Italia-Francia, l'ultima notte felice

Referenze

Italia-Francia, l'ultima notte felice

| Giuseppe Di Matteo

Certe case editrici sono una garanzia. È il caso di 66thand2nd, l'Adelphi della saggistica sportiva. Per rendersene conto basta leggere il freschissimo Italia-Francia, l'ultima notte felice di Stefano Piri (176 pag. 15 euro), che ci riporta all'ultimo momento di autentica gioia collettiva vissuto dal Belpaese: la finale del campionato del Mondo vinta a Berlino nel 2006 contro i Francesi. Una grande soddisfazione, certamente. Anche perché i Blues ci avevano inferto negli anni non poche delusioni, "scippandoci" pure un Europeo accarezzato a lungo grazie a una prodezza di Trezeguet nei tempi supplementari (allora valeva la regola del golden gol). Eppure nella memoria degli Italiani si è cristallizzata un'altra diapositiva: il 2-0 rifilato pochi giorni prima alla Germania in quel di Dortmund, casa del monumentale Westfalenstadion. Una vittoria carica di infinite suggestioni: prevalere sui Tedeschi significava staccare il biglietto per la finale di Berlino, ma simboleggiava anche il riscatto sociale di un popolo di emigrati che continuava ad amare la patria da lontano. La finale viene dopo, e non solo temporalmente. Il ricordo di Italia-Francia, infatti, è un po' come quello di Vittorio-Veneto nella Grande guerra. Dortmund però non è nemmeno lontana parente di Caporetto, anche se paradossalmente di quella disfatta parliamo molto di più.

Si poteva raccontare Italia-Francia in tanti modi. Piri ha scelto di farlo non accontentandosi del mero dato cronachistico ma chiedendo aiuto alla letteratura. Il risultato è la piccola Iliade di una notte magica, di cui però abbiamo conservato solo alcuni frammenti mettendone da parte molti altri. E se l'immortale capolavoro attribuito a Omero comincia con una disputa tra due uomini (Achille e Agamennone che si contendono Briseide), lo stesso fa Piri nel suo poema epico, che getta nella mischia eroi e personaggi meno nobili. Il big bang è la testata rifilata da Zidane a Materazzi durante la finale. Probabilmente l'immagine dell'intero torneo che la Storia ci restituisce con maggiore insistenza e che l'artista Adel Abdessemed si è preso pure la briga di immortalare in una scultura bronzea di oltre 5 metri.

E tuttavia c'è dell'altro. Prima della festa, prima della vittoria, prima della testata di Zidane a Materazzi, prima dello stesso Mondiale c'è un groviglio di destini e di personaggi, di cui l'autore canta allori e rovesci, che si incastrano in un mosaico incredibilmente perfetto. Piri parte da qui e offre al lettore un racconto avvincente andando a scavare nei meandri del rimosso. La sfida finale di Berlino ne esce trasfigurata: non più punto d'arrivo, ma epifania di un viaggio costellato di ferite che ci obbligano inevitabilmente a guardarci allo specchio: «Non saremmo intellettualmente onesti nei confronti della vittoria nel Mondiale del 2006 se ci limitassimo a canticchiare po-popo-po-po-po-po senza riconoscere che quel trionfo è anche il frutto dolcissimo di un sistema dopato e per certi versi marcio, governato da figure brillanti ma controverse come Gaucci, finanziato da imprenditori di Stato le cui fortune hanno origine misteriosa e probabilmente in molti casi erano il frutto di giochi di scatole cinesi, come del resto una parte significativa della ricchezza italiana in quelli che oggi ricordiamo come anni di grande spensieratezza e benessere». Piri prende un pezzo di storia italiana, la fa accomodare sul lettino e la sottopone a un lento processo di psicoanalisi. Alla fine è il lettore, con le parole di chi scrive, a trarre l'ovvia conclusione: «Non è difficile, volendo portare il gioco di specchi tra calcio e società alle estreme conseguenze, ripensare a quella del 9 luglio 2006 - coi caroselli per strada e la grande festa al Circo Massimo - come all’ultima notte felice d’Italia, il momento più luminoso di una stella che in realtà, al punto di origine, si era già spenta».

A spegnerla ha contribuito anche l'infamia di Calciopoli, uno dei più grandi scandali della nostra storia recente, che però è stato rimosso con stupefacente nonchalance. Gli antichi carnefici si trasformano in santi. Ai fischi e agli insulti si sostituiscono gli applausi. Un modo di fare molto italiano che Piri smaschera con la sua personalissima biografia della finale (e dei nostri vizi). E non per caso, tra le tante cose che abbiamo dimenticato c'è pure un frame significativo ma passato quasi inosservato. Ha la sagoma di Gigi Riva e la potenza di un gesto rivoluzionario. L'ex campione azzurro, che avrebbe dovuto accompagnare gli eroi di Berlino al Circo Massimo per celebrare il trionfo, all'ultimo decide di scendere dal pullman e di tornarsene a casa. Il perché di quella decisione è scolpito nelle parole di un altro Gigi, Buffon: «Ricordo che Gigione (Riva, ndr), da bastian contrario duro e puro com’è sempre stato, nel momento massimo della festa soffriva nel vedere che il nostro pullman, il nostro carro come si dice in gergo, era pieno di gente che magari ci aveva abbandonato a noi stessi. Anzi: ci aveva anche rinnegato».

 

 

Italia-Francia, l'ultima notte felice

di Stefano Piri
66thand2nd (2021)

Condividi su

Contattaci

  • Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.


©2021 Massi Dicle. All rights reserved.
Privacy & Cookie policy.
Powered by microcreations.it