Agatha Raisin - L'albero delle streghe

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Agatha Raisin - L'albero delle streghe

| Paola Rocco

Sbatacchiato dal vento come un fantoccio, il cadavere dell'attempata zitella Margaret Darby viene trovato impiccato a un ramo dell'albero delle streghe, la quercia spezzata dal fulmine che domina il villaggio di Sumpton Harcourt, nei Cotswolds: poco più di un pugno di case, un gruppo di cottage assiepati attorno a uno stagno, dove un tempo pare fosse solita riunirsi appunto una congrega di streghe.

Dubbioso sulle capacità investigative della polizia, il ricco signorotto Edward Chumble decide di far luce sull'accaduto valendosi dei servigi di un'autentica celebrità del posto, la fascinosa Agatha Raisin: da qualche anno ormai proprietaria di un bel cottage col tetto di paglia e titolare di un'agenzia d'investigazioni nel vicino villaggio di Carsely (che non esiste, a differenza di altri luoghi della saga e ovviamente degli stessi Cotswolds, non a caso proposti come itinerari di Agatha Raisin dalle agenzie di viaggi).

Tuffatasi con entusiasmo in un'indagine che promette di rivelarsi ben più emozionante delle consuete ricerche su gatti smarriti e coniugi infedeli, la Raisin, affiancata dai suoi giovani collaboratori e dagli amici di sempre - l'affabile Sir Charles, l'ex marito James, la gentile signora Bloxby, la graziosa assistente Toni - cercherà di scoprire chi si nasconde dietro l'assassinio della Darby, inoltrandosi in un pericoloso universo dominato da una congrega di adoratrici del Maligno...  

Questo l'intreccio di Agatha Raisin - L'albero delle streghe, ventottesima avventura (pubblicata per noi da Astoria) dell'investigatrice nata dalla penna della prolifica scrittrice M. C. Beaton: pseudonimo di Marion Gibson (McChesney da nubile), nata a Glasgow nel 1936 e morta nel 2019, che con questo e altri nom de plume - Ann Fairfax, Jennie Tremaine, Charlotte Ward - ha pubblicato oltre 160 romanzi, sia rosa che gialli, e venduto più di venti milioni di copie in tutto il mondo. In particolare, appunto come M. C. Beaton, le saghe mistery di Agatha Raisin e Hamish Macbeth, entrambe oggetto di riduzioni radiofoniche e televisive (la fiction più recente sulla Raisin, prodotta nel 2014 nel Regno Unito, è andata in onda anche in Italia).

Cinquant'anni ben portati (anzi, nel primo dei numerosi romanzi che la vedono protagonista, Agatha Raisin e la quiche letale, ne ha cinquantatré), il cottage, i gatti, l'eleganza da londinese insidiata da un'incauta propensione per le ciambelle e le robuste colazioni all'inglese, la Raisin è stata una bambina trascurata e poverissima: figlia di una coppia di alcolizzati, devoti ai taccheggi e al sussidio di disoccupazione, è nata in un fatiscente palazzo di Birmingham. E, un po' come Precious Ramotswe, la simpatica investigatrice del Botswana nata dalla penna di Alexander McCall Smith, ha alle spalle un matrimonio disastroso (con le violenze subite dal primo marito, la fuga a Londra e quell'impiego da segretaria che ha segnato l'inizio della sua nuova vita).

Perciò, malgrado l'agiatezza e i brillanti risultati conseguiti, è un'anima inquieta, facilmente abbagliata e sedotta, come spesso capita alle anime inquiete, dall'iconografia della serenità: il fiabesco paesaggio dei Cotswolds, i cottage dal tetto di paglia, il tè a casa del vicario; e quelle ricorrenti fantasticherie su un uomo che si prenda cura di lei, facendosi scudo a ogni turbamento...

Ma le belle stanze dai pavimenti di pietra sono spesso gelide, le stufe di maiolica non partono se non rovesciandogli addosso litri di acquavite e dal tetto di paglia bionda - una gran seccatura, del resto: molto meglio la scura praticità dell'ardesia - provengono sussurri sinistri... Mentre il corposo rosso californiano servito a cena si rivelerà scaturito da un cartone e le setose ciambelle comprate quasi per sfida da un'Agatha insofferente agli anni che passano (a dispetto degli ammonimenti di quell'insopportabile di James, l'autoritario e colpevolizzante secondo ex marito) le verranno sottratte in buona fede dall'ospite di turno, persuasa che si tratti di un regalo...

Di fatto ne L'albero delle streghe il cibo è spesso ingannevole, frustrante, doppio. Con quelle ciambelle - sì, ancora ciambelle... - consumate in ufficio dai giovani collaboratori dell'agenzia, spensierato festino offerto agli occhi affamati di Agatha; le corpose colazioni al pub (uova e bacon, quando va bene: ma nel tremendo pub delle due streghe di Carsely, insospettite dall'arrivo della Raisin, accanto all'uovo fritto alloggerà uno sputo); e quell'incombente, totemico vino in cartone che spunta fuori di continuo; e, ancora, i tè nella cucina della canonica, con quel domestico gin di prugnole offerto a cuor leggero al posto di più blasonati beveraggi alla stessa Agatha e agli altri ospiti - ma l'ex ragazzina del palazzone di Birmingham non potrà fare a meno d'invidiare quella disinvolta complicità tra pari, quel codice condiviso...

In altra occasione è un'altra consorte di pastore, la gentile e sagace signora Bloxby, vecchia amica della Raisin, a offrire all'angustiata Molly un caereccio vino di tarassaco che contiene un sacco di zucchero: come direbbe Miss Marple, dispensatrice seriale di bicchierini di cognac, rimedio sovrano contro gli shock (più di recente, l'assai più giovane ma già riccamente brutalizzato Harry Potter inghiottirà distese di dolci e tavolette di cioccolata, comprovato antidoto ai dissennatori che lo perseguitano).

Ai vari tè dalle mogli di pastore e qua e là dove la sospingono le sue intuizioni investigative, comunque, sovente l'ex proletaria Agatha ci va con l'amico, e occasionalmente amante, di sempre: l'inafferrabile Sir Charles Fraith (“Charles entrava e usciva dalla sua vita, indifferente e inafferrabile come un gatto”). Che è un vero baronetto, come una delle tante signore del posto s'affretterà ad accertare interrogandolo di persona, in pratica appena varcata la soglia: e condivide con Agatha un rapporto basato, anch'esso, sull'equivoco e il fraintendimento.

Con quei croissant e quel mazzo di fiori che uscirà a comprare all'alba dopo la notte trascorsa con lei: che, svegliandosi sola, penserà subito male e se ne andrà di casa maledicendo lui e se stessa. Mentre lui, a sua volta rientrato in una casa vuota, penserà subito male e getterà i fiori nella spazzatura, spazzolandosi immusonito tutti i croissant e maledicendo lei e sé stesso.

Da tempo single, la Raisin vorrebbe innamorarsi, perché quando era in fissa per un uomo, riusciva a dimenticare quanto bassa fosse la propria autostima e ad avvilupparsi in rosee e accoglienti fantasie. Ha avuto un'infanzia difficile, l’abbiamo detto, è stata povera: i Cotswolds, i dolci, rassicuranti Cotswolds, li ha visti per la prima volta in gita con la scuola (decidendo lì per lì che un giorno sarebbero stati suoi).

E in lei serpeggia forse una sottile inquietudine, la sensazione d'aver diritto a un risarcimento, d'essere in credito. Così lo scintillante studio di Mayfair non basta a non farle sognar la campagna, dove alla fine deciderà di trasferirsi; e il successo, il lavoro e gli amici non la salvano dal sentirsi una single insoddisfatta, e persino dal provare un'occasionale nostalgia per quel bel tomo di James Lacey - “... il suo viso era sempre leggermente abbronzato, e questo metteva in risalto l'azzurro degli occhi” - il fascinoso ma giudicante e castrante secondo marito. Talmente pronto a prendersi cura di lei da spingerla ad abbandonare l'agenzia e da criticarne il gusto nel vestire e la vitalistica propensione alle ciambelle (il paternalismo/maschilismo puritano, oppressivo: altro tema presente nel romanzo).

Trasferitasi dunque nei Cotswolds e ben presto al centro di una fitta rete di relazioni, Agatha ha imparato a far partire la stufa versandoci sopra una tazza di acquavite e a diffidare dei tetti di paglia come costosi e faticosi da mantenere. A differenza del piagnucoloso e nel complesso inerte circondario che le fa ala in questo Albero delle streghe, la pugnace cinquantenne (“... una donna vestita elegantemente, dalla figura gradevole e con le gambe lunghe, e piccoli occhi ursini”) è insomma una lottatrice, una abituata a imporre il suo mood. Malgrado, o forse proprio grazie a, quella tendenza al sogno, quell'insoddisfazione sottile e a volte incauta che i suoi benintenzionati, ma in fondo miopi, conoscenti s'ingegnano di contrastare: consigliandole, come già Charles una memorabile sera, di smetterla di fantasticare e andare a letto presto.

Ma quelle stanze fredde, quel paese in fondo ostile - o comunque da conquistare - sotto il suo duro smalto di bellezza e nitore, s'inquadrano a pieno titolo in un altro tema di fondo di questo e di altri romanzi della Raisin: quello, appunto, dei sogni ingannevoli, delle aspettative ciecamente coltivate, puntualmente deluse e finalmente rimodulate in chiave forse più realistica. In breve, dei falsi miti.

Siamo nei Corswolds!” si lagna Agatha, di fronte all'ennesima stortura. “In tutti i sogni di trasferirmi qui vedevo solo persone equilibrate e perbene”. “E infatti ce ne sono molte” ribatte la signora Bloxby, una che doveva aver già visto e sentito di tutto, senza turbarsi; e che, in quanto moglie di pastore, è abituata a sentirsi raccontare cose che la gente non avrebbe confidato a nessun altro (in altre parole di nuovo un po' come Miss Marple, la Bloxby è abituata a confrontarsi col reale, e ad accettarlo). La stessa signora che, di fronte alla sbrigativa e un po' sprezzante conclusione dell'amica riguardo le streghe locali - un gruppo di rintronate in menopausa che si divertono a giocare - non esita a ristabilire il giusto approccio cognitivo: “Sono adepte del male. Qualcuno, o qualcuna, le sta usando probabilmente” (la presenza del male, altro rintocco agathiano).

I cottage, il tè delle cinque, le fragole con la panna, i pomeriggi a casa del vicario, i ceppi che ardono nel camino e i gatti acciambellati sul divano (che tuttavia qualcuno al culmine delle indagini consiglierà di portar via perché potrebbero essere in pericolo, vittime di una rappresaglia o vendetta che sia): questa campagna inglese a mezza strada tra il paradiso perduto della Christie e il sorridente universo di Woodehouse, di fatto ricorda assai di più il sinistro microcosmo descritto da Fay Weldon nel suo La trappola.

Ne l’Albero delle streghe, il Paradise lost cantato dalla Christie - partite di croquet sui prati, tornei di cricket sui campi, e fragole e panna e tutto il resto - ha esercitato il proprio ingannevole incanto pure sull'ambizioso e a sua volta traumatizzato Sir Edward Chumble, ex ambasciatore trasferitosi nei Cotswolds con la moglie Tiffany dopo una non meglio specificata terribile esperienza nel cuore dell'Africa.

Che, fermamente intenzionato a interpretare il ruolo del signorotto locale, ha dovuto però constatare la totale mancanza d'interesse dell'high society del posto, riunitasi malvolentieri sotto il suo tetto per un'imbronciata cenetta a base di chiacchiere stentate e l'immancabile vino in cartone: il prestante pastore di Sumpton Harcourt, Rory, con la sua bella moglie Molly; un'amica di Tiffany, una tipa stramba che sembrava sempre di pessimo umore; un giudice avanti negli anni; e due giovani vivaci, Brenda e Bengy Gentry, che in realtà avevano passato i quarant'anni.

Di ritorno a casa dopo la distopica seratina a casa Chumble, a imbattersi nel cadavere dell'attempata zitella saranno proprio il pastore e sua moglie: pure loro, al pari di Sir Edward, sedotti dall'idea di un'idilliaca vita campestre, dopo gli anni difficili trascorsi in una parrocchia dell'East End invasa da giovinastri e un'ultima aggressione della quale non avevano nemmeno il coraggio di parlare...

Programmaticamente ispirato a un universo agathiano declinato per antifrasi (“La defunta Agatha Christie si sarebbe stupita nell'apprendere di essere destinata a essere la rovina di alcune cene signorili: la gente diversamente intelligente quando si trasferisce nei Cotswolds può diventare seguace del vivere come si vive nei villaggi, e per farlo si ispira a ciò che si legge nei suoi libri...”), quello della Raisin è infine un mondo brillante, ma disilluso. Con quelle streghe di paese che, nella succinta disamina del sociopatico Bengy, potrebbero far soldi solo che acconsentissero a disfarsi dei loro cottage e invece tirano avanti vendendo sostanze e celebrando sabba caserecci; con quel villaggio triste, gelido rifugio per coscienze turbate, stanche; e quel passato terribile di cui nessuno ha voglia di parlare e che tuttavia non si lascia cancellare...

Agatha Raisin - L'albero delle streghe

Agatha Raisin – L’albero delle streghe

di M.C. Beaton
Astoria (2021)

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Paola Rocco

Paola Rocco

Autrice del romanzo giallo 'La carezza del ragno' e appassionata lettrice, scrive di mistery e venera Agatha Christie. Vive a Roma con il marito, la figlia e una gatta freddolosa detta Miss Poirot.

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