Beatrice Riva - Osman Bea

Incontri

Suggestioni e introspezioni: l'arte di Beatrice Riva

| Rita Cioce

Capelli rossi, tatuata e con un piercing al naso forse è proprio così che ci immaginiamo un artista contemporanea? Una donna che cerca in tutti i modi di distinguersi dalla massa e lo fa in molti modi: con il suo corpo, con i suoi pensieri e attraverso i suoi quadri. A lei di quel che pensa il mondo sembra proprio non fregare nulla, basta leggere i suoi stati su Facebook a volte ironici altre irriverenti.  Beatrice è una donna che ha avuto il coraggio di leggere dentro se stessa per avviare un percorso difficile, pieno di insidie e trappole, il cui unico scopo è vivere della sua arte. Ho iniziato ad ammirare i suoi lavori sui social network grazie ad un contatto in comune, e ogni volta che ne pubblicava uno ne restavo incantata. La curiosità nei suoi confronti è aumentata quando ho iniziato a leggere i suoi post. Questa donna aveva sempre qualcosa da dire e non solo con i suoi quadri. Una voce originale che spesso dava vita anche ai miei pensieri. Una di quelle persone che pur non avendo mai incontrato nella vita reale senti per qualche inspiegabile motivo vicino a te. Così non appena ne ho avuto l'occasione le ho scritto per proporle l'intervista che segue questa breve descrizione del suo percorso artistico. 
Beatrice viene dalla provincia di Reggio Emilia e dipinge e disegna dall’infanzia. Dopo aver studiato grafica design, ha lavorato per parecchi anni come copywriter per diverse compagnie della regione, ma continuando a dedicare il suo tempo libero all’arte e al suo sogno di diventare un’artista.  È nel 2010 che Beatrice prende la decisione di interrompere la sua routine giornaliera e di sviluppare le sue produzioni visive a tempo pieno. Ora vive nel comune di Casalgrande e lavora esclusivamente sui suoi pezzi figurativi, continuando la sua ricerca per una continua evoluzione e perfezionamento della tecnica. 
Nonostante gli animali siano presenti nelle sue composizioni, Beatrice si rivolge principalmente all’esplorazione della fisiognomica e dell’anatomia dell’essere umano. Un mix di tecniche che combinano olio e pastelli applicati allo stesso modo sulla tela, sul legno o sulla carta. Il processo creativo di Beatrice consiste nel rappresentare l’emozione e la sensibilità del soggetto rappresentato. I suoi riferimenti derivano dal Rinascimento, particolarmente l’atmosfera, che spesso trae ispirazione dalla spiritualità in modo da trasmettere il più fedelmente possibile l’interiorità dei suoi personaggi. Le sue figure rappresentate al centro della composizione e descritte con grande cura, usando delle tonalità fredde, come icone, sembrano rappresentare tutta la complessità dell’animo umano.  

Non è un lavoro tradizionale il tuo. Spesso si dice che con l'arte non si mangia e infatti tutti i più grandi artisti hanno vissuto in povertà per poi vedersi riconosciuti solo post mortem. Solo una grande passione, quindi, può spingere un essere umano a provare a realizzare i propri sogni quando tutti sembrano indicargli un'altra direzione: qual è stata la tua spinta?
Devo confessare che nonostante 10 anni di dedizione a tempo pieno, la mia attività di pittrice non si può ancora definire un lavoro a tutti gli effetti. Mantenersi con l’arte e farlo in maniera continuativa è difficile, non c’è dubbio, sia per il contesto poco favorevole, sia perché oggi gli artisti sono veramente tanti e probabilmente l’offerta supera la domanda. Per quanto mi riguarda, non essendo in condizioni di necessità assoluta – niente figli da mantenere o affitti da pagare – dato che il “lavoro tradizionale” mi stava portando alla malattia, ho deciso di lasciarlo e darmi finalmente la possibilità di esprimere la mia passione in piena libertà. Ho creato ed esposto moltissime opere e, al di là del ritorno economico, la soddisfazione più grande è stata quella di far emozionare le persone: questa sarà sempre la mia spinta più forte. Ho iniziato a disegnare ancora prima di parlare e camminare: è stato chiaro fin da subito quale fosse il mio strumento di espressione più efficace. A scuola ero un punto di riferimento ogni qualvolta ci fosse qualcosa da illustrare: dai cartelloni appesi ai muri della classe ai disegni alla lavagna o sui quaderni dei compagni. Eppure in seguito non ho scelto studi artistici: i grandi saggi dicevano che per lavorare bisognava fare altro e io ho fatto finta di crederci per moltissimi anni. Ho provato anche a convincermi, insomma: quella cosa lì sarà buona, milioni di mosche non possono avere torto…
Comunque sia, fortunatamente un’anima forte non si lascia tradire in eterno e così a metà degli anni duemila, già ultratrentenne, ritrovai l’ispirazione per alcuni lavori: fu quando un artista a cui li mostrai mi disse che erano interessanti che ebbi la spinta a frequentare corsi per imparare la tecnica ad olio, ad oggi la mia preferita. 

Quando definisci "mosche" i milioni di persone che ti indicavano una via lavorativa tradizionale c'è un so che di sprezzante: è così? 
Un po’ sì. Pur con tutte le migliori intenzioni del mondo, se qualcuno vuole indicarti una strada diversa da quella che è palesemente la tua vuol dire che non ti vede e, col tempo, finisce che nemmeno tu ti vedi più e non capisci perché. Davanti a quel buffet così ricco su cui tutti si tuffano, non riesci a trovare nulla che ti invogli.   

Cosa diresti oggi alla Beatrice che si è fatta influenzare tanti anni fa, ritardando di fatto l'inizio della sua vita come artista? Tantissimi giovani potrebbero trovarsi nella tua stessa situazione. 
Le direi di ascoltare più la sua voce che quella degli altri, di capire cos’è che le piace davvero (sembra strano, ma molti di noi non lo sanno) e non dimenticarsene mai. Certo, la vita non è lineare: lungo il percorso ci possono essere deviazioni o soste, ci si può perfino smarrire ma l’importante è ritrovarsi e per farlo, io credo, ciò che serve è prima di tutto ascoltare se stessi.

Ogni opera d'arte si dice sia il frutto di una ricerca, qual è la tua? Cosa cerchi di immortalare mentre dipingi? 
Al centro della mia ricerca c’è l’essere umano: può essere la creatura più sublime ma anche la più abietta. È complesso e contraddittorio: in lui c’è tutto l’universo, luce e ombra, e io cerco di rappresentare tutti questi aspetti, con pennellate “disturbanti” o colori irreali su visi e corpi armoniosi.

Qual è il messaggio che vorresti lasciare al mondo?
Vorrei dire al mondo di non giudicare e non ritenersi mai migliori di nessuno, perché disarmonie, nel corpo o nello spirito ne abbiamo tutti, ma non necessariamente sono da nascondere. A meno che non danneggino altri, ma questa è un’altra storia.

Cosa unisce l'essere umano al mondo animale? Nei tuoi quadri non è raro vederne associati ad un corpo: farfalle, uccelli, arieti ma anche fiori.  Mi ha colpito particolarmente l'associazione con le farfalle. 
Ho realizzato alcune opere con soggetti animali, sia come protagonisti che associati a un corpo. Nel primo caso ho voluto rappresentare la morte, la caduta, il fallimento, le speranze vane. Questi animali, in prevalenza uccelli, sono infatti ritratti da morti.  Prendendo spunto da foto scattate da me o da conoscenti, al corrente di questa mia ricerca: andando in giro, capitava di trovarne dei resti a terra. 

Beatrice Riva - Volevo Volare

Volevo Volare

L’idea per la prima opera di questa serie è arrivata proprio così: ero in bicicletta e ho visto una tortora sull’asfalto, in una posizione che mi è piaciuta tantissimo. Sono andata a casa a prendere la macchina fotografica e sono ritornata sul posto per fotografarla, in mezzo alla strada, tra un’auto di passaggio e un’altra. L’ho intitolata “Volevo Volare”, che oltre alla morte, esprime un qualcosa che si è interrotto, finito nel nulla, non andato a buon fine. Il caso dei fiori e le farfalle è diverso. Nel 2017 ho iniziato a collaborare con il brand francese “Carrè d’Artistes”, una sorta di franchising di gallerie d’arte sparse in numerose città d’Europa e non solo; ho però dovuto rispettare alcune regole, tra cui evitare colori troppo scuri o scene inquietanti, così ho trovato questa soluzione per “addolcire” le mie proposte, ma non c’è molto più di questo: fiori e farfalle non sono esattamente parte della mia espressione più pura. Questo non significa tuttavia che il risultato non sia stato buono: tra Milano, Amsterdam e Bordeaux ho venduto più di 40 opere.

Stolen Wings

In alcuni dei tuoi lavori i soggetti sono legati e bendati. Mi fa pensare a quello che hai detto poco fa: "Un’anima forte non si lascia tradire in eterno”. Forse quei corpi bendati e legati sono Beatrice prima che avesse il coraggio di liberarsi completamente dai lacci del "così fan tutti"?
Sì, in parte, nel senso che il “problema” non riguarda soltanto me. Questi lavori si intitolano “Vincoli” e tutti ne abbiamo: in fondo è naturale. Certi legami sono anche positivi, quelli con coloro che amiamo sinceramente e che ci ricambiano. Io ho rappresentato quelli un po’ più disfunzionali, che magari noi stessi ci creiamo con l’intento di sentirci più sicuri, ma che finiscono per invischiarci in situazioni mortificanti da cui è anche difficile uscire.

Beatrice Riva - Vincoli Beatrice Riva - Vincoli

Vincoli

Guardando le tue opere i soggetti sono prevalentemente maschili, come mai? 
Scelgo di rappresentare prevalentemente il maschile per la forte energia - anche erotica… soprattutto erotica - che mi trasmette, permettendomi di rendere le mie opere potenti.
Nell’ultimo anno, mi sono dedicata prevalentemente al ritratto di soggetti di etnia Curda contattati tramite i social; grazie a loro ho potuto mantenere in vita la mia ispirazione, cosa che diversamente, date le limitazioni causate dalla pandemia, sarebbe stata molto difficile. 

È da un po' ormai che nei tuoi dipinti possiamo ammirare la bellezza curda. Perché hai scelto questo popolo: cosa ha di diverso l'uomo curdo? L'uomo italiano è forse meno erotico?
In realtà è accaduto tutto da sé: sono stati i curdi a venire da me. Mi ha contattata il primo di loro tramite Facebook nel settembre 2019. Questo social funziona in questo modo: se si inizia a interagire con una determinata area geografica, molte richieste o suggerimenti di contatto cominciano ad arrivare prevalentemente da lì. E guarda caso quell’area geografica ha sempre esercitato un fascino fortissimo su di me, quasi un richiamo (ho fatto diversi viaggi in Medio Oriente), perciò ho letteralmente spalancato le mie porte a questo “flusso”. Oggi i miei contatti dal Kurdistan – nello specifico, la parte di regione che si trova in Iraq - saranno almeno 200: alcuni, affascinata dai loro volti, li ho cercati io per chiedere se potevo ritrarli, viceversa molti altri sono stati loro a chiedere di essere ritratti, mostrando spesso trepidazione nell’attesa ed entusiasmo e gratitudine immensi nel vedere l’opera terminata. Con gli italiani non mi è mai successo niente del genere, senza nulla togliere – per rispondere all’ultima parte della domanda - alla loro carica erotica. I curdi, da quel che ho potuto notare, amano particolarmente l’arte, compresi i giovanissimi da cui mi arriva la maggior parte delle richieste. Inoltre tra loro ci sono anche molti artisti bravissimi e nel corso di questi quasi due anni sono nate delle amicizie vere, profonde e affettuose. Ora il mio sogno più grande è andare a conoscerli di persona. 

So che presto esporrai i tuoi quadri: vuoi parlarcene? Dove si terrà e quando la mostra? 
Grazie a questa esperienza, molto gratificante anche dal punto di vista umano, la mia prossima mostra sarà dedicata proprio ai curdi: si chiamerà Kurdish Beauty e si svolgerà dal 10 al 18 Luglio in una stanza della Rocca di Scandiano, in collaborazione con l’associazione locale Open Art, grazie alla quale ho esposto con successo anche nel 2019. Ho avuto l’idea di integrare l’esposizione delle opere con delle testimonianze che coloro che ho ritratto hanno accettato di fornirmi personalmente, in modo da far sentire la loro voce senza filtri, nella speranza che chi legge possa sentirli, se vuole, più vicini e capire qualcosa in più sulle loro vite. 
Non escludo che in futuro la mia arte possa diventare, invece che mera celebrazione delle mie capacità, strumento di informazione e lotta: l’essere umano al centro, anche per i suoi diritti fondamentali. 

Pensi che l'arte possa essere uno strumento di denuncia sociale? 
Certo, credo sia un’arma potente senza essere letale, che può colpire nel profondo molto più delle parole. Mi viene in mente a questo proposito l’artista curda Zehra Dogan, incarcerata per tre anni dal governo turco con l’accusa di fare propaganda terroristica, semplicemente per aver diffuso un suo disegno sul web. Durante la detenzione ha creato diverse opere usando quello che trovava, compreso il sangue mestruale, e oggi è un’artista molto seguita e riconosciuta, portatrice di una grande testimonianza. 

Ho visto che hai dato il tuo contributo artistico per il caso di Patrick Zaky, lo studente e attivista egiziano arrestato con l'accusa di istigazione al rovesciamento del governo e della Costituzione e purtroppo ancora detenuto in Egitto. Vuoi parlarcene? 
Ho dipinto il ritratto di Patrick – che intendo inserire nella mostra anche se lui curdo non è, ma in quanto persona dai diritti negati è senz’altro in buona compagnia – a seguito dell'iniziativa dell’associazione “Fucina delle Arti”. Si trattava di una mostra collettiva dedicata a lui, solo virtuale perché c’erano ancora le restrizioni dovute alla pandemia. Ora che finalmente è possibile, sono lieta di esporlo finalmente dal vivo nella mia mostra personale.

Beatrice Riva - Patrick Zaki

Patrick Zaki

Scegli 5 quadri che i visitatori potranno ammirare durante la mostra a cui sei particolarmente legata e dimmi perché. 
Le tre opere che vedete sotto sono particolari, perché i corpi nudi di questi ragazzi sono stati immaginati e creati da me sulla tela: non a caso li ho intitolati “Just like I imagined you”, ovvero “come ti ho immaginato”. È stato molto laborioso, ma allo stesso tempo un’esperienza eccitante, tipo quando ci si trova in intimità con qualcuno e ci si sveste per la prima volta. Insomma, dato che loro non hanno voluto spogliarsi, l’ho fatto io. E quando ho mostrato loro i lavori finiti, non senza stupore, si sono riconosciuti.

Beatrice Riva - Just like I imagined you Mzhda

Just like I imagined you Mzhda

Beatrice Riva - Just like I imagined you Hawbash

Just like I imagined you Hawbash

Beatrice Riva - Just like I imagined you Osman

Just like I imagined you Osman

Questo è un amico a cui sono molto legata, ci sentiamo quasi quotidianamente da oltre un anno e mezzo. Mi ha mandato questa foto così, durante una chat, mentre si trovava nella sala d’attesa di un ospedale e ne ho ricavato questa inquadratura. La mano in primo piano sembra voler essere tesa in segno di aiuto, ma la sua espressione potrebbe indicare che non è sicuro di volerlo fare. Quasi a voler significare di contare sì sugli altri, ma non troppo. Anche lui è un artista e ha un anima molto delicata, segnata da sofferenze passate importanti e una sensibilità molto vicina alla mia  - non di rado, capita che diciamo contemporaneamente la stessa cosa. 

Beatrice Riva - Dont’ fall

Dont’ fall

Questo è il ritratto che ho scelto per la locandina della mostra. È di un giovane che ha avuto un’esperienza molto dura: mi parlava di un tentativo di lasciare la sua terra, dopodiché ho perso le sue tracce per sette mesi. Fino a pochi giorni fa, quando mi ha ricontattata per dirmi che questi mesi li aveva trascorsi in prigione, ma che ora sta bene. La mia gioia per averlo ritrovato sano e salvo è stata immensa e il fatto che questa bella notizia sia arrivata poco prima della mostra, mi è sembrata davvero il suo coronamento.

Beatrice Riva - Miko

Miko

La mostra Kurdish Beauty si svolgerà dal 10 al 18 luglio in una stanza della Rocca di Scandiano (RE)

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