Il cibo su tela di Cibbarta

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Il cibo su tela di Cibbarta

| Rita Cioce

Che cos'è il cibo per l'arte se non uno stimolo interminabile alla capacità creativa dell'essere umano? Il cibo ha assunto nella storia dell'arte differenti significati. Il principio è di origine fisica ma cede volentieri il passo a qualcosa di più profondo: un bisogno estetico e quasi trascendentale.
Ci nutriamo per necessità questo è indiscutibile ma non è forse vero che sentiamo dire spesso che "si inizia a mangiare con gli occhi?".  Questo perché noi essere umani sentiamo forte il bisogno di bellezza: non di solo pane vivrà l'uomo... si legge nel Vangelo. Un bisogno che cerchiamo di appagare trasformando un semplice piatto in qualcosa di bello da guardare oltre che da mangiare. È così che nutriamo corpo e spirito. Il cibo diventa qualcosa da forgiare e donare a se stessi e agli altri. Un tributo al gusto, alla vista e all'olfatto e persino al tatto. Forse l'elemento organolettico per eccellenza.
Questa lettura "sacra" del cibo (pensate che nell’alto Medioevo il cibo era considerato dono di Dio) prende forma grazie al talento e all'intuizione di numerosi artisti che si sono passati il testimone nei secoli. Pittori, scultori, poeti dotati di capacità espressive fuori dall'ordinario, capaci ogni volta di suscitare la nostra meraviglia. A noi, invece, che ne siamo privi, non resta che ammirare le loro opere, lasciandoci trascinare dal flusso emotivo del loro sesto senso artistico che si traduce in opere di mirabile bellezza.
E oggi lo facciamo grazie alle suggestive creazioni di una giovane artista calabrese, Emilia Valore in arte Cibbarta, che coniuga il cibo dei nostri tempi - cereali, biscotti, cioccolatini, spaghetti e tanto altro - con quadri più famosi. Il risultato è sorprendente perché ha il merito di rendere i dipinti divertenti regalando loro una dimensione di contemporaneità.
Emilia è una donna molto energica e divertente e ha accolto il mio invito a raccontarsi con molto entusiasmo e umiltà e di questo gliene sono grata. Alcune domande suoneranno come provocazioni, ma assicuro al lettore che sono state fatte solo per un suo maggior sollazzo. 

Sei stata selezionata insieme ad altri 59 artisti per esporre la tua rivisitazione dei Duchi di Urbino nella galleria d'arte di Palermo Effetto Arte. La tua opera è fra le candidate per il Premio della Creatività 2020.
Sì e ancora non ci credo (ride), è un evento organizzato dalla rivista ARTNOW di Sandro Serrafalco. Si tratta di un premio che ogni anno viene assegnato a grandi personaggi del mondo dell’arte e della cultura, che grazie alle loro opere concorrono alla valorizzazione del patrimonio artistico del nostro Paese. La mostra si terrà dal 5 al 12 giugno.

In ogni caso un gran bel risultato: eravate in più di 500 ad essere stati selezionati. A questo punto mi sembra doveroso chiederti cos'è il cibo per te?
Il cibo è indispensabile per la nostra sopravvivenza, ma non solo: lo è anche per la nostra felicità. Se mangio qualcosa di buono mi sento subito di buonumore. Può essere paragonato all'arte. Ci riempie la pancia e allo stesso tempi nutre i nostri occhi, ma entrambi saziano l'anima e per questo sono due elementi che stanno bene insieme.

Per questo hai pensato di accostare il cibo "vero" ai quadri più famosi? Il cibo all'arte?
La risposta ha radici più profonde. Rimuginavo da tempo sulla mia situazione lavorativa: sentivo di avere fatto una scelta sbagliata, non adatta a me. Mi rendevo conto di essere incastrata in un'attività assolutamente non in linea con la parte più autentica di me. Non ero felice. L'arrivo del lockdown ha solo accelerato un processo interno in pieno svolgimento, a cui prima di allora non avevo voluto dare ascolto. Il pensiero costante era la mia età: 34 anni mica 18, mi dicevo. Temevo fosse un po' tardi per tentare un colpo di coda dettato dall'insoddisfazione emotiva. Poi però mi sono detta che non ne avevo nemmeno 70 e che se non ci avessi provato sarei rimasta intrappolata in una città che non sentivo mia e con un lavoro che non mi rendeva felice: in poche parole, in una vita che non mi sarei mai augurata. Non volevo rischiare di vivere di rimpianti. Durante una di quelle mattine, dove i miei rigurgiti emotivi la facevano da padrone, facendo colazione in compagnia delle mie amiche più care in quel periodo, ossia l’ansia e la paura per il futuro, qualcosa è accaduto. Il turbinio di pensieri negativi è stato interrotto da una stellina di zucchero Pan di stelle, caduta per caso sulla mia tovaglietta americana preferita, raffigurante il cielo stellato di Van Gogh. È stato da quel momento che non sono più riuscita a pensare all'arte senza cibo e viceversa.  Munch? Carbonara da urlo. Klimt? Beh, questa è semplice: il bacio Perugina, il cioccolatino romantico per antonomasia.

Notte pandistellata

Notte pandistellata

E poi cosa è successo?
Presi una decisione sull'onda di una nuova consapevolezza: avevo da offrire molto di più. Ne parlai con il mio compagno e scoprii che avvertiva la stessa insoddisfazione. Lui tra l’altro lavora da remoto, non ha nessun cartellino da timbrare: per questo non avevamo nessun confine come limite. Più ne parlavamo e più sentivamo rinascere la gioia di progettare, di avere una prospettiva tutta nostra. L'Italia ci stava stretta e iniziammo a fantasticare sul Paese dove volevamo trasferirci. Vinse la Spagna: più esattamente Malaga, Costa del Sol. Il motivo? A Malaga c'è Soho, un quartiere che è il simbolo dell'arte urbana e una valida alternativa alla cultura di massa: è stato il risultato di un impulso cittadino che ha fortemente desiderato e lavorato per il recupero della zona. I suoi palazzi sono ricoperti di graffiti, fra cui anche quello di Obey, artista di fama internazionale. Ci sono inoltre il Teatro La Alameda e il Centro de Arte Contemporáneo, che si fanno portavoce della diffusione dell'arte e della cultura. Inoltre, una volta al mese il quartiere ospita il mercato "Made in Soho" con spazi dedicati all'artigianato e al design.
A quel punto, le nostre idee sono diventate come nel film Inception: una volta attivate non si sono più fermate e niente ci rendeva più felici se non pensare a come dare concretezza al tutto. Ma il lockdown è stato pressante. Fino all’ultimo non sapevamo se e come sposarci, se e come partire. Nel frattempo mi sono licenziata e in molti hanno pensato fossi diventata pazza. È stata una decisione sofferta ma ho capito che nella storia delle due rane intrappolate in un bicchiere di latte che stanno per affogare, io volevo essere la rana che con le sue zampette crea un burro che solidificandosi le permette di saltare e salvarsi, mentre l'altra si lascia morire nel latte a causa di una resa passiva.

Ma alla fine sei riuscita a sposarti?
Alla fine il matrimonio c’è stato, in zona rossa. Oltre a me e a mio marito, gli invitati erano solo i nostri genitori e fratelli. E tutte le altre persone importanti della nostra vita? Siamo digitali o no? Matrimonio in diretta su youtube con 274 visualizzazioni. Il ricevimento? Per quello ci rifaremo, nel frattempo ci siamo tamponati e siamo partiti.

Se non sbaglio anche la prova del tuo abito da sposa ti ha regalato una intuizione artistica.
Ogni occasione è buona. Entrata nell'atelier ho visto un abito che mi è piaciuto immediatamente e mentre me ne innamoravo sempre di più ho avuto un flash, dapprima immaginandomi come una meringa e dopo come una ballerina di Degas. Come sai, Degas è molto noto appunto per essere stato “il pittore delle ballerine”. Immortalava i loro movimenti, cogliendoli in ogni istante della loro vita di danzatrici: dietro le quinte, mentre si infilavano una scarpetta o durante le prove alla sbarra.

Meringhe di Degas

Meringhe di Degas

Hai lasciato quindi un lavoro sicuro per l'arte, riesci a "vivere" come Cibbarta?
Non ancora, ma sto lavorando proprio a questo. Non ti nascondo che il pensiero predominate in quel periodo era: “Sì però, sorella, che cosa fai con Cibbarta, che non s’è ancora capito esattamente cos'è?”

Prova a spiegarlo ora, cos'è Cibbarta?
Unisco l’arte al cibo in un modo che non ti saprei spiegare. Cioè posso tranquillamente esporre la procedura e l’obiettivo ma non l’intuizione. Vabbè mi dirai intanto comincia da quello che sai... Ebbene, io sono un’artista che abbina ai quadri più famosi di sempre un cibo o una ricetta che più si adatta all’opera, o dal punto di vista estetico o concettuale. Come li abbino? Con la tecnica “cibo su tela”. Stampo la tela, preparo il food, li inquadro insieme ed è fatta.

Tutto qui?
Eh sì: che ti aspettavi, un trattato astronomico? Pensa che un mio ex collega una volta mi disse: “Un’idea tanto semplice … a cui però nessuno ha ancora pensato. Non potevo pensarci io?”.

Il tuo collega ha ragione! Che obiettivo ti sei prefissata con il progetto Cibbarta?
Mmm qui si passa all’utopia: diventare un’artista contemporanea a tutti gli effetti con una mostra personale, che spinga i visitatori ad approfondire la conoscenza delle opere originali. Diciamo un altro modo per tentare di far conoscere l'arte e far scoprire tutto il patrimonio artistico mondiale. Oppure in futuro non so... creare un format con Sgarbi dove io propongo le opere e lui le spiega sapientemente. Oppure fammici pensare, prendere accordi con Benedetta Parodi e creare delle ricette apposite per i quadri...e alla fine diventare Ministro dei beni culturali e poi Presidente della Repubblica! Ahah scherzo. L’ultima parte me la sono inventata adesso. 

Parliamo delle tue creazioni partendo da quella per la quale sei in concorso: i Duchi di Urbino, che riprende uno dei più celebri ritratti del Rinascimento italiano, di Piero della Francesca.
È un quadro che ha la grande particolarità di ritrarre due figure di profilo, cosa che assicura una grande verosimiglianza e accuratezza nella restituzione dei particolari, senza però che si rivelino i loro stati d’animo. I duchi di Urbino appaiono infatti privi di ogni tipo di emozione e così ho pensato di conferirgliene io una: l'amore sponsale, esplicitato attraverso la condivisione del cibo per amore, proprio come fanno Lilly e il Vagabondo nel celebre cartone della Disney.

Duchi di Urbino

Ho visto sul tuo profilo instagram il Mangiafagioli di Caracci trasformato in un mangiacheerios. L'accostamento è molto divertente.
Devi sapere che uno dei miei passatempi preferiti è guardare e riguardare tutte le puntate di Alberto Angela. In una di queste venne mostrato il Mangiafagioli di Annibale Carracci, esposto nella galleria di Palazzo Colonna a Roma. Pare si tratti di un contadino, con un grande cappello di paglia, una camicia e un gilet. Sembra colto in un momento di sorpresa, mentre porta alla bocca il cucchiaio pieno di fagioli e tiene l’altra mano poggiata sul pane, quasi a volerlo proteggere. Carracci è stato uno dei primi a dipingere l’uomo comune che non aveva la possibilità di cibi più raffinati e così ho pensato: se fosse un quadro contemporaneo, cosa metterebbe nel suo piatto Caracci? Ma i cheerios... uno dei cibi più veloci e sbrigativi! Quante volte all’università cenavo così per saltare la cena e risparmiare! 

Il mangiacheerios

C'è una massima che recita: "Scherza coi fanti, ma lascia stare i santi". Tu però non hai mollato nemmeno Gesù e gli apostoli e hai preso di mira Il Cenacolo, forse la testimonianza più completa del genio poliedrico di Leonardo Da Vinci.
Beh, si è mai visto un artista che si pone limiti di qualche tipo? Leonardo era animato da un'insaziabile curiosità e voglia di sperimentare? Con questo non voglio certo paragonarmi al Maestro.

Vero, ma un biscotto gigante invitato all'ultima cena potrebbe sembrare irriverente agli occhi di qualcuno.
A me piace pensare che sia solo divertente. L'accostamento mi è venuto durante le feste natalizie dell'anno scorso, in cui molti fuorisede non hanno potuto raggiungere le proprie famiglie a causa della pandemia. Guardo il quadro di Da Vinci e penso: ah come erano belle le tavolate! Noto che c’è dello spazio vuoto a sinistra di Gesù, che Leonardo aveva lasciato appositamente per dare maggior risalto drammatico al momento in cui Gesù annuncia l’imminente tradimento di Giuda, e penso: una persona in più poteva starci! Essendo il periodo natalizio ho pensato all’omino di Pan di Zenzero, che fa tanto Natale…

L'Ultima Cena con l'uomo focaccina

Ma anche la POP ART si presta molto alle tue intuizioni e hai pensato bene di aggiungere del tuo anche al Vesuvius di Andy Warhol, che è tra le opere più rappresentative create negli anni Ottanta dell’artista americano.  
Questo quadro traduce un evento funesto come l'eruzione in un momento di rigenerazione, grazie all'utilizzo di colori molto vivaci ed esuberanti: è l'interpretazione pop del Vedutismo napoletano, che rappresentava realisticamente il paesaggio secondo determinati principi prospettici.
Quando la mia cara ex coinquilina mi mostrò il Vesuvio di Andy Warhol mi si accese una lampadina “poppeggiante” e mi dissi: "Ma se la lava fosse pop corn?”.

Vulcano di pop corn

Visto che per te ogni momento è buono per pensare all'arte, che mi rispondi se ti chiedo: se questa intervista fosse uno dei tuoi quadri quale sarebbe?
Se questa intervista fosse un quadro sarebbe sicuramente la Gioconda: ti guarda con quell’aria che non sai se è contenta o se ti prende in giro, ma data la sua bellezza io voto per la prima!

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