“Sanremo è molto di più”: è la frase riportata su un manifesto dell’edizione 2022 del Festival della Canzone italiana. E lo sappiamo - al di là dell’orgoglio della Rai e di quello del Comune ligure - che in questa frase c’è tanta verità: quello che accade in questi cinque giorni, a febbraio, quasi al confine con la Francia, ha a che vedere di certo con la musica, ma anche col costume italiano; ha a che vedere col Carnevale, col Circo, col Gioco collettivo. È una specie di festa nazional popolare che coinvolge milioni di italiani, compresi quelli che la ignorano: anche loro, alla fine - magari solo attraverso le radio e facendo shopping - dovranno farci i conti. Naturalmente in questo Carosello c’è tanto business: molti soldi circolano e quelli che continuano a sostenere che è una cosa oscena pagata col Canone sbagliano. Non un euro del Canone finisce dentro Sanremo. E Sanremo è invece una fonte economica importante della Rai; ed è essenziale per le grandi etichette discografiche e per gli artisti. E ancora: per i manager, per gli uffici stampa, per i giornalisti che vi accorrono. E pure per tutto quel sottobosco che si attacca come la cozza allo scoglio (e che lo scoglio generalmente ignora), aggirandosi intorno allo spazio delimitato con rigore militare dai pass e dalle entrate: piccole radio, artisti in cerca di contatti ecc.
Quindi la kermesse canora dell’anno deve avere sempre un voto alto in pagella: sono in tanti (troppi) a contarci. E non ci sarebbe proprio nulla di male – anzi, non c’è proprio nulla di male – se non fosse questo l’unico momento “serio” che dà visibilità alla Popular Music italiana. Una volta di momenti dedicati alla musica ce ne erano tanti, in Radio e in Tv. Ora praticamente – se si escludono i Talent che sono in realtà solo degli show televisivi (a parere di chi scrive anche pericolosi per come sono concepiti) – nei mass media che “contano” non vi sono altri spazi adeguati. Il che non è solo grave per chi la musica la fa e di musica vive, ma anche per chi potrebbe usufruirne ma ignora anche l’esistenza di certa arte, in un collettivo conformismo che ha preso tutti, che non permette ricambio nella stampa “che conta”, che vede occupare tutto da certi centri di potere, che mette sullo stesso piano prosciutti e musica: i primi hanno a che vedere col Gusto, la seconda con l’Udito: è un problema di “sensi,” quindi, che finisce per fa perdere “senso” alle cose.
A tutto questo diamo 0, mentre al Sanremo che c’è – e resiste di nuovo in condizioni di pandemia – vogliamo dare un bel 7 sulla fiducia, anche se siamo solo al primo giorno.
Per cominciare un bel 10 va dato all’Orchestra. Gli orchestrali di Sanremo sono, senza ironia, dei benemeriti. Difatti, malgrado i loro diplomi di Professori, non solo sono costretti a suonare spesso melodie terrificanti, lavorando per tantissime ore al giorno e con delle prebende non del tutto soddisfacenti, ma lo fanno anche col sorriso sulla bocca, divertendosi e mettendo allegria. Le Orchestre danno sempre questa sensazione di gioia e pienezza: meno male che l’Orchestra c’è.
E ora le canzoni in ordine di apparizione.
Achille Lauro feat. Harlem Gospel Choir (L. De Marinis, S.P. Manzari, D. Petrella, M. Ciceroni, M. Cutolo, G. Calculli, S.P. Manzari) - Domenica
Voto 4
Una canzone già sentita. Si intitola “Rolls Royce” e la canta Achille Lauro… ops… un autoplagio! Oramai Lauro è quasi la caricatura di se stesso, interpreta benissimo il suo ruolo sanremese, battesimo dell’acqua compreso (chissà se funzionerà domani la polemicuccia dell’anno sul sacro e profano!). Il brano suona come certi pezzi del Sanremo anni Settanta, quando il Festival stava quasi per chiudere i battenti. Tutto come previsto, al punto da … sorprendere.
Yuman (T. Di Giulio, Yuman, F. Cataldo) - Ora e qui
Voto 6 ½
La sufficienza la merita la voce fantastica e la professionalità di un ragazzo che si mette in gioco per la prima volta su un palco così difficile. Ma la canzone è un po’ fiacca. Suona come un vecchio brano americano da vecchio crooner e la parola vecchioripetuta tre volte non è casuale (sarà anche l’orchestrazione che hanno scelto per Sanremo: va di certo sentito il pezzo da disco). Però Yuman la interpreta con sentimento e piglio deciso. Bene così.
Noemi (A. Mahmoud, A. La Cava, D. Faini, A. Mahmoud, A. La Cava) - Ti amo non lo so dire
Voto 6 ½
È un bel brano, bel testo, bella melodia, belle intuizioni, ma l’arrangiamento è davvero fuori misura e serve quasi solo a far rumore. E non è adatto all’interprete, che è bravissima e nella fattispecie ci mette un particolare impegno. Ma non è la canzone per lei: fa fatica e si capisce. L’avrei voluta sentir cantare da Mahmood questa canzone, che non a caso è l’autore. Magari nei prossimi giorni crescerà.
Gianni Morandi (L. Cherubini, R. Onori, L. Cherubini) - Apri tutte le porte
Voto 7
Evviva gli anni Sessanta e i suoi ritmi, l’energia di una grande persona, l’unica canzone che almeno per due terzi non sembra parlare d’amore (poi anche questa cede alla tentazione, ma con una variazione di suoni che sorprende positivamente). Bravo Gianni e bravo anche Jovanotti, che sa entrare così bene nello spirito del nostro Morandi nazionale: un altro non l’avrebbe certo potuta cantare e risultare credibile, nel 2022. L’ovazione finale è strameritata.
La rappresentante di lista (V. Lucchesi, D.F Mangiaracina, V. Lucchesi, D.F. Mangiaracina, R. Calabrese, R. Cammarata, C. Drago, S. Privitera) - Ciao Ciao
Voto 8
Beh, un travolgente e coinvolgente brano dance, un testo intelligente - uno dei pochi che s’affaccia ad altri temi che non siano l’intimissimo amore - un’interprete strepitosa, un groove che fa muovere i fianchi: si balla, si pensa, si compiacciono le orecchie e il cuore. La Rappresentante di lista che piace a noi: preparate le radio!
Michele Bravi (Cheope, M. Bravi, A. Raige Vella, F. Abbate, F. Catitti, M. Bravi) - Inverno dei fiori
Voto 5
Una canzone mediocre, che non decolla: sarà la voce dell’interprete (e anche la sua scarsa intonazione), sarà il testo verboso con pretese di lirismo che finisce per risultare tossico, sarà un’orchestrazione che promette ma non mantiene, ma insomma il risultato è una performance e un pezzo da dimenticare.
Massimo Ranieri (F. Ilacqua) - Lettera di là dal mare
Voto 8 ½
La classe non è acqua, signori. Che eleganza e che coraggio (le stonature non contano: è evidente che non riusciva a sentire e sono sicura che nelle prossime performance andrà meglio)! Un pezzo raffinato e pieno di sentimento, un testo colmo di poesia: una canzone d’autore al Festival e un po’ di teatro sul palco dell’Ariston. Chapeau!
Mahmood&Blanco (A. Mahmoud, R. Fabbriconi, M. Zocca, A. Mahmoud, R. Fabbriconi) - Brividi
Voto 7
Due voci straordinarie, parole semplici ma che arrivano al punto. Però questa melodia “all’italiana” non sorprende, malgrado il contrasto interessante con la modernità delle voci e dell’interpretazione. Di certo si parlerà di due uomini che si guardano mentre cantano una canzone d’amore, ma c’entra poco con la critica musicale. In realtà questo pezzo l’avrei sentito meglio cantato da Noemi… perché non hanno fatto a cambio? Comunque, attenzione: il brano occuperà buona parte della quota melodica delle playlist radiofoniche italiane nei prossimi mesi e potrebbe pure vincere.
Ana Mena (R. Pagliarulo, S. Tognini, F. Abbate, R. Pagliarulo) - Duecentomila ore
Voto 2 ½
Ci vuole sempre a Sanremo una quota per le canzoni davvero orrende. Lei non ha voce, il brano strasentito alla fiera del caciocavallo di tre estati fa, di una bruttezza incommentabile. Non si salva nulla. Il mezzo punto in più però lo diamo, perché a presentarsi così ci vuole davvero coraggio.
Rkomi (A. La Cava, M.M. Martorana, F. Catitti, A. La Cava, M.M. Martorana) - Insuperabile
Voto 6
Tutto sommato un brano che suona bene, che coinvolge, a tratti intriga. Rkomi è furbo e quando serve parte l’autotune; un buon ritmo, tanta leggerezza accattivante. Potremmo dire: un Achille Lauro che però … finalmente ce l’ha fatta! La sufficienza (solo quella) se la merita.
Dargen D’Amico (J.M.L. D’Amico, E. Roberts, G. Fazio, J.M.L. D’Amico, E. Roberts, G. Fazio, A. Bonomo) - Dove si balla
Voto 6 ½
Un po’ di elettronica, un po’ di dance, un po’ di anni Ottanta e tanto lockdown e pandemia. Grazie per questa ironia che fa bene e che davvero fa venire voglia di ballare, magari saltando sopra al pile, sul divano, salutando “zio Pino”. Ne usciremo anche così. Speriamo.
Giusy Ferreri (D. Petrella, Takagi, Ketra, F. Abbate) - Miele
Voto 6
Questo brano suona anche in maniera non banale, ha un buon arrangiamento e si potrebbe anche passare sopra all’inutilità del testo. Però sinceramente la voce di Giusy Ferreri affatica e non aiuta alla comprensione del tutto. Ma forse non c’è niente da capire e questo sarà un brano perfetto da ascoltare nelle playlist degli store di biancheria intima il sabato pomeriggio. E allora va bene così.
A domani!
Nella foto di copertina i Måneskin, superospiti della serata.
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