelle scura di Carlotta - caratteristica sottolineata con disappunto dalla regina madre Augusta di Sassonia (Michelle Fairley) - possa, stavolta, avere un fondamento storico. 

Secondo alcuni studiosi della diaspora africana, infatti, la sovrana potrebbe esser stata una discendente del re del Portogallo Alfonso III d'Aragona e di Madragana, la sua concubina mora (nel linguaggio dell'epoca, dalla pelle scura, africana, ma anche semplicemente musulmana), il che spiegherebbe la carnagione olivastra con la quale Carlotta venne raffigurata ad esempio nel ritratto eseguito da Allan Ramsay intorno al 1763. Il tutto potrebbe tuttavia esser frutto di una forzatura, una sorta d'ipotesi o profezia che si autoavvera: Ramsay, infatti, era un sostenitore dell'abolizionismo, e potrebbe aver accentuato le caratteristiche somatiche a favore di un'ascendenza africana della regina (comunque separata dalla presunta antenata da un minimo di sei a un massimo di quindici generazioni) perché ciò avrebbe giovato alla causa. 
A ogni modo la tesi di una Carlotta dalla pelle scura (“Davvero molto scura”, è il commento della regina madre, “potrebbe dar adito a chiacchiere”. “Voi eravate stata informata della sua ascendenza”, la replica del segretario) e, quindi, di un'ascendenza africana dei suoi eredi - come la regina Vittoria e la stessa famiglia reale - viene accolta dalla miniserie targata Netflix: che vede, appunto nei ruoli di Carlotta giovane e adulta, due attrici rispettivamente di origine ghanese e guyanese, India Ria Amartefio e Golda Rosheuvel. Entrambe a proprio agio nei panni della regina consorte più longeva della storia d'Inghilterra: incoronata il 22 settembre 1761, rimase in carica dall'8 settembre dello stesso anno al 17 novembre 1818, per un totale di 57 anni e 70 giorni. 

In ossequio alla propria natura di spin-off, la miniserie si avvale di continui andirivieni temporali: i tormentati esordi dell'unione tra Giorgio III (Corey Mylchreest) e Carlotta, gli accessi di follia del sovrano, la congiura del silenzio intessuta da regina madre e dignitari di corte, i malintesi tra i novelli sposi, la scoperta del vergognoso segreto del re da parte dell'intrepida Carlotta, la sua incrollabile solidarietà al marito, l'amore e la nascita dell'erede si alternano alle vicende che vedono protagonista una Carlotta ormai matura, alle prese con la marea montante della solitudine e con la sconfortante riluttanza dei tredici figli a sposarsi e a produrre un erede (“Io e vostro padre abbiamo prodotto quindici figli ed eravamo solo in due. Voi siete in tredici, potete riuscire a produrre un solo erede”). 
Sempre articolate su un doppio piano temporale prendono campo inoltre le storie di lady Violet Bridgerton (Ruth Gemmell) e lady Agatha Danbury (Arsema Thomas, da giovane, e Adjoa Andoh, da adulta). Ovviamente già protagoniste della miniserie Bridgerton, ne La regina Carlotta le due vedove di mezz'età cercheranno di chiudere finalmente i conti con i fantasmi dei rispettivi mariti (adorato quello di Violet, detestabile quello di Agatha), iniziando una nuova vita. Ormai ultracinquantenni e del tutto autonome dal punto di vista finanziario (entrambe sono riuscite a fronteggiare la propria improvvisa condizione di giovani donne sole, conservando intatti patrimonio, rispettabilità sociale e unità familiare; e anzi Violet, come la sovrana inglese sottolineerà con un pizzico d'invidia, negli ultimi due anni è riuscita a maritare ben due figli), le due appaiono tuttavia ancora malcerte da quello personale. Con l'inaspettato risveglio dei sensi di Violet, e i suoi nervosi tentativi di tenerlo nascosto persino all'amica di sempre; e il segreto che quest'ultima non ha mai rivelato a nessuno - la sua relazione, subito dopo la morte del marito, con un lord sposato e padre d'una bambina - e che Violet scoprirà infine per puro caso, grazie a una coroncina di cartone confezionata a mano a mo' di regalo di compleanno...

Il matrimonio è, naturalmente, un tema centrale ne La regina Carlotta: dalle nozze reali, che aprono le danze col fasto e la pompa dei fiori, dei valletti in alta uniforme e dell'abito nuziale (relegando inevitabilmente sullo sfondo l'unione in sé) al matrimonio vero e proprio, con i suoi giorni da trascorrere insieme per sempre. Il matrimonio perfetto di Violet Bridgerton - propiziato dal sacrificio di lord Ledger, il padre, che ha rinunciato alla relazione con una giovane vedova perché non vi fossero ombre sulla reputazione della figlia - fa da doloroso contraltare a quello di Agatha Danbury, legata a un uomo anziano, ottuso e preda di una costante frenesia sessuale che la considera poco più di un giocattolo. E c'è poi il matrimonio sotto vetro della regina stessa: che non è ancora vedova ma ormai da anni è come se lo fosse. Una farfalla chiusa in una teca.
I matrimoni delle tre donne si riflettono nelle tre camere nuziali che le vedono tutt'e tre sveglie nel cuore della notte: Violet si agita inquieta, voltando infine le spalle a quel cuscino identico al suo ma ormai da troppo tempo inesorabilmente vuoto; Agatha - che dopo la morte del marito ha cambiato stanza, sprofondando il talamo nuziale e l'odioso soffitto a fiori d'oro nel silenzio e nel buio - si alza e va a darle un'occhiata avvolta in un mantello e armata di una lampada accesa, un po' come se facesse visita a una tomba o scendesse in una cripta; la detestata prigione di un tempo è ormai da tempo fredda, spoglia, buia: e lei, soffiando bruscamente sulla fiamma della candela, sembra volerla riconsegnare definitivamente all'oblio. Mentre Carlotta, con i suoi cani - i teneri volpini di Pomerania, pronipoti del primo donatole da Giorgio - e il fedele valletto Brimsley appena fuori dalla porta, non può fare a meno di svegliarsi di soprassalto, rivolgendo all'altro subito accorso l'atterrita domanda: “È morto?”. 
“Se vostro marito fosse morto” oserà infine dirle, la notte di Natale, lo stesso Brimsley, il valletto che da quando la sovrana ha fatto il suo ingresso a palazzo non ha mai smesso di stare cinque passi esatti dietro di lei, “vi sareste addolorata, magari l'avreste pianto. Ma poi sareste andata avanti. Così, invece, siete rimasta bloccata”. Gli abiti di seta, le vertiginose parrucche sparse di polvere d'argento, il rosso e l'oro profusi a piene mani sull'albero allestito nel salone addobbato a festa (“Ci vuole molto più oro sull'albero, Brimsley. Molto, molto di più”): costosi espedienti per ingannare la frustrazione di chi da tempo non si sente più davvero vivo. 

E, all'opposto, la libertà di ricominciare di lady Bridgerton, chiacchierina e curiosa nel suo palco all'Opera (e abbigliata, per una volta, in rosso vino, un sollievo dopo le bracciate di vestitoni in broccato pastello appioppatile finora), che sbircia la monumentale sovrana e si chiede se anche lei possa ogni tanto sentirsi sola: e, nel caso, in che modo riesca a far fronte alla cosa. “Mi stai chiedendo se Sua Maestà abbia dei concubini?” è la replica di lady Danbury. 
Il padre è stato per Violet Ledger - altrimenti vittima di una madre arrivista e anaffettiva - un baluardo, propiziandone la felicissima unione con Bridgerton. Lo stesso non può dirsi per la sovrana, venduta dal fratello Adolfo alla regina madre Augusta di Sassonia e al di lei del tutto indifferente rampollo Giorgio (divenuto re a soli ventidue anni dopo l'improvvisa scomparsa del terribile genitore Federico II di Hannover, sembra che il neosovrano avesse chiesto ai dignitari di corte di selezionare una rosa di principesse tedesche protestanti, scegliendone infine una alla cieca). 
Eppure, quello di Giorgio e Carlotta è stato un matrimonio d'amore, e Giorgio ha amato la giovane moglie dal momento stesso in cui l'ha vista per la prima volta, aggrappata a un improbabile glicine e intenta a scalare il muro di cinta per fuggire da lui e da quel matrimonio. Poi ci sono state le nozze, con lo scialbo vestitino all'inglese imposto a Carlotta dalla suocera e audacemente sostituito, all'ultimo momento, con l'abito degno di una fiaba di Perrault comprato a Parigi; lo shock della prima notte di nozze, con la fuga di Giorgio e la solitudine di Carlotta in terra straniera; la visita di lei all'osservatorio, dove il giovane re tenta di circoscrivere nel recinto della ragione e dell'osservazione scientifica l'ansia fobica che lo travolge alla vista dei cieli; la scoperta della passione fisica, che travolgerà entrambi, e, subito dopo, quella degli accessi di follia che affliggono il marito da parte della sovrana; le torture inflitte a Giorgio dal medico di corte, il salvataggio di Carlotta, la nascita del primo dei loro molti figli - propiziata dal contadino Giorgio, che ama la vita dei campi e l'osservazione della natura e sa quel che si deve fare quando un puledro o un vitello si presentano podalici, salvando così la moglie e il bambino - e la definitiva accettazione del destino da parte della coppia.
“Sono fatto così. Sarò qui, a volte, e a volte invece... Hai un marito a metà. Una vita a metà. Sono un uomo a metà. Se vuoi lasciarmi, lo capirò”. “Se ciò che abbiamo è una metà” è la risposta di lei, “facciamo in modo che sia la metà migliore”.
“Per loro” spiegherà anche lady Danbury all'amica Violet, perplessa di fronte alla crudeltà di un destino che ha voluto, per due così perfetti amanti, l'insidia costante della follia, “la malerba fa parte del gioco”.
Ed è curioso, dunque, che pur avendo sperimentato la gioia e l'appagamento di un'unione felice, la sovrana non sia adesso in grado di riconoscerne la necessità per i propri figli. Il ruolo materno di Carlotta è stato spinto in secondo piano dall'ansia per le condizioni del marito e dalla conseguente necessità di adempiere da sola agli impegni di Stato: il consueto conflitto tra affetti familiari e obblighi legati alla corona (più volte citato, ad esempio in The Queen, a proposito della freddezza esistente tra Elisabetta II e il principe Carlo).  

L'ansia e la preoccupazione per la mancanza di un erede, spinti al parossismo dall'improvvisa dipartita dell'unica nipote, Carlotta Augusta del Galles (figlia del primogenito Giorgio e morta di parto a soli ventun anni), dalla moltitudine di figli illegittimi sparsi dai principi un po' in tutta l'Inghilterra e dall'apparentemente definitiva condizione di vecchie zitelle delle principesse, contribuiscono a rendere la sovrana insensibile e persino brutale. Con le astiose esortazioni rivolte alla prole, la tetra determinazione a posare per un ritratto di famiglia percepito come il ritratto di un fallimento, e lo sdegno sprezzante e frettoloso col quale, ancora la notte di Natale, liquida le tenere decorazioni per una casa delle bambole in versione festiva fatte a mano da una delle figlie.
“Ci ho messo il cuore” spiega sorridendo la ragazza, mostrandole il minuscolo copriletto a forma di cuore cucito per la camera nuziale (un gentile, affettuoso tributo, forse, alla fedeltà di Carlotta, all'amore tra lei e Giorgio). “Siete sposate? Potete forse ricamarmi un erede?” è la raggelante risposta della sovrana. 
Che tuttavia, di fronte all'insperato annuncio della gravidanza della nuora Vittoria, moglie del secondogenito Edoardo - la quale darà alla luce la futura regina Vittoria, altra sovrana quanto mai longeva che darà il suo nome a un'epoca - si piegherà infine a un abbraccio commosso (e un po' dubbiosamente restituitole dal figlio, evidentemente poco avvezzo a simili slanci). Per correre subito dopo dal marito a dargli la notizia: emozionante il dialogo tra i due, con lui, inaccessibile e tremante fino a un attimo prima, teneramente invitato dalla moglie a raggiungerla sotto il letto, da sempre il loro segreto rifugio dalla follia.
 “Vieni”, lo chiama Carlotta con dolcezza, “nasconditi dai cieli con me”. “Carlotta!... Bè... ciao. È bello incontrarti qui. Non hai scalato il muro”. “No, Giorgio. Non ho scalato il muro”.
“Edoardo diventerà padre?”. “Sì. Così la tua discendenza continuerà”. “La nostra discendenza”. “La nostra”.

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Paola Rocco

Paola Rocco

Autrice del romanzo giallo 'La carezza del ragno' e appassionata lettrice, scrive di mistery e venera Agatha Christie. Vive a Roma con il marito, la figlia e una gatta freddolosa detta Miss Poirot.

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