Nathalie: “Camper Diem” e nuovo album

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Nathalie: “Camper Diem” e nuovo album

| Rita Cioce

Ho conosciuto Nathalie alcuni anni fa, in un locale a Roma dove mi trovavo per ascoltare il concerto di amici in comune. In quell'occasione cercai di fare conversazione, ma con scarso successo: le mie chiacchiere non avevano fatto colpo, oppure lei era solo molto timida. Oggi, a distanza di anni, colgo l'occasione per chiederglielo e lei ridendo mi risponde: "Timida? No dai, non più tanto e non come prima almeno" Allora le snocciolo il fattaccio e angelicamente mi dice: "Mah forse mi hai beccato in un momento particolare, io sono socievole perché la timidezza è legata ad altri contesti, però sì a volte non mi apro immediatamente".
Ad onor del vero, devo dire che quando ho contattato Nathalie per chiederle questa intervista non ero certa che si ricordasse di me. Iinvece non solo se ne ricordava, ma è stata di una disponibilità squisita, persino quando mortificata ho dovuto rimandare il nostro incontro per un blackout improvviso nella zona dove abito: lei mi ha immediatamente rassicurato, fissando una seconda data. Perché vi dico questo? Perché la prima cosa che c'è sapere di Nathalie è che, nonostante il suo successo e il suo talento, si tratta una persona umile e molto dolce: non credo siano doti attribuibili a qualsiasi artista e per questo vanno sottolineate.
Il suo percorso è stato lento e, come abbiamo scherzosamente detto durante il nostro incontro virtuale, pieno di "pane e sudore" o, se preferite, “non privo di una lunga gavetta”. Prima di approdare e vincere X Factor con il brano In punta di piedi, Nathalie nel 2010 aveva alle spalle molti anni di serate nei locali e aperture di concerti. Non solo! Aveva partecipato a molti festival e concorsi vincendo il Premio Demo – Siae e il MArteLive, riuscendo così ad aprire i concerti di Marco Parente, Cristina Donà, Max Gazzè; partecipato alla colonna sonora del film Trappola d’autore di Franco Salvia nel 2009 e della serie televisiva Crimini del 2010.
Nel 2011, l'anno dopo la sua partecipazione al talent, ha conquistato il settimo posto al Festival di Sanremo con il brano Vivo sospesa, che ha dato poi il nome al suo primo album di inediti ha lo stesso nome del pezzo portato a Sanremo.
Due anni dopo Nathalie è tornata con il secondo album, Anima di vento, che conteneva il singolo Sogno d’estate, frutto della collaborazione con Raf. L’album si pregiava anche di un duetto con Franco Battiato dal titolo L’essenza, col quale ha vinto il Premio Lunezia per il miglior testo.
Nel 2014 ha pubblicato la cover de L’anamour, di Serge Gainsbourg, per il cortometraggio Dirsi addio, tratto da un racconto della scrittrice Chiara Gamberale. Nel 2018 ha pubblicato il suo terzo album, Into the flow.
L'abbiamo poi vista recentemente anche fra i 100 giudici della sfida musicale All together now, andata in onda su canale 5.
Ma Nathalie non ha mai smesso di creare musica e oggi la incontriamo per discutere insieme a lei del suo percorso artistico e per farci raccontare i nuovi progetti che bollono nella sua pentola.

Se chiedi a un bambino: "Cosa vuoi fare da grande?", probabilmente ti risponderà che vuol fare l'astronauta, il calciatore, il cantante e sono effettivamente nell'immaginario collettivo lavori che profumano di sogno. Quando hai capito veramente di voler fare la musicista?
La mia è una vocazione: ho delle foto di me bambina al pianoforte a 3 anni, anche se ho iniziato a studiare più tardi. A 13 anni sapevo già che non sarebbe stato un hobby ma la mia professione.

Quindi sei stata tu a chiedere ai tuoi genitori di poter studiare musica, non sei stata indottrinata.
A mio padre, anche se ingegnere, piace la musica e quando ero piccola faceva delle serenate con chitarra e voce a me e mia sorella Elisa. Questa cosa mi piaceva molto e chiedevo sempre: "Papà, mi canti una canzone?", e lui spesso cantava Buonanotte fiorellino di De Gregori o La canzone di Marinella di De Andrè. A casa ascoltavamo sia cantautori italiani che musica belga e francese, molti chansonnier, ma anche i Beatles, Simon & Garfunkel e tanti altri. Mia madre è belga, nata in quella che oggi è la Repubblica Democratica del Congo, mio padre italiano nato a Tunisi, perché al tempo c'erano molte comunità di italiani a Tunisi, soprattutto originari della Sicilia. A casa parlavamo sia francese che italiano.

Infatti tu hai anche cantato in francese.
Probabilmente ti riferisci alla cover de L'Anamour, che è un pezzo famosissimo in Francia, in Italia meno. Devo dire che è stato divertente perché ho potuto dare sfogo anche a quel lato della mia persona. Il francese è una lingua che si presta molto alla musica e infatti ho anche scritto una canzone in questa lingua. Per tornare alla domanda sulle origini della mia vocazione, ti confesso che in realtà da piccola avrei voluto fare l'attrice, mi attirava più il teatro, ma verso i 13 anni ho iniziato a cantare per conto mio in cameretta, registrandomi. Ancora non mi accompagnavo con gli strumenti, suonicchiavo il piano ma lo avevo lasciato perdere perché la mia prima insegnante era troppo accademica per come sono fatta io.

Ora però tu suoni in modo eccellente sia il piano che la chitarra. Hai studiato da autodidatta?
La chitarra in realtà è stato il mio primo amore o meglio è stato il primo strumento che mi ha consentito di scrivere canzoni e l'ho studiata da autodidatta, per il canto già dai 14 anni ho frequentato diversi laboratori musicali e corsi di canto. Poi con amici ho messo su delle band con cui fare cover e da lì ho iniziato a fare un po' di concerti dal vivo.

Ricordi la prima canzone che hai scritto?
Avevo 7 anni e parlava di Babbo Natale, l'avevo scritta per i miei nonni: era infantile ma poetica a modo suo e me la ricordo ancora, ovviamente era una canzone da bambina. (ride)

Ah sì e me la vuoi cantare?
(canta e ride) Oh la buona notte, oh la serenata, oh ma questa notte che succederà? Verrà Babbo Natale... e così via.

Ma dalla canzone di Babbo Natale a X Factor cosa è successo?
Quando frequentavo le scuole medie comprai un karaoke, il Canta Tu, perché al tempo andava di moda con Fiorello. Registravo su cassettine e stavo ore a registrare, poi le regalavo ai miei nonni o ai miei genitori, ed ero una perfezionista perché se non era perfetta la ri-registravo finché non andava bene! L'evoluzione c'è stata quando ho comprato la chitarra e ho iniziato ad accompagnarmi sia per le cover che per le mie canzoni, però mi vergognavo di cantare le mie canzoni agli altri perché erano molto introspettive e personali e io ero riservata. A 16 anni ho iniziato a fare i concerti a scuola chitarra e voce, ad esempio con cover dei Cranberries e dei Radiohead. Dopo il liceo ho iniziato a fare concorsi e a suonare nei locali, fino a quando un bel giorno ho avuto il coraggio di portare la mia musica dal vivo, una musica intima e in effetti abbastanza cupa: elaboravo il mio vissuto, il mio mondo interiore, componevo musiche e scrivevo testi e anche poesie che musicavo.
Nel 2001 ho cantato per la prima volta una mia canzone dal vivo: L'alba, di cui nel 2006 ho fatto anche il mio primo videoclip. E da lì ho iniziato ad esibirmi con altri artisti: facevo due o tre canzoni, a quei tempi non me la sentivo ancora di cantare e suonare il piano contemporaneamente, ma il caso volle che quello che era il mio pianista al tempo, poverino, ebbe una tendinite e io fui costretta a suonare, avendo già concordato una data per l'esibizione. Da lì in poi non mi sono più fermata, facendo soprattutto concerti da sola piano e voce, chitarra e voce, al massimo in due o tre persone.  Superando la timidezza e sfoggiando la mia determinazione andavo anche in giro a chiedere serate.

Riuscivi a vivere di musica?
Beh dipendeva dalle situazioni, a volte ti davano 50 euro e ti offrivano una birra, nel migliore dei casi cenavi anche! Agli inizi facevo anche altri lavoretti, mi dividevo fra la musica e l'università, poi quasi alla fine del percorso universitario ho deciso di dedicarmi solo alla musica, altrimenti non avrei mai concretizzato alcune cose (fra l'altro insegnavo canto). C'erano giorni in cui insegnavo il pomeriggio e poi caricavo in macchina il pianoforte digitale e andavo a suonare, come quando insegnavo a Tivoli il pomeriggio e la sera avevo una serata a Frosinone!

Quindi facevi anche la manager di te stessa?
Ho fatto quasi sempre tutto da sola, tranne in qualche situazione in cui qualcuno mi ha dato una mano, come quando ho aperto i concerti di Max Gazzè nel 2003 a Rocca Canterano e quelli di Cristina Donà e dei La Crus al Circolo degli artisti, locale che purtroppo ora non c'è più.

Ho una curiosità in merito: quando si scelgono i musicisti che apriranno il concerto di un artista, è quest'ultimo che sceglie chi può aprire il suo concerto?
Dipende da come sono organizzati. Di solito c'è un'agenzia di mezzo e non è detto che l'artista sappia chi sarà ad aprire il suo concerto: a volte sì e a volte no. Non so se nel caso specifico loro avessero ascoltato alcuni dei miei brani.

È difficile aprire il concerto di una artista, sapendo che le persone presenti hanno pagato per ascoltare lui e non te, e magari hai un po' di timore e pensi: "Beh almeno speriamo non mi buttino i pomodori appresso".
(Ride) C'è... c'è un po' di timore, mi è successo anche in tempi recenti quando ho aperto il concerto di Joss Stone che è fighissima. È chiaro che non sai come reagiranno perché stanno lì per qualcun'altro, però devo dire che in generale ho avuto una buona esperienza anche quando nel 2011 ho aperto quattro concerti di Battiato che aveva un pubblico, giustamente, molto esigente: ho avuto delle buone risposte o comunque rispettose. Piano piano riuscivo a guadagnarmi l'attenzione, dopo anni di gavetta nei locali ho imparato come fare.

Come hai conosciuto Franco Battiato?
Ho avuto una fortuna e un onore incredibile. Eravamo entrambi a Sanremo perché abbiamo partecipato alla stessa edizione, nel 2011: lui partecipava con Luca Madonia. Ebbi la possibilità di andare a pranzo con lui e i nostri staff, perché in quel periodo avevamo la stessa agenzia di concerti. Tra l'altro non ho nemmeno una foto con lui, anche se ne feci una, perché non ho mai voluto comportarmi da fan. Lo stesso Franco, del resto, è sempre stato rispettoso della mia professionalità, ricordo che a Sanremo mi disse: "Lei ha un bel pezzo, vedrà che si piazzerà bene", mi dava del lei al tempo. Non fu proprio così, ma quel Sanremo fu davvero bello e per me quello fu un complimento incredibile, poi abbiamo fatto amicizia.

Beh avete fatto amicizia e poi anche lavorato e duettato insieme.
Sì mi ha fatto un regalo grandissimo, cantando il mio pezzo L'essenza, che è una canzone a cui tengo particolarmente, a cui ho lavorato tanto. Quando la scrissi ero fresca dei concerti con Battiato, dove ho avuto la possibilità di assorbire tanto della sua arte e del suo approccio musicale, quindi L'essenza ha senza dubbio la sua influenza.

Si dice che i veri grandi siano poi le persone più umili. Com'era Battiato?
Sì, lui è una persona molto carina anche molto ironica, raccontava un sacco di aneddoti di lui e Alice all'Eurovision e cose buffissime. Molto simpatico, è un burlone... non riesco a parlarne al passato... Una persona di una cultura estrema e grande sensibilità.

Era anche un uomo molto profondo, alla continua ricerca dell'invisibile, e di quel che ci aspetta dopo la morte, il destino finale dell'uomo. Tu che rapporto hai con Dio, con la dimensione spirituale? 
Non amo utilizzare le parole tipiche della religione: ho un grande rispetto per tutti gli approcci sia religiosi che spirituali, però per me stessa amo parlare di spiritualità, non mi ritrovo in nessuna ideologia religiosa o religione in particolare.

Il fatto che tu abbia sentito il bisogno di tornare al contatto con la natura ha un legame con la dimensione trascendentale dell'essere umano?
Sì, ho un mio sentire, nel senso che credo ci sia qualcosa che permea la realtà a livello più profondo rispetto a quello che vediamo semplicemente con i nostri sensi e credo di averlo anche sperimentato, ma è difficile spiegarlo a parole.

Sperimentato in che senso?
Beh, nella mia canzone La verità spiego come la vedo io su questi temi, perché credo non esista una sola verità, un solo modo di approcciare la dimensione profonda della realtà spirituale: ognuno si rifà alla maniera che trova più vicina a se stesso o al proprio percorso.

Giovanni Lindo Ferretti, ex cantante dei CCCP, alcuni anni fa si è convertito al cristianesimo e ha dichiarato in un’intervista che quando si è fermato ad ammirare le bellezze del creato gli è venuta la voglia di conoscere il Creatore. Questa frase mi ha fatto pensare a te, al tuo progetto di portare in giro la musica con il camper, di sperimentare le registrazioni all'aperto, vivendo di fatto nella natura e fra le bellezze del creato. C'è un nesso fra questa scelta e la ricerca spirituale? O è stata solo colpa del Covid?
Sì e no: il Covid ha esasperato solo qualcosa, io il camper l'ho comprato prima di tutta questa situazione che stiamo vivendo ed è stata una esigenza da viaggiatrice quale sono da una vita. Amo molto viaggiare, da bravo sagittario, e il viaggio è sempre stato per me uno sfogo e un momento di trasformazione, alla pari della musica. Anche un'ispirazione: se avevo qualcosa da risolvere con me stessa, partire mi ha sempre aiutato. Quando sono andata in Irlanda nel 2007 avevo delle esperienze negative da smaltire e sono rimasta fuori qualche mese in giro a suonare.

Da sola?
Sì ma poi ho conosciuto un sacco di persone belle come succede spesso: a me viaggiare da sola piace e mi fa bene, si è anche più aperti. È stata anche una piacevole terapia d'urto per la mia timidezza, perché lì si è sempre costretti a comunicare con gli altri, ho tirato fuori ancora di più il mio lato socievole. Prendere un camper per me era il passo successivo.

Il tuo primo viaggio in camper dopo il lockdown? Dove sei andata?
In realtà ero riuscita a fare un paio di viaggi prima, uno con il mio compagno sul Lago di Garda e il secondo a Sanremo per il festival, ma in modo un po' anonimo. L'estate scorsa sono andata in giro per la penisola in camper, a volte anche portando i miei gatti.

Il tuo nuovo progetto “Camper Diem” è frutto di una visione che ci regalerà molte emozioni.
Il progetto è multi sfaccettato e parte dalla produzione del mio nuovo album: sto registrando alcuni brani dentro e fuori il camper, soprattutto nella natura. È chiaramente una situazione tecnicamente diversa dallo studio e che può avere dei pro e dei contro, ma da un punto di vista emotivo è una situazione bellissima. Essere stati costretti al chiuso per lunghi periodi è stato frustrante per tutti, lo è stato anche per me. Ho scelto di registrare all'aperto, avvalendomi di tecnici esperti, proprio per fare una cosa bella! Mi sto auto-producendo da tutti i punti di vista.

Ma è una tua scelta? Per essere indipendente?
È una decisione che ho preso per essere totalmente indipendente nelle mie scelte artistiche - quando fare uscire i brani, come farli uscire - perché nel tempo mi sono resa conto che spesso era difficile trovare un terreno comune o comunque una maniera che fosse totalmente condivisa con alcune realtà. Mi sento più libera, ma è anche più difficile fare tutto da sola, per questo proporrò ai miei fan di sostenermi in vari modi!

Raccontami come funziona il live in camper? Arrivi in un posto, parcheggi e dai inizio al concerto?
Beh proprio in questo modo non l'ho ancora fatto - purtroppo non è così semplice - però ho suonato per la prima volta in un camper a febbraio 2019 in occasione della fiera "Vita all'aria aperta" a Carrara, l'ho ripetuto nella stessa occasione a febbraio 2020 con il mio motorhome appena acquistato.
Ad agosto di quest'anno l'ho rifatto insieme ad altre due cantautrici - Agnese Valle e Sara Romano -per il progetto La musica che gira in camper. Si tratta di uno spettacolo che ruota attorno al tema del viaggio e in cui ho messo a disposizione il mio camperino per viaggiare, dormire e come camerino e scenografia del concerto.
Riprenderò a suonare live in camper anche con il mio progetto Camper Diem, incontrando il pubblico in maniera inconsueta. Spesso i fan mi chiedono "Quando vieni a suonare nella mia città?" e io da tempo volevo trovare il modo di accontentarli: ci sono posti i cui non sono mai riuscita a fare concerti, con il sostegno dei fan e il camper si potrà finalmente realizzare!
 Nathalie, Agnese Valle e Sara Romano davanti al "camperino"

Nathalie, Agnese Valle e Sara Romano davanti al "camperino"

Ti fa tenerezza ripensare alla Nathalie dei primissimi tempi? Prima hai detto che provavi vergogna nell'esibirti davanti ad un pubblico: come l'hai superata? Fra l'altro sono tantissime le persone dello spettacolo che dichiarano di aver vinto un po' della loro timidezza grazie all'arte, chi al canto, chi alla recitazione. Una dichiarazione che potrebbe apparire contraddittoria: dove trova il timido la forza di fare quel passo per salire sul palco? Forse proprio dalla sua passione.
Sul palco hai la possibilità di poter esprimere ciò che magari non è possibile nella vita quotidiana: per me in particolare è stato proprio un modo di elaborare emozioni, stati d'animo e pensieri che non era così facile esprimere nella mia quotidianità. Tuttora è così. Tirare fuori quel coraggio è forse la cosa più bella ed emozionante ed è anche una grossa sfida con se stessi: questo è uno dei motivi per cui a scuola bisognerebbe fare arte e insegnare forme artistiche che siano performative come la musica, la recitazione, perché sono anche un modo per dare qualcosa a se stessi. Esprimersi è fondamentale, ci sono persone che trovano modi poco sani per farlo, invece l'arte è costruttiva ed è bella anche per gli altri, si riesce ad avere uno strumento in più. L'arte dà la possibilità di tirare fuori una parte profonda di se stessi e di trasformare le esperienze personali in qualcosa di più bello. È una cosa che personalmente faccio quando compongo una canzone: trasformo, in qualcosa di più bello, un'esperienza personale o qualcosa che capto nell'aria, nel senso che magari è qualcosa di cui si parla o si percepisce, non necessariamente fa parte del mio vissuto.

Ti è mai capitato di trasformare in musica un dolore? È stato terapeutico?
Certo, mi è capitato ed è sempre terapeutico, io la chiamo alchimia: trasformare il piombo in oro, ossia trasformare il dolore in qualcosa di più comprensibile ed elaborabile. Siamo vivi anche quando viviamo un dolore, che fa indubbiamente parte della vita, e trasformarlo in qualcosa di più bello anziché tenerselo dentro è un bene.

Questo significa anche immortalare quel momento doloroso che si è vissuto. Se ne scrivo il testo resta lì, quando andrò a rileggere quelle pagine probabilmente mi accorgerò anche di quanto il mio approccio al dolore sia cambiato.
Non solo la scrittura: c'è chi usa un tatuaggio per immortalare un'emozione, chi scatta foto, chi dipinge. In questo caso la musica e l'arte sono uno strumento per immortalare qualcosa ma anche per trasformarla. Per me sono dei rituali di passaggio: scrivere una canzone mi aiuta sempre a capire qualcosa: a volte è un messaggio per il futuro, nel senso che se vado a rivederla tempo dopo mi ritrovo a dire: "Ah vedi per me adesso ha questo significato, mentre quando l'ho scritta ne aveva un altro", e mi fa capire quanto sono cambiata o che la canzone stessa può prendere significati diversi a seconda del momento. Per me la musica è una risorsa importante, non so come avrei fatto senza. Ti aiuta anche ad elaborare il dolore, in psicoterapia si dice che quando riusciamo a distaccarci da un'esperienza e guardarla dall'esterno non la riviviamo più con lo stesso dolore e riusciamo ad elaborarla.
Sarebbe bello incentivare l'arteterapia, la musicoterapia, sono risorse importanti. Quello che mi fa soffrire è vedere che nella musica Mainstream ultimamente, spesso, sia dia poco spazio all'emozione. Ok c'è bisogno di leggerezza, però a volte rischiamo di tenere nascoste le nostre emozioni, invece dovremmo tirarle fuori e la musica è un mezzo importante anche per chi semplicemente l'ascolta.

Nathalie questa chiacchierata ci ha fatto dimenticare della domanda: come sei arrivata a X Factor? (rido)
Dopo tanti anni di gavetta ad un certo punto mi sono detta: "Proverò la televisione", in modo anche incosciente, non conoscendo bene il mezzo. Al tempo si parlava di 80.000 partecipanti alle audizioni, non so se fosse in numero esatto ma eravamo davvero in tanti.

Non ti hai mai sfiorato il pensiero "ma che ci faccio qui"?
Ero molto determinata, ma allo stesso tempo la prendevo alla leggera perché non avevo nulla da perdere, poi quando sono passata mi sono detta: "Ma davvero?", perché non pensavo che ce l'avrei fatta.

Consiglieresti ai ragazzi di buttarsi?
Io consiglio di farlo quando si è già formati musicalmente e si possiede una propria idea artistica, un po' di spalle larghe per sapere cosa si sta facendo, perché è obiettivamente una opportunità unica ed è importante utilizzarla con consapevolezza per non farsi stravolgere. Poi ognuno ha un proprio percorso e se sente la necessità di essere guidato da qualcun'altro va bene così, io però quando sono arrivata avevo già trent'anni, ero già un artista formata e mi ero ripromessa di non tradire me stessa. La situazione potrebbe portarti a modificare delle cose, bisogna essere saldi e capire dove ci si trova. Io ho avuto la fortuna con Elio di avere un mentore rispettoso, attento e sensibile e questo magari non è sempre possibile. Fra l'altro ero una fan di Elio e le storie tese, e mi sono ritrovata ad avere come coach un mio mito!

Lo senti ancora?
Sì sì con Elio ci sentiamo, lui è presente e sempre pieno di consigli e dritte, una persona che ci tiene. Siamo rimasti molto legati, per me è quasi uno zio, molto sensibile ed è un vero musicista, non è solo un uomo di televisione: conosce bene i palchi che ha calcato per una vita. Ho avuto modo di conoscere tutto il gruppo: sono musicisti straordinari e persone umanamente eccezionali, umili e consapevoli.

Elio era uno dei giudici di X Factor: a te piacerebbe ritornare al talent in veste di giudice? Su Instagram alcuni tuoi fan hanno chiesto a gran voce questa cosa. Fra l'altro anche se in modo diverso lo sei stata recentemente nel programma All together now.
Perché no? Penso che saprei capire chi è dall'altra parte, essendoci passata.

Amici o X Factor?
Personalmente sono legata a X Factor e l'ho sempre trovato più affine a me. Ora per esempio si cercano di più persone che si scrivono le canzoni, quando partecipai io non era così, nel mio piccolo spero di aver dato un contributo. È una cosa bella occuparsi di chi fa musica originale, non perché chi interpreta non sia valido, ma è bello dare spazio a chi ha un proprio progetto musicale.

Hai visto l'edizione di X Factor in cui hanno partecipato i Maneskin: ti piacciono?
Ammetto che non sono più riuscita a vedere le edizioni complete di X Factor, perché appena sento la sigla introduttiva alle esibizioni l'associo alla mia emozione e all’ansia nella mia esperienza personale nel programma e non riesco proprio. Ho guardato però le esibizioni di alcuni artisti. I Maneskin all'inizio non li avevo ben capiti, non perché non fossero promettenti, ma li trovavo ancora acerbi. Adesso li ho visti cresciuti: suonano bene, stanno bene sul palco e stanno sviluppando anche una propria personalità artistica. Sono bravi e penso che il successo se lo siano meritati: ben venga chi fa rock, perché il rock soprattutto in Italia si era un po' perso. Insomma, in bocca al lupo Maneskin, stanno facendo un bel percorso, una bella carriera. 

Credo che i Maneskin abbiano un po' sfatato l'idea che chi esce dai talent poi non abbia un grande futuro: invece hanno vinto Sanremo e anche gli Eurovision.
Purtroppo il pregiudizio esiste, adesso meno per fortuna, però anni fa quando anche io sono uscita da X Factor c'era molto pregiudizio e anche persone che conoscevo mi dicevano: "Eh però hai cambiato genere musicale". Ma io ho continuato a fare le mie canzoni! Un pregiudizio che si sta indebolendo ed effettivamente i Maneskin hanno dato la loro in questo, non si sono accontentati del successo iniziale, si sono rimboccati le maniche e si sono messi a studiare e a lavorare su loro stessi e questo si vede. Se possono essere di esempio per molti artisti giovani ben venga.

Tornando a te invece, mi ha colpito la frase di Goethe sul tuo stato di WhatsApp: "Qualsiasi cosa tu sogni di poter fare, iniziala. Nell'audacia c'è genialità, potere e magia. Comincia già adesso". Qual è la tua genialità, il tuo potere, la tua magia?
Oddio (ride) Quello che mi riconosco è la capacità di cogliere determinate cose dall'etere e di plasmarle cercando di renderle belle, diciamo “selezionare bellezza”. Si dice che le sculture siano già nel marmo, però si deve essere in grado di vederle, perché non tutti ci riescono. Io credo di avere questo approccio e ringrazio di averlo.

Quindi associ la genialità al talento?
Beh sì l'associo al talento. Per quanto mi riguarda, credo di avere la capacità di plasmare il materiale che ho a disposizione e renderlo in una determinata maniera, possibilmente bella. Mi appassiona creare una visione. Credo di essere in grado di farlo, perché la vedo io per prima e la seguo fino in fondo.

Potrebbero essere legate alla genialità anche il potere di vedere qualcosa che ancora non c'è, qualcosa che non tutti vedono ma che è già nel tuo cuore e nella tua testa.
Il potere comprende anche il riuscire a trasmettere la tua visione, la tua emozione agli altri. Certo, io ho poi dovuto affinare gli strumenti che avevo a disposizione con tempo, studio ed esperienza.

Il tuo progetto è bellissimo e anche ambizioso, ma sono certa che andrà bene perché, oltre alla passione, c'è la fame di libertà che ti porti dentro e che ti spinge al contatto con la natura. La natura, a sua volta, ricambia donandoti intuizioni creative ed artistiche! Voglio farti un'ultima domanda: qual è il tuo grande sogno?
Uno dei miei più grandi sogni è proprio Camper Diem: registrare nella natura e nel camper e poterlo fare in autonomia, sviluppando poi il progetto in vari modi, con iniziative legate al camper, e creando una realtà artistica e umana legata alla musica, il viaggio e l'incontro. Ma ne ho anche un altro: creare un luogo che sia un costante laboratorio di varie arti, magari un po' fuori città. Questo in realtà è un progetto che ho da 15 anni ma finora ho avuto altre priorità. Mi piacerebbe un luogo dove la gente se vuole può fermarsi anche qualche giorno e creare un laboratorio permanente che comprenda varie arti: fotografia, musica, teatro, cinema...

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