L'ordine delle cose

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L'ordine delle cose

| Paola Rocco

Seconda avventura per Guido Boggio-Martinet, il giardiniere investigatore nato dalla penna di Linda Tugnoli, autrice e regista di documentari, soprattutto per la Rai, che divide la sua esistenza tra Roma, dove lavora, e “la casa nella campagna sabina con orto e serra dove vive col marito, i tre figli e tre cani di grossa taglia che periodicamente devastano l'orto e la serra”. Uscito a ottobre di quest'anno per la Nord, L'ordine delle cose è un bel romanzo dal ritmo lento, avvolgente e tortuoso come un fiume, o forse un romanzo che si avvolge su sé stesso, un po' come un serpente acciambellato.
Come ne Le colpe degli altri, il giallo d'esordio della Tugnoli, L'ordine delle cose parte da una donna uccisa: in questo caso, una bella quarantenne piombata al suolo dal parapetto di un parco. In tasca - un po' come in Polvere negli occhidella Christie... - un pugno di semi diversi, tutti diversi, non ce n'è uno uguale all'altro. Del resto, l'autrice ha confessato d'aver contratto il bug del giardinaggio, probabile complice la casa in campagna, e dunque di non poter fare a meno di strutturare le sue storie anche in base a appassionate e appassionanti digressioni sul regno vegetale. Nel primo Le colpe degli altri, accanto alla ragazza morta il protagonista notava una foglia di ginkgo biloba, che naturalmente avrebbe avuto un ruolo nell'intreccio.
I semi annidati nella tasca della vittima de L'ordine delle cose, dunque, sono tanti, tutti diversi, e per di più non è facile identificarli: ci vorrebbe il parere di un esperto ma non è il caso di sprecar tempo e denaro per una gita all'Orto Botanico della pur vicina Torino (che poi comunque si farà, consentendo al Boggio-Martinet un'imprevista rivelazione). Così al competente commissario di turno, un loquace agrigentino prestato a Valle Cervo con qualche riluttanza, non resta che chieder lumi alla taciturna competenza del giardiniere solitario, che già aveva avuto modo di conoscere e per così dire apprezzare nel corso della prima indagine (indagine che in verità all'inizio aveva visto Guido tra gli indiziati).
Tra l'altro, prima di tornare nella sua valle natia tra le Prealpi piemontesi a occuparsi dei giardini altrui, Boggio-Martinet è stato un naso, ovvero un esperto di profumi, e anche molto quotato, in quel di Parigi; e pure questa è una sapienza non disprezzabile. Nel primo caso, quello al centro de Le colpe degli altri, era stato appunto il suo olfatto a consentirgli di percepire sulla scena del delitto un profumo sottile, antico e familiare, che avrebbe anch'esso giocato un ruolo nell'individuazione del colpevole.
Il commissario (un siciliano in Piemonte come ne La donna della domenica) abborda quindi l'altro nel bar del paese e gli sottopone il suo problema: che lì per lì non avrà immediata soluzione, perché la Natura, spiega Boggio-Martinet, ha i suoi tempi e bisogna, bene o male, rispettarli. I semi, insomma, devono germinare, e ci va il suo tempo, e poi le prime foglie sono indifferenziate e ci vuol altro tempo perché si manifestino nella loro individualità.
Tra l'altro, alcuni sembrerebbero semi di tarassaco, infestante, malerba tra le più comuni, e non si capirebbe perché una signora dovrebbe darsi la pena di raccoglierli...
Insomma, al frustrato commissario non resta che dar sfogo ai suoi sospetti sul marito della morta: che non solo è, di fatto, appunto il marito, e perciò stesso il più sospettato e sospettabile (è statistica, neh?) ma è pure una persona singolarmente antipatica. Freddo come un pescestocco, nella sbuffante descrizione del tutore dell'ordine, un merluzzo sotto sale, un baccalà a dispetto dell'improvvisa morte della moglie: quella “bruna elegante, con i capelli a caschetto, identica a alla Valentina di Crepax”, che proprio non si capisce come abbia fatto a stargli accanto per vent'anni.
E in questi vent'anni, per di più, mai uno screzio, un litigio, uno scatto fuori posto, nulla, il bell'appartamento, i viaggi in tutto il mondo, sempre insieme, come raccontano le fotografie sparse un po' dappertutto (luminose e impersonali come quelle di un depliant). E i due impieghi con conseguenti due stipendi: un po' più sofferto, forse, quello di lei, che avrebbe voluto frequentare l'università a Torino ma la madre, rimasta vedova con una bambina sulle spalle, non se l'è sentita di pagarle anche la laurea, e allora via, subito a lavorare (in uno dei migliori studi di commercialisti della città, comunque).
E poi il matrimonio, i soldi, la casa, i bei vestiti, il parrucchiere, la palestra, il profumo di Guerlain; sempre con quella madre sottile e nerovestita sullo sfondo, la stessa che adesso Boggio-Martinet incontra sulla strada del cimitero diretta, appunto, alla tomba della figlia. Che in effetti è nata anche lei nella valle, e perfino aveva trascorso con Guido il primo anno d'asilo (ma lui se n'era scordato, d'altronde son passati quarant'anni): prima che la morte improvvisa del padre non convincesse la vedova a cercar lavoro appunto nella vicina città, condannando la piccola Franca a sbirciar le sue montagne dalla finestrella del bagno, in perpetua nostalgia.
E proprio a lei, alla bambina strappata alla valle, la tomba nel cimitero del paese sembra adesso voler offrire un'illusoria parvenza di ritorno...
Comincia così L'ordine delle cose, e lento si dispiega e si dipana, con la neve che cade silenziosa, le vecchie case del borgo, la casa alta e stretta dove Guido conduce la sua solitaria esistenza: fatta eccezione per Tito e Rudi, i due cagnoni dal cuore d'oro, e per le periodiche intromissioni del pettegolo Carlin, il vicino impiccione (e del suo cane, un carlino acquistato per far dispetto al dirimpettaio e subito battezzato proprio Guido...). Con quei cataloghi di fiori sfogliati in poltrona ogni sera, i cani addormentati e il fuoco che sonnecchia nel camino, e quegli ordini minuziosamente compilati e mai spediti; come, del resto, le lettere d'amore a Marta, che è rimasta a Parigi...
E ci sono poi l'arbusto infestante, che con volgare arroganza ha soppiantato la perfetta bellezza della rosa che avrebbe dovuto semplicemente irrobustire: un innesto sbagliato che in apertura di sipario vede l'esasperato protagonista impegnato in un vero e proprio corpo a corpo con la piantaccia irta di spine sospesa su un crepaccio (corpo a corpo che vede comunque trionfare la pianta). E ancora l'inquietante ripetersi di tutta una serie d'inspiegabili rumori notturni tra cucina e solaio, che per un po' indurranno il protagonista a credersi vittima di un'infestazione ultraterrena...

(Un po' lento ma avvolgente; ipnotica l'atmosfera della valle e avvincenti le digressioni sul regno vegetale. Voto: 7.5)

Guido scese a bere qualcosa al bar della Rita senza neanche darsi una ripulita. Tanto, non aveva una gran reputazione da difendere. Lui era il franséis, tornato a vivere in Valle dopo vent'anni di assenza, per motivi non del tutto chiari. Quale proprietario di un appartamento al centro di Parigi sceglierebbe di tornare a stare in un paesino di novantatré anime, sperduto sulle Prealpi piemontesi, senza delle ragioni meno che limpide?”. 

L'ordine delle cose 

L’ordine delle cose

di Linda Tugnoli
Casa Editrice Nord - 2021

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Paola Rocco

Paola Rocco

Autrice del romanzo giallo 'La carezza del ragno' e appassionata lettrice, scrive di mistery e venera Agatha Christie. Vive a Roma con il marito, la figlia e una gatta freddolosa detta Miss Poirot.

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