Il commissario Ricciardi, la fiction (foto dal web)

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Il commissario Ricciardi, la fiction

| Paola Rocco

Successo di pubblico e critica per Il commissario Ricciardi, la serie tratta dai romanzi di Maurizio de Giovanni trasmessa lo scorso febbraio su Raiuno, che in più di un caso ha sfiorato i sei milioni di spettatori. 

Prodotta da Clemart-RaiFiction, articolata in sei episodi e sceneggiata dallo stesso autore con Salvatore Basile, Viola Rispoli e Doriana Leondeff, questa prima stagione è stata girata nel 2019 tra Puglia e Campania per la regia di Alessandro D'Alatri (che ha già diretto pure I bastardi di Pizzofalcone, sempre di de Giovanni, sorta di gallina dalle uova d'oro al quale la Rai ha attinto anche per Mina Settembre). Già prevista una seconda serie, come confermato dalla direttrice di RaiFiction Maria Pia Ammirati a la Repubblica.

Convincente l'interpretazione del protagonista offerta da Lino Guanciale: più maturo del personaggio letterario, l'appena trentenne Luigi Alfredo, commissario della regia questura nella Napoli del ventennio fascista (nato il primo di giugno del 1900 a Fortino, feudo dei baroni di Malomonte). E malgrado ciò, in grado di dar spessore e consistenza alla personalità ombrosa, tormentata e schiva del commissario che vede i fantasmi.

Che, poi, più che di fantasmi sembrerebbe trattarsi di impronte psichiche: non ombre o spiriti quindi, nel senso comune del termine, ma piuttosto una sorta d'impressione lasciata dal defunto sulla lastra del mondo prima d'abbandonarlo per sempre. Materiate, per così dire, dell'ultima intensa emozione, dell'estremo palpito di vita di chi è all'improvviso costretto a lasciarla, queste impressioni ripetono al solo Ricciardi le proprie enigmatiche filastrocche...

Discutibile privilegio trasmesso al piccolo Luigi Alfredo dalla madre, la baronessa Marta Ricciardi di Malomonte (Chiara Conti), morta giovanissima lasciandolo alla maternità vicaria della tata cilentana Rosa (Nunzia Schiano), che ha accudito il commissario fin da bambino seguendolo infine a Napoli, nella grande casa di via Santa Teresa. 

Condannato a quel che lui chiama Il Fatto, cioè appunto ad ascoltare l'ultimo pensiero di chi è stato strappato alla vita, con estremo sconforto della vecchia tata Ricciardi ha da tempo deciso di non sposarsi mai e tuttavia s'è innamorato perdutamente della ragazza della finestra di fronte, la timida Enrica Colombo (Maria Vera Ratti). A sua volta innamorata di lui e in attesa, ogni sera, dello sguardo del commissario per un privatissimo rituale amoroso.

Bruscamente interrotto, però, e insidiato dall'arrivo in città della bellissima Livia Lucani, vedova Vezzi (Serena Iansiti). Un tempo celebre artista lirica e adesso personaggio di punta dei salotti della capitale (oltre che intima amica della primogenita del duce, Edda), la donna, non più giovanissima ma dall'intatto potenziale seduttivo, s'è incapricciata del commissario durante le indagini relative all'assassinio del marito, il celebre tenore Arnaldo Vezzi (ne Il senso del dolore, la prima indagine di Ricciardi).

Il 1931 è l’anno in cui si svolgono le prime quattro avventure del commissario, una per stagione: inverno (Il senso del dolore), primavera (La condanna del sangue), estate (Il posto di ognuno) e autunno (Il giorno dei morti). Per ritornare alla primavera del '32 con Vipera e poi all'estate, con l'ultima indagine de In fondo al tuo cuore

Agli appassionati cultori della serie non sarà sfuggita la soppressione d'uno dei capitoli, Per mano mia, ambientato nel Natale del '31 e dunque anteriore a Vipera, la cui trasposizione sembra sia stata destinata alla seconda stagione.

Nell'apripista Il senso del dolore Vezzi viene trovato morto nel suo camerino con un grosso frammento di vetro conficcato nel collo. Ritta accanto al cadavere, l'immagine del tenore sussurra al solo Ricciardi una celebre aria: “Io sangue voglio, all'ira m'abbandono, in odio tutto l'amor mio finì...”. 

Epigrafe estrema lasciata sul limitare dell'esistenza da uno a cui questa stessa esistenza è stata strappata con la forza: per fame o, forse, per amore, le due passioni alla radice di ogni delitto, nella particolare filosofia del dolente commissario. 

Così come il proverbio ossessivamente ribadito dalla cartomante massacrata nel suo studio al rione Sanità (La condanna del sangue), l'ansioso interrogativo sulle labbra della duchessa uccisa a pistolettate (Il posto di ognuno), il tenero ricordo dello scugnizzo avvelenato (Il giorno dei morti), l'affettuoso nomignolo riecheggiato dalla prostituta soffocata col cuscino (Vipera). E poi Sisinella, quel nome di donna associato ancora all'amore nell'ultimo pensiero del professore gettato giù dalla finestra (In fondo al tuo cuore)... 

Il tutto sullo sfondo d'una Napoli affollata e livida, sospesa tra l'effimero fasto del posticcio restyling mussoliniano e la profonda miseria che si annida nel cuore selvaggio della città.

Ad aiutare il commissario nella ricerca delle motivazioni e dei responsabili di tutte queste morti, il fedele luogotenente, il brigadiere Raffaele Maione (Antonio Milo), a cercare di capire. Col puntuale supporto del medico legale dall'antifascismo conclamato Bruno Modo (Enrico Ianniello) e quello, non meno cruciale ma più discreto, di Bambinella (Adriano Falivene), il femminiello legato al brigadiere da un debito di gratitudine cui Maione periodicamente chiede informazioni: inerpicandosi ansimante fino alla stanzetta affacciata sui tetti dove l'altro l'aspetta in vestaglia e sottoveste, prodigo di ultime notizie e surrogato appena fatto...

Mentre a render più complicata la ricerca della verità ci saranno le impastoianti remore del vicequestore Garzo (Mario Pirrello), pavido funzionario devoto al regime, fin dall'inizio paralizzato dal timore di disturbare gerarchi e personalità in vista con un'inopportuna dedizione all'attività investigativa. E ulteriormente provato dall'improvviso materializzarsi a Napoli dell'enigmatico Falco (Marco Palvetti): funzionario della polizia segreta piazzato alle costole della Vezzi col pretesto di vegliare sull'incolumità della donna, trasferitasi in città per condurre sul campo la seduzione di Ricciardi. 

Ambientazione, costumi, scenografia, in generale la cura con cui si è tentato di ricreare l'atmosfera, a un tempo sfarzosa e cupa, della Napoli del ventennio fascista: questi gli indiscutibili plus della serie Rai, nel complesso ambiziosa e ben confezionata. Che tuttavia in alcuni episodi contrae in modo eccessivo tempi e modi della narrazione, sottraendo spessore a qualche personaggio e rendendo poco circostanziata la soluzione. 

Menzione di merito ai costumi di Alessandra Torella: iconico il trench grigio spettro di Ricciardi (forse un po' meno il ghirigoro di capelli costantemente aggettante sul sopracciglio). E perfetti gli abitucci teneramente dimessi della ragazza Enrica, in costante contrappunto con la sensualità navigata e banale dei paltò con pelliccia della predatrice Livia.

D'effetto anche la bella fotografia di Anna Camerlingo e la scenografia anni ‘30 firmata da Carlo De Marino: l'ufficio di pura rappresentanza dove l'imbelle vicequestore tesse le sue trame d'ascesa sociale, col pavimento tirato a lucido e i tavolini gemelli da salotto borghese (e quel bassorilievo sullo sfondo, con degli schiavi in catene...); la cucina dove una solitaria ragazza da marito siede ogni sera a occhieggiare quella finestra dalle tende chiuse; le strade velate dalla pioggia di marzo, lo spoglio cortile della questura, il caldo scintillio del Teatro San Carlo, i miseri bassi dei Quartieri Spagnoli...

E ancora, la soffocante stanzetta della cartomante, gli ariosi cortili dei palazzi nobiliari, le colazioni al Gambrinus, le scalinatelle della città vecchia. E le mani di Ricciardi perennemente affondate nelle tasche del soprabito: Ricciardi che ha imparato a dissimulare così la propria emozione all'imbattersi nel Fatto, come spiega lo stesso autore. 

Tra gli interpreti, oltre a quella di Guanciale, ottime le prove di un Mario Pirrello dai fulminei voltafaccia e di un Antonio Milo particolarmente efficace nel rendere l'ingarbugliata situazione esistenziale del personaggio. Dalla dolorosa crisi con la moglie Lucia (la brava Fabrizia Sacchi) ne Il senso del dolore, al luminoso recupero de La condanna del sangue, passando per la torturante gelosia de Il posto di ognuno e il sospetto di tradimento di In fondo al tuo cuore

Efficaci anche Serena Iansiti/Livia Lucani, testarda sirena comparsa sul cammino di Ricciardi per trarlo in salvo invece di lasciarlo affogare tra i flutti della sua tempestosa esistenza; e poi la tenera e buffa Enrica Colombo/Maria Vera Ratti, la toccante tata Rosa/Nunzia Schiano, il disincantato Bruno Modo/Enrico Ianniello. Senza dimenticare un ipnotico Peppe Servillo nei panni di don Pierino, il piccolo prete amante dell'opera della Chiesa di San Ferdinando

E l'efficacissimo Falco/Marco Palvetti, inquietante nel suo enigmatico mezzo profilo, nelle frasi sussurrate all'orecchio dell'attonita Livia. Iconico nei suoi completi scuri, nella voce smerigliata e vagamente echeggiante e nei capelli lucenti di brillantina a incorniciare il viso d'un innaturale pallore, un po' in stile Rosa purpurea del Cairo in questa serie Palvetti sembra appena uscito da un film di Camerini o dalle pagine di Pitigrilli... 

Maggiori approfondimenti nella recensione dei singoli episodi.

 

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Paola Rocco

Paola Rocco

Autrice del romanzo giallo 'La carezza del ragno' e appassionata lettrice, scrive di mistery e venera Agatha Christie. Vive a Roma con il marito, la figlia e una gatta freddolosa detta Miss Poirot.

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